PERCHÉ SANREMO È SANREMO. PANICO IN RAI DOPO LA DECISIONE DEL TAR DELLA LIGURIA, CHE HA DICHIARATO ILLEGITTIMA L’ASSEGNAZIONE “DIRETTA” DEL FESTIVAL DELLA CANZONE ITALIANA AL SERVIZIO PUBBLICO: DAL 2026 DOVRÀ ESSERE UNA GARA EUROPEA A STABILIRE CHI ORGANIZZERÀ L’EVENTO
MA CHI POTREBBE FARLO? GLI UNICI DAVVERO INTERESSATI POTREBBERO ESSERE MEDIASET E DISCOVERY. IL BISCIONE AVREBBE LA STRUTTURA TECNICA E I POSSIBILI CONDUTTORI (MARIA DE FILIPPI E GERRY SCOTTI), E GLI AMERICANI DI WARNERBROS HANNO GIÀ INGAGGIATO AMADEUS, CHE HA GUIDATO LE ULTIME CINQUE EDIZIONI…
L’ultima certezza per la Rai è il Carlo IV (nel senso di Conti). Quando, nella notte del 15 febbraio, sarà calato il sipario sulla 75ª edizione del Festival, il futuro della kermesse dovrà essere ripensato da zero. Il Tar della Liguria ha giudicato illegittima l’assegnazione per via diretta della gara canora a Viale Mazzini da parte del Comune di Sanremo. Dovrà essere una gara europea a stabilire chi, dal 2026, organizzerà l’evento.
Il Tribunale ha infatti accolto il ricorso della società Just Entertainment di Sergio Cerruti, ex presidente e attuale commissario per gli affari legali e istituzionali dell’Afi (Associazione Fonografici Italiani).
Il pronunciamento del Tar salva il Sanremo 2025, quello con i 30 big scelti da Carlo Conti (11 dei quali della Warner, altri 15 di Universal e Sony, solo 4 indipendenti). Poi, il presepe del business mediatico-musicale andrà ridisegnato.
“Il Tar ha giudicato irregolari soltanto le delibere con cui il Comune di Sanremo ha concesso in uso esclusivo a Rai il marchio ‘Festival della canzone italiana’, ma non la convenzione per il 2025, né la titolarità in capo a Rai del format televisivo da anni adottato per l’organizzazione del Festival. Nessun rischio che la manifestazione canora della sua veste attuale possa essere organizzata da terzi”, sostiene una nota di Viale Mazzini.
Il marchio “Festival della canzone italiana”, infatti, appartiene al Comune rivierasco: dopo dieci anni di “regno” del sindaco Alberto Biancheri, ora primo cittadino è Alessandro Mager (Lista Civica). Ma sullo sfondo c’è la figura ingombrante di Claudio Scajola, sindaco di Imperia e ras del potere locale.
Da sempre la Rai si è vista assegnare in automatico l’allestimento del Festival, attraverso una convenzione biennale con la città da 5 milioni e rotti l’anno. C’è poi l’affitto dell’Ariston, di proprietà della famiglia Vacchino: qui i soldi (più di 2 milioni) sembrerebbero sborsati dalla municipalità.
Viale Mazzini però sottolinea che, al di là del marchio, il format televisivo – ovvero la gara canora in diretta televisiva con ospiti organizzata su 5 serate – appartenga alla tv pubblica dalla fine degli anni Ottanta. Insomma, la Rai può anche perdere il brand, ma il format sarebbe suo. E su questo si baserà il ricorso al Consiglio di Stato
Il Festival è l’evento televisivo più importante della stagione televisiva. L’edizione 2024 (con la serata finale vista da quasi 15 milioni di telespettatori e uno share del 64,7%) ha generato un volume di affari di 205 milioni, con oltre 80 milioni incassati dalla pubblicità e dagli sponsor, a fronte di un investimento di 20 milioni. Una quarantina di milioni di ricavi che rappresentano una grande boccata d’ossigeno per le casse dell’azienda, soprattutto adesso che l’incertezza sulle risorse regna sovrana, con il balletto sul canone da 90 a 70 euro su cui sta litigando la maggioranza di governo.
“Il muro è caduto”, esulta Cerruti. Che aggiunge: “Noi non siamo anti-Rai, ma neppure valletti e reggicoda di questo sistema. Certi dirigenti andrebbero cacciati. Avevamo chiesto un incontro con Giampaolo Rossi nel luglio scorso, ci fece sapere di non avere tempo
Se la Rai dovesse fare a sua volta ricorso, solleveremo la questione in sede comunitaria”.
(da agenzie)
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