“QUESTA L’ABBIAMO PERSA”: GLI EUROSCETTICI AMMETTONO LA SCONFITTA
MALUMORI E DELUSIONE PER LA DECISIONE DEL GOVERNO DI CEDERE ALL’UE SUL DEFICIT
Quando il premier Giuseppe Conte ha dichiarato che la proposta italiana di abbassare il deficit dal 2,4 al 2,04% del Pil è “nell’interesse anche dell’Europa” la dolorosa presa di coscienza è ormai completata.
E trovare differenze tra l’approccio del Governo gialloverde e quello che lo ha preceduto è diventata un’impresa ardua.
Alla fine dei giochi tra le parti di un teatro tutto politico, anche i parlamentari euroscettici di M5S e Lega che incarnano il volto puro delle battaglie fatte in campagna elettorale ammettono, a modo loro, la sconfitta: dai leghisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai al sottosegretario Luciano Barra Caracciolo fino al senatore grillino Elio Lannutti, l’insoddisfazione per come stanno andando le cose tra l’Italia e Bruxelles è visibile, e dà voce ai tanti che soprattutto sui social chiedono conto ai loro rappresentanti di come il Governo possa predicare l’intransigenza e praticare l’accondiscendenza.
La delusione è ancora più tangibile perchè quell’assist che doveva arrivare dallo sforamento annunciato dalla Francia sul deficit, tanto politicamente cavalcato, alla fine non sta dando i risultati sperati: il taglio annunciato da Conte sulla proposta iniziale fatta alla Commissione Europea fa risparmiare circa sette miliardi, che non sono certo spiccioli visto il costo preventivato delle misure centrali della manovra (reddito e quota 100).
E, ha detto Pierre Moscovici, comunque “non ci siamo”.
Il presidente della Commissione Bilancio Claudio Borghi, ospite di Piazza Pulita, non cela preoccupazione: “Se poi succede qualcosa nel corso dell’anno non ci sono più i soldi per far niente”, ha detto a PiazzaPulita. Sarà anche per questo che il Governo ora negozia con la Commissione Ue un possibile scomputo della spesa per il dissesto idrogeologico e per la riduzione dei tempi della giustizia dal calcolo del deficit. In altre parole, una richiesta di “flessibilità ” che stona non poco con i toni battaglieri utilizzati dai gialloverdi fino a qualche giorno fa.
E i sostenitori di Lega e M5S se ne sono accorti.
Le aspettative erano alte, alcuni chiedono dimissioni: “Eh certo, molto logico, sei eletto per portare avanti certe idee e alla prima che non passa ti dimetti così lasci i tuoi elettori senza rappresentanza. Come non averci pensato. Quanti del partito che lei propaganda si sono dimessi dopo l’insuccesso elettorale”, risponde Borghi su twitter. Insomma la prima è persa, e ci si fa a bastare quanto si è riuscito ad ottenere.
Secondo il presidente della Commissione Finanze del Senato Alberto Bagnai, non è poco: lo scarto tra deficit programmatico e tendenziale è di -1,2 con questo governo, la media per quelli tra il 2014 e il 2018 è di -0,4, scrive sul suo blog.
“Il sentiero stretto di Padoan è diventato a quattro corsie”, aggiunge. Ma ammette che rispetto a quanto aveva consigliato in Senato prima della partenza del premier Conte per Bruxelles, “pare che le cose stiano andando in modo diverso”.
Conte non ha seguito i consigli del senatore e “voi, che avete meno informazioni di me, siete liberi di leggere questo risultato come una mia sconfitta”.
E aggiunge: “L’acquiescenza a richieste che in termini economici sono del tutto surreali viene vista da molti di voi come una inopportuna arrendevolezza. Può darsi”.
Ad essere profondamente deluso è invece il senatore grillino Elio Lannutti: “Dopo il 3,4% della Francia, dovevamo rilanciare al 3% almeno. Parlo per me, che sono molto arrabbiato per questo immotivato cedimento, specie dopo la rivolta dei gilet gialli. Così non va!”.
Il sottosegretario all’Economia Luciano Barra Caracciolo è scettico: “Naturalmente per il 2020 sarà in più necessaria manovra fine 2019 di taglio di almeno 0.6. Non negoziabile. Quale che sia la maggioranza (si fa per dire) nel parlamento europeo in esito alle elezioni di maggio”.
Sul sito ScenariEconomici che da sempre appoggia la linea economica del Governo Gialloverde e sul quale si possono leggere a volte interventi del ministro Paolo Savona, sono apparsi diversi articoli critici nei confronti del cedimento di Conte alle richieste dei Commissari Moscovici e Dombrovskis.
A proposito di Savona, il ministro per gli Affari Ue non si è ancora espresso sulla trattativa in corso con l’Ue: d’altronde, fu lui stesso a dire che ci sarebbe stata la possibilità di trovarsi di fronte a una “scelta drammatica”, nello scontro con Bruxelles, e che questa scelta sarebbe poi spettata al Parlamento.
Qui sta per arrivare la nuova manovra a saldi di bilancio variati di uno “zero virgola”, frutto di una contrattazione tecnica che in realtà cela la partita tutta politica: quella tra i leader del Governo del Cambiamento e la Commissione Europea che, nella ferrea applicazione dei Trattati, non cambia mai.
Anche su questo il Parlamento sarà chiamato a dare il suo voto, caricandolo di significato.
(da “Huffingtonpost”)
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