REGGIO CALABRIA, MISTERO A PALAZZO DI GIUSTIZIA: UN PEZZO GROSSO DEL TRIBUNALE INTERVIENE PER FAR USCIRE DAL CARCERE IL CONSIGLIERE REGIONALE DEL PDL SANTI ZAPPALA’
E’ CACCIA AL “PRESIDENTE”: SECONDO UNA INFORMATIVA DEI ROS, QUALCUNO IN ALTO SAREBBE INTERVENUTO PER FAR SCARCERARE IL POLITICO, ARRESTATO A DICEMBRE PER CORRUZIONE E CONCORSO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA
Nelle intercettazioni compare come “il Presidente”, è un pezzo grosso degli uffici giudiziari di Reggio Calabria.
Non è ancora stato individuato dagli inquirenti, ma sarebbe intervenuto per tentare di aggiustare la vicenda processuale di Santi Zappalà .
Secondo un’informativa di carabinieri, per risolvere i guai dell’ex consigliere regionale del Pdl, finito in carcere nell’ambito dell’operazione della Dda “Reale 3”, s’era messa in moto una macchina per tirarlo fuori dal carcere di Nuoro.
La vicenda è ricostruita in 91 pagine firmate dal comandante del Ros Stefano Russo.
Ed è prevedibile che si tradurrà presto in un vero e proprio terremoto tutto interno al Palazzo di Giustizia.
Santi Zappalà fu arrestato il 21 dicembre scorso, con l’accusa di corruzione elettorale e concorso esterno in associazione mafiosa.
Il politico era stato intercettato a casa di un boss di San Luca, Giuseppe Pelle, mentre chiedeva sostegno in vista delle elezioni regionali di maggio scorso.
Elezioni che lo avevano visto poi stravincere risultando tra i candidati del Pdl più votati nella provincia di Reggio Calabria.
Fin qui le accuse mossegli dalla Procura della Repubblica e contenute in un’ordinanza di custodia cautelare richiesta a suo tempo dai magistrati della Dda.
I primi sospetti agli investigatori sorgono subito dopo l’esito del Tribunale del Riesame.
I giudici, infatti, accolgono parzialmente il ricorso dei legali di Zappalà .
Cade l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e resta la corruzione elettorale.
E’ una vittoria per l’ex consigliere regionale, anche se dovrà rimanere in carcere.
Tuttavia, le microspie dei carabinieri piazzate nella sala dei colloqui del carcere di “Badu e Carros”, in Sardegna, svelano che qualcosa non va.
Il fratello del detenuto pronuncia la frase che mette in allarma il Ros: “Abbiamo scalato una montagna. Ora tu hai la scadenza di termini … omissis .. 90 giorni e ti scade il 21 marzo, però noi abbiamo fondate speranze, buonissime speranze che esci prima, molto prima, hai capito? Che esci molto prima… omissis…”.
Spunta poi il nome di tale Antonello che spiega l’iter da affrontare in sede giudiziaria.
Antonello, come lo chiamano in famiglia, è Agatino Antonino Guglielmo, cugino di Santi Zappalà , e soprattutto funzionario della Corte d’Appello di Reggio Calabria.
Per il Ros è un personaggio chiave della vicenda.
Antonino Zappalà , fratello di Santi, porta un messaggio al politico: “Vedi che mi ha detto tuo cugino Antonello di dirti …. omissis … che non c’è solo Francesco Albanese e Tonino Curatola (i legali, ndr) … omissis …. c’è tuo cugino Antonello con loro”.
E oltre al messaggio arrivano anche alcune indicazioni.
Scrivono i carabinieri: “(dal servizio di video sorveglianza si nota Santi Zappalà che, rivolgendosi al fratello Antonio, allargava le braccia e stringeva i pugni come a mimare una persona robusta o importante)”.
Insomma gatta ci cova, così inizia il lavoro del Ros.
Gli avvocati poco dopo depositano la richiesta di scarcerazione al Gip. Tenendo sotto controllo Guglielmi, saltano fuori numerose telefonate che il dirigente della Corte d’Appello fa alle cancellerie dell’ufficio giudiziario, per sapere in tempo reale le decisioni assunte.
Ma decisione del Gip a parte (che negherà la scarcerazione) quello che fa saltar dalla sedia gli investigatori è un’altra questione.
Ossia il fatto che i familiari di Zappalà sono già a Nuoro dal giorno prima, sicuri che il politico sarebbe uscito. Certi di riportarselo a casa.
Ma da cosa deriva questa certezza?
E’ questo il problema, secondo il Ros si attendevano un qualche intervento che, evidentemente o non c’è stato o non ha sortito l’effetto sperato.
E non è finita, perchè continuando a monitorare le utenze telefoniche e gli ambienti “emergono in maniera netta almeno quattro figure coinvolte in un disegno concepito per agevolare Santi Zappalà nella sua vicenda giudiziaria”. La prima è “quello della cancelleria” il quale era in contatto con una seconda persona, che con ogni evidenza, “veicolava le informazioni ad Antonino Zappalà (terza persona)”.
Ma c’è di più, secondo i carabinieri i familiari dell’ex politico sapevano anche di essere intercettati.
“Chiara, a tal proposito – si legge nell’informativa – risulta l’affermazione di Antonino: ‘… qua perchè abbiamo parlato noi per questo si è venuto a sapere qualcosa …’ accompagnata dal gesto eloquente di muovere il dito intorno all’orecchio, mimante l’ascolto”.
Chi ha avvertito, aveva saputo evidentemente dal quarto e più importante soggetto coinvolto nella vicenda: il “Presidente”.
Lo stesso interlocutore interno al palazzo avrebbe poi raccomandato ai familiari di Zappalà di fare attenzione. “Vedi di non nominare quello che… che non si è saputa la cosa che il Presidente gli aveva detto chi l’aviva a cacciare …(che lo doveva scarcerare, ndr)”.
Giuseppe Baldessarro
(da “La Repubblica“)
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