PINELLI, IL VICEPRESIDENTE DEL CSM (IN QUOTA LEGA), CHE HA FATTO “IRRITARE” MATTARELLA PER IL SUO INCONTRO CON GIORGIA MELONI
IL SUO RUOLO RICHIEDE UN’ASSOLUTA TERZIETÀ. PINELLI NON È NUOVO A CREARE OCCASIONI DI POLEMICHE
Si svolgerà senza la presenza del Presidente Mattarella, in viaggio verso la Cina, la seduta del Csm nella quale potrebbe essere messo in discussione l’incontro a Palazzo Chigi della premier Meloni col vicepresidente dell’organo di autogoverno della magistratura Pinelli, a sorpresa emerso dal confronto con la premier di cui solo all’ultimo aveva avvertito il Quirinale.
Pinelli non è nuovo a creare occasioni di polemiche: a inizio d’anno in una conferenza stampa dedicata a illustrare l’attività del Csm, attaccò il suo predecessore, Ermini, e i componenti della precedente consiliatura, non accorgendosi di commettere una gaffe nei confronti del Presidente, che era stato, ed era, Mattarella. Più di recente si era pronunciato su una circolare che riguardava l’organizzazione delle procure su cui sempre Mattarella aveva raccomandato attenzione.
L’attuale vicepresidente, in sostanza, sembra non preoccuparsi di rispondere politicamente al destra centro, lo schieramento politico da cui proviene, quando invece il suo ruolo richiederebbe un’assoluta terzietà.
Specie in un momento in cui lo scontro tra il governo e la magistratura si va facendo sempre più duro e potrebbe seguitare ad esserlo a partire dal rifiuto, manifestato ormai in tre casi, di convalidare il trattenimento di migranti nei nuovi centri di permanenza costruiti in Albania. Il governo non è affatto disposto ad accettare una pausa in attesa del responso della Corte di giustizia europea sulle caratteristiche dei Paesi cosiddetti «sicuri».
Dopo il primo round con i giudici, che si richiamavano appunto a precedenti pronunce della magistratura europea, il consiglio dei ministri ha approvato un decreto che affida all’Italia il compito di stilare un elenco dei Paesi in cui i migranti irregolari possono essere rispediti in base a criteri di sicurezza valutati dallo stesso governo.
E in Parlamento la riforma sulla separazione delle carriere tra pm e giudicanti marcia verso una spedita approvazione. Ecco perché lo scontro non può che continuare.
(da agenzie)
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