PER SANTANCHE’ LA FRANCIA SA SFRUTTARE IL TURISMO DI LUSSO, MA LI’ LE SPIAGGE SONO LIBERE E RISPETTANO LE REGOLE
IN FRANCIA APPLICANO LA DIRETTIVA BOLKENSTEIN MENTRE IN ITALIA IL GOVERNO APPOGGIA LE LOBBY CHE SPECULANO SUI PREZZI DI LETTINI E OMBRELLONI
Chissà se la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha in mente i prezzi di un ombrellone e due lettini per una vacanza di una settimana ad agosto: il costo medio per una settimana, secondo un’indagine di Altroconsumo condotta su 211 stabilimenti da Nord a Sud, prendendo in considerazione per esempio il periodo dal 4 al 10 agosto, è di 228 euro, con un aumento del 4% rispetto allo scorso anno e picchi tra i 32 e i 35 euro al giorno. Continuano anche quest’anno i rincari già registrati nel 2022 e nel 2023, e in assenza di spiagge libere un po’ di relax al mare non è un’esperienza a portata di tutti.
Come ha documentato il Codacons, per l’affitto di un ombrellone e un lettino si possono pagare fino a 700 euro al giorno. Certo ci sono forti variazioni di prezzo in base alla zona: a Sabaudia servono fino a 45 euro al giorno, che arrivano a 90 euro a Gallipoli e toccano i 120 euro in alcune località della Sardegna. Se però si vuole accedere alle spiagge di lusso, la spesa sale, e di molto: è il caso per esempio del Cinque Vele Beach Club di Marina di Pescoluse (Le), dove un gazebo con due sedute in prima fila nell’area ‘Exclusive’ arriva a costare ad agosto (se prenotato in anticipo con opzione rimborsabile) ben 696 euro al giorno.
La ministra, che in evidente confusione passa da attaccare i radical chic di sinistra “targati ztl” ad accusare gli stessi di esserlo troppo poco, in un nuovo j’accuse lancia i suoi strali contro coloro che vogliono “criminalizzare il Turismo di lusso. Perché? Accade solo in Italia nonostante esistano scelte, di vario prezzo, tutte belle. Mentre la Francia si accaparra tutto il lusso, soprattutto il nostro, da noi per colpa della sinistra viene demonizzato”, scrive su X in un messaggio appassionato.
In poche righe Santanchè sintetizza il ragionamento che aveva già espresso in un’intervista qualche giorno fa, al Corriere della Sera. Pur ammettendo che i canoni per le concessioni balneari vanno rivisti, soprattutto per gli imprenditori più grandi, la ministra ha detto che “Il paradigma sul turismo in Italia deve cambiare: puntare sulla qualità e non sulla quantità”.
“Quando parlo di un’offerta di qualità intendo un’offerta giusta, di servizi migliori per tutti – ha spiegato – per chi può spendere di più e per chi meno: il turismo in Italia deve essere per tutte le tasche, tutti devono poter vedere le nostre bellezze. Però io non criminalizzo il turismo di lusso, né posso intervenire se i prezzi sono alti, c’è il libero mercato e se il costo al giorno per determinate fasce è alto, significa che c’è qualcuno disposto a pagare quella cifra”.
La gestione delle spiagge in Francia: le differenze con l’Italia
Se anche fosse vero che in Francia si riesce a trarre profitto dal turismo del lusso meglio di quanto si faccia in Italia, Santanchè non dice però che proprio oltralpe è arrivato già nel 2006 un decreto, il ‘décret plage’, che ha fortemente ridimensionato le concessioni demaniali e imposto lo sgombero a decine di stabilimenti. Santanchè non ricorda o forse finge di non ricordare, che in Francia è obbligatorio mantenere libero da strutture, equipaggiamenti o installazioni l’80 per cento dell’arenile sulle spiagge naturali e il 50 per cento su quelle artificiali. Ma in ogni caso l’accesso alle spiagge e il loro uso deve essere sempre libero e gratuito.
Anche in caso di concessioni, che in Francia durano dodici anni, viene comunque preservata la libera circolazione e l’uso del litorale da parte di tutti i cittadini per una porzione significativa lungo tutta la riva del mare.
Per l’occupazione del demanio pubblico in Francia funziona così: si paga un canone, che viene stabilito in base a quanto il concessionario guadagna da quella particolare concessione del demanio pubblico. Sulle spiagge sono consentite solo strutture amovibili o trasportabili. In ogni caso qualsiasi installazione deve essere realizzata in modo che sia sempre possibile il ripristino originario dell’area, una volta terminato il periodo della concessione. Come si legge anche sul sito della Camera, “Il sistema francese pare, dunque, fortemente orientato verso la tutela ambientale del demanio marittimo e, allo stesso tempo, tende a favorire l’uso generale dei relativi beni rispetto alle altre modalità di sfruttamento”.
In Francia insomma la normativa punta tutto sulla tutela dell’ambiente e sulla concorrenza, un sistema che prevede gare pubbliche trasparenti per il rilascio e il rinnovo delle concessioni. Sembrerebbe una situazione molto diversa da quella italiana, dove il nodo della direttiva Bolkenstein e delle concessioni balneari, non è stato ancora risolto, e dove da sempre ci sono concessioni molto lunghe, alla scadenza delle quali scattano i rinnovi automatici.
Sulle concessioni balneari mancano ancora regole chiare
Prima dell’inizio della stagione estiva, i leader di Avs Bonelli e Fratoianni avevano presentato una proposta di legge per rendere le spiagge italiane beni comuni inalienabili dello Stato, e contrastare così le iniquità. In quell’occasione avevano anche organizzato un flashmob davanti al Twiga, esclusivo stabilimento balneare di Flavio Briatore a Forte dei Marmi che paga 21mila euro l’anno ma fattura 8 milioni di euro, denunciando che in totale tutte le concessioni demaniali dello Stato italiano pagano allo Stato 100 milioni di euro, pur fatturando 10 miliardi di euro.
In Italia sul tema concessioni balneari il braccio di ferro non è ancora finito: sono state prorogate per tutto il 2024, anche se poi il Consiglio di Stato con tre sentenze ha dato torto al governo Meloni. Le proroghe generalizzate delle concessioni demaniali agli stabilimenti sono state dichiarate illegittime perché in contrasto con i principi di concorrenza e di libertà di stabilimento sanciti non solo dalla Direttiva Bolkestein, ma anche dall’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il Consiglio di Stato a fine maggio ha quindi ribadito “la necessità, per i Comuni, di bandire immediatamente procedure di gara imparziali e trasparenti per l’assegnazione delle concessioni ormai scadute il 31 dicembre 2023”. Fratelli d’Italia da parte sua ha criticato la decisione dei giudici amministrativi, perché questi avrebbero invaso le prerogative del Parlamento, e ha chiesto l’intervento della Corte costituzionale.
Con una recente mappatura delle spiagge il governo ha anche tentato con un trucco di ‘allungare’ le coste italiane di 3mila chilometri, includendo anche le coste rocciose, i porti commerciali e le zone marine protette (aree demaniali non disponibili di fatto) e sostenendo che le aree sotto concessione corrisponderebbero al 33% degli spazi disponibili a mare nel Paese. In questo modo ha tentato, senza successo, di dimostrare che non c’è scarsità di risorse in Italia, e quindi gli attuali stabilimenti balneari non devono obbligatoriamente essere messi a bando. Secondo la direttiva Bolkestein infatti i bandi vanno fatti qualora “il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali”.
Il piano del governo sarebbe quello di aumentare il numero di spiagge in concessione, aggiungendo nuovi tratti di costa attualmente liberi, in Sardegna, Puglia, Calabria, Sicilia. Da una parte dunque far crescere il numero di spiagge in concessione, dall’altra rimettere in gara anche quelle attualmente in gestione, concedendo magari una corsia preferenziale e forme di compensazione agli attuali titolari.
Sul tema comunque regna ancora il caos. Il settore dei balneari, con Sib-Fipe e Fiba-Confesercenti in testa, ha annunciato ieri tre giorni di sciopero (il 9 agosto per due ore, il 19 agosto per quattro ore e il 29 agosto dalle sei alle otto ore), per obbligare il governo a esprimersi prima della pausa estiva con regole chiare per il settore su tutto il territorio nazionale, visto che da gennaio 2025 dovrebbero partire le gare, aperte agli operatori europei, come previsto appunto dalla direttiva Bolkenstein. Secondo le ultime indiscrezioni sembra che il governo punti ora a una ulteriore proroga delle concessioni, forse per due anni, attraverso una proposta di legge, novità che potrebbe inasprire lo scontro con Bruxelles (che ha già aperto una procedura d’infrazione nei confronti dello Stato italiano) e potrebbe portare a multe salate.
Ma senza nuovi bandi di gara, senza l’aggiornamento dei canoni, e finché le concessioni resteranno in mano agli stessi operatori, il prezzo di lettini e ombrelloni non calerà, e andare in spiaggia sarà sempre più un privilegio di pochi. Per poter assicurare vacanze per tutte le tasche, è necessario che le spiagge siano aperte anche a nuovi proprietari: più concorrenza uguale prezzi più economici.
Fa bene ricordare che nella Francia che la ministra Santanchè vede come un modello per il turismo di lusso, si fanno regolarmente le gare previste dalla direttiva Bolkenstein per stabilire quali operatori gestiranno gli stabilimenti balneari.
(da Fanpage)
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