PROCESSO RUBY, BERLUSCONI SI ATTENDE UNO SCONTO, MA CON UNA PENA SOPRA I 2 ANNI RISCHIA SU INDULTO E SERVIZI
LA SUA SPERANZA E’ LEGATA SOLO AL VERDETTO DI ASSOLUZIONE
Quando attorno alle 18 Silvio Berlusconi sale sulla scaletta dell’aereo che lo riporta a Milano, il volto è teso.
Ansia, anzi angoscia. È un groviglio di paure l’attesa dell’ennesimo giorno del Giudizio, quello sul caso Ruby.
Il processo più infamante. Il più temuto. Perchè la speranza è legata a un solo verdetto: l’assoluzione.
È l’unico che darebbe ossigeno ai prossimi mesi, scanditi dal calvario di Cesano Boscone.
Neanche uno sconto di pena rispetto ai sette anni in primo grado è sufficiente ad allontanare lo spettro della revoca dei servizi sociali, se poi venisse confermato dalla Cassazione.
Codice alla mano, con una condanna definitiva dai due anni in su, ogni condannato rischia la revoca dei servizi sociali.
E nessuno è in grado di prevedere se la Cassazione, su Ruby, farà gli straordinari per arrivare a sentenza definitiva entro Natale o se ci sarà qualche mese in più di respiro e si pronuncerà in un differente quadro giuridico (finiti i servizi sociali a Cesano Boscone) e politico (riforme a buon punto e magari un nuovo inquilino al Colle eletto dai contraenti del Patto del Nazareno).
Attorno al Cavaliere spira un’aria di cauto ottimismo sulla sentenza d’Appello.
Basata su voci, sensazioni e soprattutto sul fatto l’avvocato Coppi ha recitato un’arringa così brillante da meritare i complimenti del pm.
Tanto che, chi ha parlato col Principe del Foro, dà per acquisito uno sconto di pena domani in Appello rispetto ai sette anni del primo grado.
Uno sconto dovuto al fatto che la normativa sulla concussione, con la legge Severino, è cambiata.
Quando c’è “costrizione”, con la riforma del 2012, il minimo di pena è 6 anni mentre “l’induzione” alla concussione va dai 3 agli otto.
È così che si articola la pena rispetto alla vecchia concussione che prevedeva dai quattro ai 12 anni.
Nel caso della telefonata in questura, gli avvocati di Berlusconi hanno puntato proprio su questo: “Concusso — ha scandito Coppi in Aula — è solo chi è sotto inesorabile minaccia, privo di alternative, spalle al muro, vuole solo evitare danni ingiusti e non conseguire alcun vantaggio”.
Nel caso di Berlusconi anche il Fatto ha sottolineato come è difficile ravvisare l’elemento di costrizione nella famosa telefonata in questura.
Morale: è concreta l’ipotesi di uno sconto di pena. Ma, appunto, poichè non si tratta dell’unico processo che pende sulla testa di Berlusconi, già condannato su Mediaset e già ai servizi sociali, il discrimine tra la vittoria e la sconfitta è articolato.
Ecco allora, come è stata posizionata l’asticella nella grande attesa, ricordando sempre che in primo grado Berlusconi è stato condannato a sette anni (6 per concussione, uno per prostituzione minorile).
Prima ipotesi: se viene confermata la condanna a un anno per prostituzione ma Berlusconi viene assolto dalla concussione, resta l’infamia ma l’ex premier arriva in Cassazione con una partita aperta.
Se invece resta la concussione la questione si fa delicata (al netto della prostituzione). Il minimo per induzione alla concussione sono tre anni.
Il che significa che se la Cassazione conferma il secondo grado mentre Berlusconi è a Cesano Boscone saltano i domiciliari e si spalancano le porte dei domiciliari.
Non solo.
A quel punto, essendo condannato in via definitiva, all’ex premier verrebbero revocati i benefici dell’indulto di cui ha goduto per la precedente condanna. Quindi sul processo Mediaset non se la caverebbe con un anno di servizi sociali ma di quattro di domiciliari.
È chiaro che arrivare in Cassazione non con una “doppia conforme” (stessa sentenza di primo e di secondo grado) ma con sentenze diverse alimenta un po’ di speranza.
Ma si capisce perchè anche uno “sconto” nell’ottica di Berlusconi è del tutto insufficiente. Ecco l’attesa piena d’ansia.
Nè è prevedibile come l’ennesimo D-day possa impattare sulle riforme. O meglio, Berlusconi, almeno razionalmente, non ha alcuna intenzione di far saltare il patto con Renzi, ma chi lo conosce sa che l’uomo spesso ragiona con la pancia.
E non sarebbe il primo caso che abbraccia la linea del muoia Sansone con tutti i filistei.
L’ala aziendale e i fautori dell’accordo con Renzi, da Verdini a Gianni Letta già si preparano a dire, in caso di sconto della pena, che la linea responsabile sta pagando e prima della Cassazione non si deve muovere foglia.
I frondisti già preparano lo spartito che suona così: “Neanche questa volta l’atteggiamento da padre della patria è servito a niente”.
Alla sentenza è appesa la storia del centrodestra.
Potrebbe finire già domani, potrebbe proseguire l’inesorabile agonia.
(da “Huffingtonpost”)
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