RENZI CERCA BERSANI PER RICUCIRE A SINISTRA
IL PREMIER TEME L’INCENDIO SUL QUIRINALE
“All’indicazione del candidato al Colle voglio arrivare col Pd unito. Il nome lo voglio e lo devo concordare con la minoranza. Il mio atteggiamento, anche dopo quello che è successo sull’Italicum è di massima apertura”.
L’obiettivo di Matteo Renzi adesso è ricucire a sinistra.
Provare a recuperare se non tutta la minoranza, almeno il grosso del corpaccione bersaniano. Per questo, nel corso della segreteria del partito al Nazareno allargata alla delegazione che incontrerà gli altri partiti, fa capire che il giro di incontri inizia col Pd e finisce col Pd.
Da quando si riuniranno i gruppi alla Camera lunedì a quando, giovedì, dall’assemblea dei grandi elettori uscirà “il nome”.
In mezzo gli incontri con gli altri partiti nei quali Renzi sarà presente a capo della delegazione, di cui fanno parte i vicesegretari Guerini e Serracchiani, i capigruppo Speranza e Zanda e il presidente del Pd Matteo Orfini: “Vedremo tutti, anche i grillini”.
Ma c’è soprattutto un “faccia a faccia” a cui lavorerà il premier-segretario questo week end, il primo totalmente dedicato a “mettere la testa sul Quirinale”, come dicono i suoi: quello con Pier Luigi Bersani.
È l’ex segretario lo snodo della partita.
Perchè la verità è che Renzi è rimasto impressionato dall’entità della “fronda”.
I suoi per giorni gli avevano assicurato che “sarebbe rientrata” e che sarebbero rimasti quattro gatti. Anzi, “dieci” secondo le previsioni del Nazareno.
Invece al Senato la falla si è aperta davvero. Prima i 29 senatori che hanno votato contro i capilista bloccati. Poi la riunione dei 140, con Bersani.
Infine giovedì al Senato è stato bocciato l’emendamento Finocchiaro sulla legge elettorale, mossa letta come un segnale “politico”: “Quell’emendamento — dice un renziano di ferro — nel merito la minoranza lo condivideva, lo ha bocciato per mandare un segnale sulla candidatura Finocchiaro al Colle”.
Eccolo il rischio che adesso preoccupa Renzi: che di fiammata in fiammata si determini sul Quirinale l’incendio, “una situazione come quella dell’altra volta”.
È un bivio quello che gli si apre davanti alla vigilia dell’ultima settimana prima delle apertura delle urne presidenziali: “O ci ignora — dice un alto in grado della minoranza – e punta su accordo con Berlusconi alla quarta votazione, schema Italicum, ma poi certifica la rottura in modo insanabile. Oppure cambia schema proponendo un nome potabile per noi, ma a quel punto lo sa solo lui che succede con Berlusconi e Verdini”.
Al momento, al netto dello spin che trapela dal Nazareno, pare che Renzi voglia davvero recuperare il grosso del corpaccione bersaniano.
E seguire quello che i suoi chiamano “modello jobs act”, quando aprì a Speranza per isolare Fassina, D’Attorre e Cuperlo.
Per ora il faccia a faccia con Bersani non è in agenda perchè l’aria, tra i due, è pessima.
Pare che con l’ex segretario ci sia stato più di un incontro nelle scorse settimane e comunque più di un contatto, ma che le distanze sono rimaste immutate.
Ora il recupero dei bersaniani passa dall’uso della ragione ma anche della forza.
La ragione porta a mandare segnali distensivi a Bersani. La forza a far capire che il voto sul Quirinale è un voto pesante, che avrà conseguenze sul futuro.
In parecchi, dentro il Pd, temono che la famosa “lista” di Lotti, lasciata trapelare sui giornali, non è solo la lista dei “sicuri”, “degli incerti” e dei “contrari” sul Quirinale ma anche un avvertimento implicito su chi saranno i “sicuri”, gli “incerti” e i “non candidabili” nelle prossime liste elettorali. Vero o falso che sia, il sospetto è indicativo del clima.
Ed è proprio nell’opera del “recupero” con le buone o con le cattive che a palazzo Chigi era partito il conteggio su Anna Finocchiaro, perchè gradita a Berlusconi e sulla carta apprezzata dalla minoranza.
Sulla carta, perchè poi — giovedì — al Senato è arrivato il “segnale” ostile sul suo emendamento. Sia come sia lo schema che prende forma nella testa di Renzi è proporre uno del Pd, proprio per evitare l’incendio.
Perde invece assai quota la candidatura di Amato: i sondaggi, cui il premier è molto sensibile, segnalano che è la scelta più impopolare e che sarebbe vissuta come la rottamazione della rottamazione.
Tra i nomi su cui Matteo ha chiesto di fare delle verifiche in giro c’è quello del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che vanta anche ottimi rapporti con Confalonieri sin da quando ricoprì l’incarico di ministro delle Comunicazioni del governo Prodi. Chissà .
Ad Arcore, lo schema è diverso: “Dopo il sacrificio fatto, Berlusconi tiene il punto su Amato. Quindi se ci viene proposto uno di sinistra alla prima, noi non ci stiamo. Se la situazione si incarta sui nomi di garanzia e si passa ai profili politici allora si cambia rosa e ci si confronta sulla nuova”.
E tra i profili politici ad Arcore si è molto parlato di Walter Veltroni, stimato anche lui da Letta e Confalonieri.
Quello che risulta agli ambasciatori del Cavaliere è che il problema sugli ex segretari del Pd ce l’ha Renzi.
Mentre sui componenti del governo il problema ce l’ha Berlusconi.
A meno che il premier non voglia spalancargli le porte dell’esecutivo.
Eventualità che, al momento, non esiste.
(da “Huffingtonpost”)
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