QUOTA 100 E REDDITO FUORI DAGLI EMENDAMENTI, LA MANOVRA ANCORA NON C’E’
ALLA CAMERA NON SONO ARRIVATE LE MISURE CHIAVE DEL GOVERNO, ANCORA OSTAGGIO DEL BRACCIO DI FERRO TRA SALVINI E DI MAIO
Tanta attesa per nulla.
La lunga nottata della riscrittura della manovra – quella della trattativa tra Lega e 5 Stelle – si è conclusa in mattinata con l’arrivo a Montecitorio di un pacchetto di 56 emendamenti dove non c’è traccia di quota 100, reddito di cittadinanza e taglio delle pensioni d’oro.
È il segnale, tangibile, di un cantiere ancora nel caos. Perchè se la trattativa con l’Europa è oramai innestata sulla consapevolezza – ora anche del governo gialloverde – che bisogna portare il deficit dal 2,4% presumibilmente al 2,1 per cento, la contesa tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio è ancora lontana da un punto di caduta positivo. Spetta a loro, infatti, trovare le modalità per sgonfiare e riscrivere la nuova legge di bilancio.
E ad oggi queste modalità sono indefinite perchè legate a interessi elettorali di parte che vanno tutelati. Trattare senza tradire.
A oggi la fisionomia della nuova legge di bilancio per dare attuazione alla retromarcia politica con Bruxelles non c’è.
E così le proposte di modifica depositate dall’esecutivo e dai relatori in commissione Bilancio – dove la manovra è sotto esame in modalità rallentatore – si riferiscono a norme per l’Accademia della Crusca piuttosto che alle farmacie.
Nulla, invece, su reddito e quota 100, che devono essere necessariamente ridimensionate per abbassare il deficit. Se ne riparlerà durante il passaggio al Senato.
La natura del pacchetto degli emendamenti presentati alla Camera mette in luce il braccio di ferro tra Salvini e Di Maio.
Il vicepremier pentastellato ha provato fino all’ultimo a far prevalere un’eccezione di peso. È qui il cuore del dissidio tra il Carroccio e i grillini. Di Maio voleva inserire le norme per tagliare le pensioni d’oro già nel passaggio della manovra a Montecitorio mentre i leghisti vogliono legarla alla quota 100, la misura che permetterà di andare in anticipo in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi.
Non è una questione di tempi. È una questione di incassi, di misure realizzate da portare ai rispettivi elettorati.
Ed è anche un tema di equilibri di forza dentro il governo stesso, appunto tra i due azionisti. Insomma nessuno dei due coinquilini di governo vuole lasciare fare un passo all’altro senza seguirlo a ruota.
La dinamica è quella della tentata fuga con annesso pedinamento.
La Lega, dal canto suo, può contare su un vantaggio e cioè che l’emendamento per la quota 100 è pronto mentre le norme sul reddito di cittadinanza – anche alla luce dello sgonfiamento in cantiere – ancora no.
I 5 Stelle, in altre parole, non possono permettersi di dare spazio alla quota 100 già alla Camera e in generale durante l’iter parlamentare perchè il reddito arriverà , con decreto, dopo la manovra, non subito.
Il rischio è quello di fare passare Salvini all’incasso e di restare poi scoperti con la misura più ambita e che paga di più elettoralmente.
Questo lo stato della trattativa nella trattativa. Il filo rosso che invece accomuna Lega e 5 Stelle è la necessità di togliere risorse sia alla quota 100 che al reddito.
Il Carroccio i conti li ha fatti ed è pronto a scendere da 6,7 miliardi a circa 5. I pentastellati, invece, provano a tenere il punto: smentiscono il taglio dell’assegno promesso, di importo pari a 780 euro, ma per portare il proprio contributo al calo del deficit è necessario un intervento.
Che sia una decurtazione dell’assegno o un restringimento della platea dei beneficiari, il nodo è ancora tutto da sciogliere. Ed è legato a tanti altri nodi, da quelli interni a quelli esterni, da Salvini all’Europa.
(da “Huffingtonpost”)
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