PERCHE’ MATTEO DALL’OSSO NON PAGHERA’ LA PENALE PATACCA DA 100.000 EURO DEL M5S
QUEL CONTRATTO E’ SOLO PROPAGANDA, GIURIDICAMENTE NON VALE UNA MAZZA, NON ESISTE VINCOLO DI MANDATO
Il deputato Matteo Dall’Osso del MoVimento 5 Stelle ha annunciato a sorpresa l’intenzione di abbandonare il gruppo parlamentare pentastellato per aderire a quello di Forza Italia.
Una notizia che è stata accolta con la compostezza e l’aplomb tipici del M5S dai simpatizzanti e dagli elettori grillini. Le reazioni dei dirigenti del partito invece sono tutte improntate al rispetto dei patti e del contratto stipulato dai portavoce pentastellati.
Ovvero si chiede a Dall’Osso di pagare la penale da 100.000 euro che è prevista nello Statuto del gruppo parlamentare e nel Codice Etico del M5S per coloro che abbandonano il partito.
La capogruppo dei deputati di Forza Italia Mariastella Gelmini ha annunciato di aver accolto la richiesta di Dall’Osso, esprimendo soddisfazione e formulando, anche a nome di tutto il gruppo azzurro di Montecitorio, auguri di buon lavoro al nuovo collega.
La senatrice pentastellata Elena Fattori ha scritto di essere triste perchè il MoVimento ha lasciato indietro Matteo come tante altre persone deboli e perchè il M5S è una forza politica che prometteva di non lasciare indietro nessuno.
L’onorevole Dall’Osso ha deciso di passare al gruppo di Forza Italia per protestare sul trattamento che gli sarebbe stato riservato dal M5S su un suo emendamento sulla disabilità .
In Commissione Bilancio alla Camera era stato chiesto al deputato di ritirare tutti i suoi emendamenti a tutela dei disabili. Il 3 dicembre — il giorno della giornata mondiale della disabilità — grazie alle pressioni di Dall’Osso però il parere del governo su un emendamento era stato trasformato da negativo ad accantonamento favorevole.
Il giorno successivo però l’emendamento è stato bocciato e per Dall’Osso — che è malato di SLA — è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
E così Dall’Osso, che appena quatto mesi fa mandava affanculo il PD e l’opposizione che protestava perchè il governo aveva deciso di accorpare in un unico ministero Disabilità e Famiglia se ne va dicendo che i 5 Stelle umiliano i disabili e dichiarando: «Mi sono sentito solo, in parte tradito, umiliato. E mi sono sentito disabile. Mi hanno trattato male». Come ogni divorzio che si rispetti ora però ci sono i conti da pagare. E il M5S potrebbe già passare all’incasso.
Statuto del gruppo parlamentare e Codice Etico parlano chiaro: i parlamentari che abbandonano il M5S devono pagare una penale da 100 mila euro “entro dieci giorni”. I vertici dei 5 Stelle sarebbero intenzionati a chiedere a Dall’Osso di pagare la multa. Ma non solo, Dall’Osso “deve versare anche i soldi per le restituzioni”, è l’imperativo che arriva all’Adnkronos dai piani alti del Movimento 5 Stelle (le restituzioni comprendono anche la donazione da 300 euro al mese per Rousseau).
Fonti del direttivo M5S sottolineano all’Adnkronos che il gruppo non intende fare sconti al deputato che oggi ha annunciato l’adesione al partito di Silvio Berlusconi.
Il problema è che — come già emerso qualche tempo fa — nessun parlamentare ha al momento proceduto a versare le restituzioni a causa di non meglio precisati inconvenienti tecnici dovuti alla creazione di un nuovo sistema che consenta di superare i problemi emersi durante rimborsopoli.
Il Capo Politico però sembra voler mettere un freno ai propositi più bellicosi.
«Voglio capire prima cosa è successo, conosco Matteo e Fi è la cosa più lontana da lui. Prima di tutto voglio capire cosa è successo, poi ribadiamo e chiariamo tutto il resto» ha dichiarato Luigi Di Maio che ha aggiunto «conosco Matteo, non è una persona che fa queste cose. Voglio capire prima cosa è successo, perchè ha fatto questa scelta».
Rimane il fatto che Dall’Osso nella migliore delle ipotesi ha abbandonato il gruppo a causa di un dissenso politico e quindi ricade nella casistica delle sanzioni pecuniarie.
Non c’è dubbio che le regole — sottoscritte dallo stesso Dall’Osso — prevedano misure molto precise. Ma ci sono parecchi però.
Il primo è che fino ad ora quelle regole (che erano previste anche per i parlamentari europei) non sono mai state applicate.
Nessuno dei parlamentari che nella scorsa legislatura e nell’attuale legislatura europea hanno lasciato il M5S è stato tenuto a pagare alcunchè.
C’è poi il precedente del famoso “danno d’immagine” più volte sventolato da Di Maio in campagna elettorale nei confronti di eventuali “impresentabili”. Non è il caso di Dall’Osso ma il Codice Etico prevede sempre la stessa sanzione.
Di Maio assicurava che «Tutti coloro che erano in posizioni eleggibili nei candidati delle liste plurinominali mi hanno già firmato un modulo per rinunciare alla proclamazione altrimenti gli facevo danno d’immagine».
La realtà dei fatti è che gli “impresentabili” eletti nel MoVimento 5 Stelle sono tutti comodamente in Parlamento, ma in altri partiti.
E nessuno di loro ha rinunciato alla proclamazione nè è stato trascinato in tribunale per danno d’immagine.
Nel contratto poi il M5S ha scritto di voler reintrodurre il vincolo di mandato per i parlamentari, ma per il momento su quel fronte non si muove nulla. Quindi l’articolo 67 della Costituzione rimane così com’è.
Il punto è che i parlamentari del M5S sanno benissimo che quella multa da 100mila euro non vale nulla.
Qualche tempo fa il costituzionalista Antonio D’Andrea spiegava che la faccenda della penale «è una forma di contrattazione che non ha alcun valore giuridico. Sono espedienti di propaganda. Non possono scavalcare il precetto costituzionale che non prevede il vincolo di mandato».
E come dimenticare mesi di campagna referendaria in cui il M5S ci spiegava che la Costituzione è intoccabile.
I grillini non sono certo i primi ad aver pensato alla penale per scoraggiare i cambi di casacca. Lo fece anche l’Italia dei Valori ma come ci ha spiegato l’onorevole Ivan Rota il meccanismo non ha affatto impedito ai voltagabbana di cambiare partito.
E quando l’IDV ha portato i “traditori” in tribunale ha miseramente perso. Insomma nessuno è mai riuscito a recuperare un solo euro da chi abbandona il partito.
Eppure ad ogni consultazione elettorale il MoVimento continua pervicacemente ad inserire il codicillo in Statuti e Codici Etici vari.
Più per darsi un tono e illudersi che l’onestà si possa garantire con lo spauracchio di una multa che per altro. In fondo nemmeno dai parlamentari coinvolti in rimborsopoli (che oltre a violare le regole interne si erano intascati dei bei soldini) il M5S ha mai chiesto il pagamento della multa.
(da “NextQuotidiano”)
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