PERSINO CASINI HA PIU’ CORAGGIO DELLA DESTRA ITALIANA: “SENZA RISPOSTE VERE SUL CASO REGENI, RICHIAMARE IL NOSTRO AMBASCIATORE IN EGITTO”
INTERVISTA AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ESTERI: “VI SONO LIMITI INVALICABILI COME LA DIGNITA’ E LA NOSTRA SOVRANITA’ NAZIONALE CHE HANNO IL NOME E IL VOLTO DI GIULIO REGENI”
«Io non penso affatto che ci sia stato un ordine politico di far fuori Giulio Regeni. Se lo pensassi dovremmo rivedere drasticamente tutti i nostri rapporti con l’Egitto. Credo invece che ci siano apparati militari e di sicurezza che hanno mano libera. Nessuno di noi può addentrarsi a capire le loro logiche interne. Però è indubbio che siano loro i responsabili della morte di Regeni “.
Pier Ferdinando Casini chiede la verità sul caso Regeni, «non solo per la sua famiglia, colpita in modo indelebile», ma anche «in nome del decoro e della nostra dignità nazionale».
Il presidente della Commissione Esteri del Senato rivendica i rapporti di amicizia e di alleanza dell’Italia con l’Egitto, dimostrati in questi anni da una cooperazione a tutto campo e in continua crescita: «Grazie all’Eni e al contratto già firmato per sfruttare il giacimento di Zohr l’Egitto potrà passare da Paese importatore a Paese esportatore di gas». Ma proprio per questo, «chiediamo la verità per Giulio Regeni con la determinazione di chi è realmente amico e da un amico non è disposto ad accettare bugie o verità di comodo».
Purtroppo, in un mese, si sono viste solo quelle.
«È così: dall’incidente automobilistico delle ore successive al ritrovamento, alla versione contraffatta che collegava Giulio alla droga, alla cosiddetta manovra per danneggiare al-Sisi. Finora abbiamo avuto dichiarazioni pasticciate e nessuna risposta vera. Il nostro team investigativo ha chiesto inutilmente i filmati della videosorveglianza alla metropolitana e i tabulati delle telefonate. Solo l’autopsia, quella fatta in Italia, ci ha garantito contro possibili depistaggi come quello della tossicodipendenza».
Di fronte a questo muro di gomma, qual è il modo giusto di agire?
«O arrivano entro pochi giorni risposte vere oppure il governo, che pure si è mosso con grande saggezza, per dare valore alle parole inequivocabili del presidente del Consiglio, deve considerare alcuni gesti simbolici forti».
Sta pensando al richiamo in Italia del nostro ambasciatore al Cairo?
«Esattamente. A quel punto dovremmo far capire la gravità della vicenda e che noi non scherziamo».
Non sarebbe anche il caso di bloccare i contratti per la fornitura di tecnologie per la sorveglianza, che aziende italiane hanno con gli apparati di sicurezza egiziani?
«Le modalità pratiche deve deciderle il governo e non possono essere oggetto di dibattito pubblico. Però è chiaro che l’Italia debba mostrare una capacità di reazione. Dopo un mese, o ci sono dei fatti o non possiamo rimanere fermi».
Qual è il punto di equilibro nei rapporti tra gli Stati, tra le pressioni per far rispettare i diritti umani e la salvaguardia degli interessi strategici ed economici?
«È un equilibrio difficile ed è il tema vero dei prossimi anni nel Mediterraneo. Non sono un ingenuo, la politica estera non si fa solo tra anime pure. Detto questo, un Paese democratico pone dei limiti invalicabili. In questo caso è la nostra sovranità nazionale, che ha il nome e il volto di Giulio Regeni».
Paolo Valentino
(da “il Corriere della Sera”)
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