RAS, COLOSSI E FONDI ASSICURATIVI; LA SANITA’ DEL FUTURO E’ PER I RICCHI
LE RISORSE COLLETTIVE VENGONO UTILIZZATE PER COPRIRE IL RISCHIO DELLE AZIENDA PRIVATE, ASSICURAZIONI COMPRESE
Il mercato e la conseguente finanziarizzazione della salute avanzano inarrestabili, svuotando il Servizio sanitario nazionale (Ssn) e andando a riempire le tasche, già ricolme, dei privati.
Domani ha già raccontato di come il governo chieda alla cittadinanza di metter mano al portafogli per sottoscrivere polizze assicurative per avere servizi che dovrebbero essere già garantiti dallo Stato.
Ma, oltre a questo, il Consiglio dei ministri ha recentemente approvato un decreto-legge che introduce una novità per il personale scolastico, tutta a vantaggio dei privati: un’assicurazione sanitaria integrativa finanziata dallo Stato con un investimento di 220 milioni in 5 anni.
La misura, fortemente voluta dal ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, sarà rivolta a circa un milione di docenti e personale Ata che operano nelle scuole italiane.
Pierino de Silverio, segretario nazionale del sindacato medico Anaao-Assomed, a Domani ha detto: «Un passo deciso verso una modifica, non positiva, del Ssn. Le cure nel nostro paese sono sempre state pubbliche e abbiamo combattuto per questo. Le polizze integrative, soprattutto se non regolamentate, vanno nella direzione opposta». D’altronde la deriva privatistica di questo paese la si evince dai numeri: circa 20 milioni di persone hanno stipulato una polizza sanitaria integrativa nel 2022, e sono in crescita anche gli iscritti a fondi e casse di assistenza.
Privatizzazione della sanità
Ma come si declina, in Italia, l’offerta sanitaria? Si articola su tre pilastri: il primo è rappresentato dal servizio sanitario pubblico, che eroga livelli essenziali di prestazioni (Lea) secondo criteri di universalità, uguaglianza ed equità nell’accesso alle cure.
Il secondo è costituito da schemi collettivi di assistenza sanitaria (fondi sanitari, società di mutuo soccorso, casse), che erogano prestazioni integrative rispetto ai Lea e agiscono sulla base della ripartizione del rischio fra gli aderenti. Il terzo pilastro è infine identificato da forme individuali di assistenza sanitaria, ovvero le polizze sanitarie individuali, che operano secondo una logica assicurativa sulla base di stime probabilistiche relative alle frequenze e al costo dei sinistri.
In sintesi, la spesa privata, in Italia, incide per quasi un quarto della spesa sanitaria complessiva.
Vittorio Agnoletto, medico di Medicina democratica, spiega che lo sviluppo della sanità privata è il risultato del continuo arretramento da parte del servizio sanitario pubblico: «Dal 2010 a oggi sono stati tagliati 36 miliardi di finanziamenti alla sanità, e questo ha fatto diminuire il livello, la qualità e la quantità dell’assistenza pubblica».
È stato permesso anche di inserire i servizi privati all’interno del Ssn attraverso i meccanismi della convenzione: «In parecchie regioni, con la Lombardia in testa, qualunque privato chieda di entrare in convenzione con il Ssn può entrarci. Vengono a fare concorrenza al pubblico, facilitate dal modo di gestione delle autorità che hanno la responsabilità a livello regionale e locale».
Questo corre di pari passo alla chiusura di strutture e ospedali pubblici: «Dove spesso, nello stesso territorio, un gruppo privato apre i battenti con una clinica che lavora proprio nel settore del presidio sanitario pubblico chiuso».
Il dato corrisponde, secondo Agnoletto, a una precisa scelta politica: «Il dato della regione Lombardia dopo la pandemia ci racconta che i posti letto sarebbero dovuti aumentare di 4.000 unità e, invece, sono diminuiti di 1.400 posti. Di fronte a questo dato, è evidente che il privato coglie l’opportunità». Questo accade quando chi gestisce la sanità pubblica lo fa privilegiando gli interessi dei privati e non quello della cittadinanza.
Le polizze salute
Secondo il report della Banca d’Italia del 2023, i consumi sanitari costituiscono, in media, il 4-5 per cento della spesa delle famiglie. In termini assoluti, la spesa sanitaria privata è molto concentrata tra le famiglie più abbienti.
I dati raccontano che il 13 per cento delle famiglie italiane aveva sottoscritto almeno un’assicurazione sanitaria. Circa il 75 per cento dei nuclei familiari risiede al Nord e il 53 per cento della famiglie titolari delle polizze sanitarie appartiene al quintile di reddito più alto della popolazione italiana.
Per Agnoletto ciò significa che le polizze diventano «uno strumento in mano alla popolazione più ricca per garantirsi un’assistenza sanitaria al di fuori delle regole del Ssn».
Questa è una cosa rischiosa, perché tutte le ricerche internazionali «dicono che un sistema sanitario funziona meglio quando tutta la popolazione ne beneficia. Se le classi sociali più ricche escono e vanno sulle assicurazioni private, il Ssn si svuota e c’è molto meno interesse politico a sostenerlo».
La stragrande maggioranza di queste assicurazioni «è a propria volta collegata a fondi finanziari. Questo modifica totalmente il concetto di mutualità del Ssn». Trasformando i fondi in canali di raccolta di premi, «si va a creare un meccanismo di universalismo differenziato: l’accesso alla prestazione la ottiene solo chi paga di tasca propria».
La finanziarizzazione
Nicoletta Dentico, responsabile del programma di salute globale Society for International Development (Sid), racconta a Domani che il paradigma assicurativo per la sanità è diventato un modello affermato su scala internazionale.
Non solo nei paesi industrializzati, ma anche nei paesi del Sud del mondo: «Specula e guadagna dalla capacità di pagamento dei pazienti del mondo ricco ma riesce, come un camaleonte, a mimetizzarsi come “benefico” per i paesi del
Sud del mondo, che non hanno sistemi sanitari pubblici, o quelli che avevano sono stati erosi da un’ingiustizia finanziaria strutturale; come l’asservimento del debito estero».
Il sistema globalizzato funziona ovunque nello stesso modo, crea una sorta di sartoria assicurativa, a beneficio dei ricchi: «Scatta a un certo punto un bonus più alto, per cui quello che ti veniva riconosciuto non viene più coperto dal secondo o terzo anno.
La spesa del premio aumenta e, per potersela permettere, bisogna rinunciare a essere coperti per alcune prestazioni». Per Dentico le formule assicurative sono strettamente associate «alla privatizzazione della salute e all’utilizzo delle finanze pubbliche per fare copertura di rischio dei privati, che investono in questo settore».
Spesso le stesse assicurazioni sono quelle che investono nella costruzione di ospedali privati, cliniche e centri di ricerca «che dovrebbero essere usati per dare maggiore copertura alle persone vulnerabili, e poi viene fuori che chi le usa di più sono le fasce di popolazione più abbienti».
C’è anche una questione di disparità di classe, dunque: le polizze vanno a salvaguardare la cura delle persone più benestanti, a scapito di chi ne avrebbe davvero bisogno. C’è una spinta del mercato dei privati che hanno visto, nella crisi e nel depotenziamento dei governi al sistema sanitario nazionale, una ghiotta occasione di guadagno. Dentico conclude: «Il mercato risponde a tutti i bisogni, senza scrupoli e a pagamento. La persona che paga dieci euro al mese una polizza è invitata al banchetto, con tanto di tavola della sanità privata imbandita, in cui avrà molto meno rispetto a chi paga 100 o 200 euro al mese».
A coloro che pagano si può dare tutto. Agli altri arrivano le briciole, mentre il sistema sanitario pubblico arranca: «La salute, soprattutto dopo il Covid, è diventata un settore di grande profittabilità».
I soldi pubblici, per Dentico, «sono spesso utilizzati per i privati. Servono a fare il derisking degli investimenti». I fondi pubblici, dunque, invece di essere usati per fare investimenti nella salute pubblica, vengono utilizzati per la copertura del rischio dei privati, assicurazioni comprese. Pertanto queste ultime spopolano: «La finanziarizzazione della salute è mercificazione della salute».
Non è più luogo di diritto, ma un posto dove si fanno profitti, che spesso sono di natura speculativa: i pochi gruppi esistenti controllano il mercato. Salute Spa
non è solo una profezia, ma una realtà preoccupante e tangibile.
(da editorialedomani.it)
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