“RAGGI SOTTO TUTELA DA MESI, M5S IN MANO A UNA FAZIONE”: INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL MUNICIPIO SILURATO
PAOLO PACE: “IN CORSO UNA LOTTA DI POTERE, USATI METODI INTIMIDATORI”
Con la decorrenza dei 20 giorni previsti per legge dopo le dimissioni del presidente, lo scorso 5 aprile un municipio importante della Capitale (l’ottavo comprendente Garbatella e Ostiense) è diventato ufficialmente il primo caso romano di crisi conclamata all’interno di M5s.
All’esito irreparabile si è giunti infatti dopo che la componente “ortodossa”, facente capo a Roberta Lombardi e al gruppo consiliare in Campidoglio, ha ingaggiato e vinto un braccio di ferro col presidente Paolo Pace, amico personale dell’assessore Daniele Frongia e vicino alla sindaca Virginia Raggi
Un caso che i portavoce grillini in Campidoglio si sono affrettati a liquidare come di scarso rilievo, attribuibile alle ambizioni personali di Pace piuttosto che a una spaccatura interna al movimento stesso.
In realtà , stando alla testimonianza del diretto interessato, un episodio non isolato ed eloquente di una feroce lotta intestina che comincia a palesarsi in altri municipi (per esempio il terzo e il tredicesimo) e rischia di investire la giunta cittadina.
Pace apre uno squarcio su una vicenda fatta di intimidazioni, di scorrettezze reciproche, di minacce di dossieraggio e di sopraffazione che in un caso è arrivata anche allo scontro fisico.
Pace, lei è stato silurato dalla stessa sua maggioranza grillina. Si è dato una spiegazione per tutto questo?
La scusa è stata la riqualificazione dell’area degli ex-mercati generali, ma è stata una prova di forza con Virginia Raggi e Frongia: qualcuno ha voluto dimostrare di poter smontare un municipio fedele alla sindaca.
Qualcuno tipo Roberta Lombardi?
È possibile. La lotta di potere che è in corso vede attualmente prevalere la fazione della Lombardi, di Marcello De Vito e Paolo Ferrara. Tutti lo sanno, e tutti sanno anche che la lotta è iniziata quando Frongia ha deciso di appoggiare la Raggi per la corsa al Campidoglio e così facendo ha indebolito fatalmente la corsa a sindaco di De Vito. Non sono stati perdonati per questo
Il ragionamento fila, ma poi c’è stato anche il caso Marra e il caso Romeo. Qualche errore politico è stato fatto…
La vicenda Marra ha dei profili opachi che saranno definiti dalla magistratura. Ma di certo è un fatto strano che tra tutti quelli che hanno avuto pari o maggiore responsabilità di Marra nelle precedenti amministrazioni, si siano trovati tutti questi elementi solo su di lui
Vuole dire che qualcuno può avere dato qualche “imbeccata” ai magistrati? Magari qualcuno coinvolto nella lotta di potere?
Questo lo dice lei. Di certo, dopo quella storia la sindaca si è indebolita con l’arrivo dei “tutor” i deputati, Bonafede e Fraccaro, che sono il collegamento tra il Campidoglio e Beppe Grillo a Genova. Quasi una sorta di commissariamento. Me ne rammarico molto e vorrei sbagliarmi, ma ho l’impressione che le decisioni importanti si prendano altrove
Torniamo alla lotta intestina dentro M5s. Perchè è così sicuro che si è trattato di un’operazione studiata a tavolino ai piani alti del movimento romano?
Per come sono andate le cose, per quello che ho visto e sentito e soprattutto subìto. Alle riunioni dei meet up del nostro quartiere andavano Marcello De Vito e Monica Montella per portare i militanti sulle loro posizioni. Nel mio consiglio c’era un’eletta che faceva da ufficiale di collegamento con la stessa parte. Quattro consiglieri, tra cui uno che probabilmente prendeva ordini in tempo reale dalla Lombardi, ne hanno assoggettati altri cinque. Quando è stata chiesta la testa del mio vice per dimostrare alla sindaca che il municipio era controllato da loro, qualcuno sparse ad arte la voce che stavano preparando un dossier su tutti i membri della giunta. Subito dopo le mie dimissioni. Ferrara chiese a tutti i consiglieri di dimettersi in blocco, per far cadere la giunta “alla Marino” ma qualcuno protestò energicamente e il capogruppo comunale lo mise a posto con metodi molti spicci, per usare un eufemismo. E quando le dimissioni sono diventare efficaci e irrevocabili, la sera sono andati tutti a festeggiare al ristorante con un deputato lombardiano di Catania…
Non parla così per rancore?
Assolutamente no. Sono stato l’unico presidente di municipio che ha scelto una parte dei suoi assessori con una consultazione interna al movimento, mentre tutti gli altri si sono fatti la giunta su misura, ma non è servito. Con gente che crede che la Lipu sia una specie di uccello e che il Tuel è una legge che si può modificare in consiglio municipale c’è poco da fare. Ma il più singolare di tutti, in questa storia, è stato Paolo Berdini: sui mercati generali a me diceva una cosa, ai lombardiani un’altra e agli investitori un’altra ancora. Poi andava dalla sindaca e ne diceva una nuova. Alla fine ha fatto litigare tutti. Un personaggio singolare e contraddittori
E ora che succede?
Io sono uscito dal movimento, di cui facevo parte dal 2012. Sono entrato in M5s perchè i principi del movimento erano i miei, ma i principi vanno messi in pratica adattandoli alla realtà . Per gli ortodossi non è così, e questo è folle. Manca totalmente la classe dirigente. I militanti e i consiglieri possono essere facilmente strumentalizzati dai “capibastone”. Non hanno alcuna cultura di governo.
(da “Huffingtonpost”)
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