RECESSIONE: QUALI CONSEGUENZE?
A RISCHIO LA CRESCITA DELL’ANNO PROSSIMO… IL DATO SPINGE IL DEFICIT VERSO IL 3%
Dunque siamo tornati ufficialmente in recessione.
Dopo il -0.1 del primo trimestre il secondo chiude a -0,2%. Un dato peggiore delle peggiori stime.
E se è vero – come sostiene Renzi – che tra un +0,1 e un -0,1% non c’è grossa differenza, e per la gente comune cambia ben poco perchè tanto in crisi stiamo ed in crisi restiamo, è anche vero che a questo punto non solo l’obiettivo dello 0,3% previsto (al ribasso) per l’intero 2014 è a rischio, ma soprattutto è a rischio la crescita dell’anno prossimo, stimata tra l’1,1 e l’1,3 per cento.
Questo perchè la velocità di entrata nel 2015 sarà oggettivamente più bassa e quindi anche quegli obiettivi saranno più difficili da raggiungere.
Ma in concreto questo brutto numeraccio che conseguenze comporta?
Il governo ha escluso da tempo, e lo ha fatto ancora oggi col ministro dell’Economia, l’esigenza di varare una manovra correttiva per il 2014.
Ma un pil piatto spinge il deficit di quest’anno verso la pericolosissima soglia del 3% dal 2,6 previsto dal governo del Def.
E quindi non è escluso che a fine anno si renda necessario un ritocchino. Di certo, già ora si può dire, che dai conti del prossimo anno in questo modo mancheranno 7-10 miliardi che si vanno a sommare alle spese già di fatto impegnate, ad iniziare dalla conferma del bonus da 80 euro (costo 10 miliardi), che renderanno particolarmente problematica la costruzione delle prossima legge di stabilità .
Tanto più che le privatizzazioni non stanno funzionando e quindi mancano pure i 10-12 miliardi destinati a ridurre il debito.
Il meno 0,2% di Pil però ci dice anche un’altra cosa: che dalla terribile crisi dei mesi passati, che ha visto soffrire l’Italia più degli altri Paesi, non siamo ancora usciti. Anzi, stiamo arretrando di nuovo.
Ci dice che nemmeno l’obiettivo minimo di stabilizzare l’economia – immaginiamoci un moribondo in terapia d’urgenza – è riuscito.
E’ vero che ci sono altri segnali che fanno sperare in qualcosa di meglio (come i dati della produzione industriale, più 0,9 a giugno) ma evidentemente gli sforzi messi in campo fino a oggi e l’ottimismo sparso a piene mani non bastano.
Come probabilmente non basta accelerare sul terreno delle riforme, tutte le riforme, non solo quelle istituzionali.
E’ vero che l’Italia sconta forti ritardi in molti settori ma purtroppo non c’è nessuno oggi in grado di sfoderare la bacchetta magica.
Occorrono nervi saldi, è vero. Ma servono nuove misure. Più incisive, più efficaci. Per far correre le imprese che già vanno bene e per rimettere in carreggiata quelle che ancora soffrono.
Occorre un drastico taglio delle tasse. Serve creare più lavoro, come servono pure meno incertezze e pasticci nel varo delle nuove leggi.
Perchè ogni tira e molla, manovra sì manovra no, bonus sì bonus no, alla fine influisce in maniera fortemente negativa sulla fiducia, che in questa fase deve essere uno dei pilastri su cui costruire una svolta.
Una avvertenza finale: il dato Istat di oggi è solamente una stima preliminare, quello definitivo arriverà solo fra qualche settimana.
Potrebbe essere corretto al rialzo, ma è quasi impossibile che torni in terreno positivo, e se anche fosse cambierebbe poco della sostanza delle cose.
L’Italia è ferma, anzi peggio, rischia di affondare di nuovo.
Facciamocene una ragione.
Paolo Baroni
(da “La Stampa”)
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