RAPPORTO LIBERTIES: L’ITALIA E’ UNO DEI 5 PAESI CHE STA MINANDO INTENZIONALMENTE LA DEMOCRAZIA
“COMPROMETTE LO STATO DIRITTO E LIMITA LA LIBERTA’ DEI MEDIA”
Un recente rapporto della Civil Liberties Union for Europe (Liberties), pubblicato sul Guardian, ha sollevato preoccupazioni sul deterioramento dello stato di diritto in Europa. L’Italia è stata indicata come uno dei cinque paesi “smantellatori” – insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia – che stanno adottando politiche che minano “intenzionalmente” la democrazia e lo stato di diritto. Secondo il rapporto, il governo Meloni ha apportato modifiche significative al sistema giuridico e ha mostrato una forte intolleranza verso le critiche dei media, rappresentando un esempio emblematico di quella che viene definita la “recessione democratica” che starebbe colpendo l’Europa.
L’Italia tra i “Dismantlers”: un governo Meloni sotto accusa
Il rapporto di Liberties definisce l’Italia uno dei paesi che sta “intenzionalmente” minando lo stato di diritto in quasi tutti gli aspetti delle sue istituzioni. In particolare, l’analisi si concentra sul governo di Giorgia Meloni, accusato di aver adottato politiche che limitano l’indipendenza della magistratura e di aver rafforzato il controllo politico sulle istituzioni giuridiche. La situazione italiana è descritta come parte di una tendenza più ampia che colpisce vari paesi europei e che mette a rischio i principi fondamentali della democrazia.
Secondo il rapporto, il governo Meloni ha preso misure legislative che consentono al Ministero della Giustizia di esercitare “poteri illimitati” sui pubblici ministeri, permettendo così un maggiore controllo politico sulla magistratura e minando
l’indipendenza del potere giudiziario. Le riforme proposte sono state fortemente criticate da gruppi di difesa dei diritti umani, che vedono in queste modifiche un pericolo per la separazione dei poteri, un principio essenziale per garantire “una democrazia sana”. Il rapporto evidenzia che questa tendenza sarebbe in linea con un fenomeno crescente in Europa che erode l’indipendenza della magistratura, che dovrebbe invece essere immune da interferenze politiche.
L’intolleranza verso i media: un attacco alla libertà di stampa
Un altro aspetto centrale del rapporto riguarda l’interferenza crescente nei media, in particolare nei media pubblici. Viene citato l’esempio della reazione del governo italiano al “manifesto antifascista” di Antonio Scurati, che avrebbe dovuto essere trasmesso dalla Rai l’anno scorso. La cancellazione dell’intervento e l’avvio di una procedura disciplinare sono stati visti come segni di una crescente intolleranza alle critiche dei media, che minacciano così la libertà di stampa nel paese. Questo attacco alla libertà di stampa è descritto nel rapporto come un “sintomo di una recessione democratica più ampia”.
La “recessione democratica” in Europa: un fenomeno che si estende
Il rapporto non si limita a criticare infatti solo l’Italia, ma sottolinea anche la preoccupante regressione democratica che sta interessando diversi paesi dell’Unione Europea: l’Ungheria, ad esempio, è descritta come un caso di “autocrazia elettorale”, con una crescente pressione su gruppi non governativi e media. Il rapporto sottolinea come l’introduzione di un ufficio per la protezione della sovranità abbia aumentato i poteri del governo ungherese, rischiando di controllare ulteriormente la vita pubblica e limitare le libertà individuali. Altri paesi come Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia registrano segni di regressione democratica: in Bulgaria, le indagini anticorruzione sono spesso utilizzate per attaccare avversari politici, mentre in Slovacchia sono state introdotte leggi che etichettano le ONG come “organizzazioni sostenute dall’estero”, limitandone la libertà di azione. In Croazia, la nomina di Ivan Turudić, ex giudice dell’alta corte penale legato al partito al potere, a procuratore generale, secondo il rapporto, ha minato l’indipendenza del sistema giudiziario. In Romania, viene poi segnalato l’uso di TikTok da parte di un ultranazionalista per ottenere visibilità politica, dimostrando come anche la sfera digitale possa essere strumentalizzata per fini politici.
I “role-model” europei: Francia e Germania
Anche paesi considerati “modelli di democrazia”, come la Francia e la Germania, non sono esenti dalle problematiche sollevate nel rapporto. In Francia, è stato evidenziato l’uso crescente della procedura dell’articolo 49.3, che consente al governo di adottare leggi senza passare attraverso il voto del parlamento. Le crescenti restrizioni alla libertà di espressione, soprattutto in vista delle Olimpiadi, sono state poi segnalate come una minaccia alla democrazia. In Germania, nonostante siano stati introdotti
provvedimenti per limitare il fenomeno delle “porte girevoli” (dove i funzionari pubblici assumono incarichi nei settori che hanno regolato), ci sono preoccupazioni riguardo le risposte “esagerate” alle manifestazioni pro-palestinesi, che includono la censura delle voci a favore della Palestina e di Gaza: un esempio emblematico, il divieto di ingresso a figure politiche come Yanis Varoufakis, ex ministro delle Finanze greco a eventi pubblici.
La Polonia come monito: una lotta difficile per la democrazia
La Polonia, pur cercando di invertire la rotta e ripristinare l’indipendenza giudiziaria e la pluralità dei media, deve fare i conti con una realtà complessa e frammentata. Il rapporto Liberties evidenzia infatti come il governo di Donald Tusk abbia incontrato ostacoli da parte del presidente Andrzej Duda, che è allineato con il partito di governo precedente. Questo conflitto, unito alle difficoltà nel riformare le istituzioni compromesse, dimostrerebbe quanto sia difficile “risanare le democrazie una volta che sono state erose”.
Alla luce di queste problematiche, il rapporto della Civil Liberties Union for Europe sollecita la Commissione Europea a potenziare gli strumenti di monitoraggio dei diritti democratici, collegando i fondi UE al rispetto dello stato di diritto. Viene richiesto poi un intervento legale più rapido e deciso per contrastare le violazioni dei diritti fondamentali all’interno dell’Unione Europea, al fine di prevenire ulteriori erosioni democratiche.
(da agenzie)
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