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RENZI COPIA LE RICETTE DELLA BANCA JP MORGAN: PIÙ RIGORE E MENO SOCIALISMO

SMONTARE LA COSTITUZIONE, ASSERVIRE IL PARLAMENTO AL GOVERNO, GIUSTIZIA E BUROCRAZIA ASSERVITE ALL’ECONOMIA: ECCO COSA SCRIVEVANO GLI ANALISTI NEL RAPPORTO DEL 2013

Alla fine del maggio dello scorso anno un report di Jp Morgan, banca d’affari statunitense, fotografava la crisi economica europea e segnalava la necessità  di riforme strutturali.
Anche riguardo alle Costituzioni nate in seguito alla caduta dei fascismi.
Il documento, in 16 pagine, si sofferma anche sulla situazione italiana ed è divenuto parte del dibattito politico nazionale.
Eccone un’ampia sintesi.

La gestione della crisi nell’Eurozona ha due aspetti: la creazione di nuove istituzioni e la soluzione dei problemi nazionali che hanno afflitto il cammino dell’euro fin dall’inizio.
A questo proposito bisogna tener presente che secondo la Germania — il Paese che più di ogni altro determina in che modo viene gestita la crisi — i problemi nazionali vanno risolti dalle singole nazioni prima di procedere a ulteriori passi sulla strada dell’integrazione”.

Si è pertanto creato un quadro disomogeneo. In alcune zone sono stati compiuti progressi notevoli, mentre in altre il processo di aggiustamento è a malapena iniziato. Nell’insieme possiamo affermare che il processo di aggiustamento si trova grosso modo a metà  del suo cammino.
O ci pensa la Bce o tocca alle periferie    
“Questo approccio alla gestione della crisi ha avuto un impatto enorme sulla macroeconomia deprimendone il rendimento e incrementando il livello di dispersione”.
Certo è che l’Eurozona non è in grado di sopportare altri tre anni come gli ultimi tre.
“Secondo il nostro giudizio si tornerà  a crescere senza abbandonare il necessario processo di aggiustamento”.    
“Ma senza un molto più energico intervento della Bce, la crescita rimarrà  modesta e l’Eurozona resterà  esposta agli choc dei mercati. A un certo punto però le cose cambieranno. Ciò potrebbe accadere in due modi: o a seguito del riuscito processo di aggiustamento a livello nazionale, oppure a causa di forti pressioni politiche e sociali a livello periferico”.    
Il dato di fondo della gestione della crisi negli ultimi tre anni va individuato nella convinzione che i problemi strutturali nazionali andassero affrontati a livello nazionale prima che la regione tentasse di accelerare il processo di integrazione.
“Prima ancora del salvataggio di Cipro, i Paesi dell’Eurozona hanno dovuto sopportare il peso della ricapitalizzazione delle banche e delle riforme strutturali. La crisi cipriota non ha fatto che rafforzare la convinzione secondo cui i problemi nazionali andassero affrontati a livello nazionale. La Germania ha sempre pensato che un intervento “ex ante” non avrebbe avuto altro effetto se non quello di rendere meno probabili gli aggiustamenti “ex post”.
Per adottare questo approccio era necessaria una liquidità  sufficiente a fronteggiare i terremoti dei mercati. Per questo la Bce si impegnò a sostenere le banche.
Spagna, Italia, Germania   e le riforme da fare    
Ma questo approccio divenne problematico quando le tensioni dei mercati colpirono la Spagna e l’Italia nel 2011, Paesi troppo grandi per poter essere aiutati con semplici iniezioni di liquidità .
“Le Operazioni monetarie definitive (OMT) furono lo strumento attraverso il quale la Bce permise alla Germania di continuare a imporre una gestione della crisi di suo gradimento”.  
“All’inizio della crisi si pensò che i problemi strutturali nazionali fossero in larga misura di natura economica: eccessivi costi bancari, non adeguato allineamento del tasso di cambio interno reale e rigidità  strutturali. Ma col tempo apparve chiaro che pesavano molto anche i problemi di natura politica. Le Costituzioni e gli ordinamenti creati nella periferia meridionale dell’Europa dopo la caduta del fascismo, hanno caratteristiche che vanno cambiate se si vuole proseguire sul cammino dell’integrazione. Quando la Germania parla di un decennio per il processo di aggiustamento, ovviamente pensa sia alla riforma economica sia a quella politica”.  
La natura della gestione della crisi ha avuto un impatto enorme sul paesaggio macroeconomico.
L’impatto maggiore è stato a carico della crescita regionale con l’effetto, tra l’altro, di accrescere le tensioni politiche.
L’interrogativo è se la macroeconomia può far registrare miglioramenti anche senza modificare la gestione della crisi. A nostro giudizio la risposta è: sì, ma solo in misura limitata.
Banca centrale e Stati   Arriva la pagella    
Cruciale sarà  il comportamento della Bce. Negli ultimi mesi la Bce è apparsa incline a tollerare maggiormente le debolezze economiche. Quanto più la risposta della Bce sarà  limitata, tanto più si allontanerà  l’obiettivo dell’aggiustamento.
“La necessità  di affrontare i problemi nazionali a livello nazionale crea l’immagine del viaggio. I viaggi e le destinazioni variano da Paese a Paese.
Ma a che punto siamo del viaggio?     1) Aggiustamento del tasso di cambio reale: problema risolto per alcuni Paesi.     2) Riduzione del livello di indebitamento delle istituzioni finanziarie: a metà  del cammino.     3) Riduzione del livello di indebitamento delle famiglie in Spagna: ad un quarto del cammino.     4) Riduzione del livello di indebitamento delle banche: diffiuna risposta a causa delle profonde differenze tra Paesi e banche, ma le grandi banche hanno fatto progressi.     5) Riforma strutturale: difficile a dirsi, ma si segnalano progressi.     6) Riforma politica:     praticamente nemmeno avviata”.    
Quanto alla riduzione del debito sovrano, il Fiscal Compact impone due obiettivi di medio periodo: i Paesi con un debito eccedente il 60% del PIL debbono rientrare al di sotto di questa soglia entro venti anni; per gli altri Paesi l’obiettivo è non superare un deficit annuo dello 0,5%.
Famiglie indebitate e banche troppo fragili    
Per ciò che riguarda l’indebitamento delle famiglie la situazione varia molto da Paese a Paese. Questo problema colpisce in modo particolare Spagna e Irlanda. Meno chiaro è l’eventuale impatto sul Pil della riduzione del livello di indebitamento delle famiglie.
“Gli obiettivi per il sistema bancario nel suo complesso sono stati fissati dalla Bce e concernono il ritorno a più sostenibili rapporti tra capitale ed esposizioni e tra prestiti e depositi”.
Il rapporto prestiti-depositi rimane tuttora ben al di sopra del 120% in Italia,Spagna,PortogalloeIrlanda, Paesi nei quali il sistema bancario permane fragile ed esposto alle scosse del mercato e all’andamento della crisi economica nel suo complesso.
Lavoro e burocrazia   mali italici    
“Indicare con chiarezza un percorso per la riforma strutturale è molto difficile. Va misurata la situazione strutturale dell’economia ed è necessario individuare ciò che va cambiato e in quale misura va cambiato”. (…)
“In linea generale ci sono tre modi per valutare lo stato di salute dell’economia da una prospettiva strutturale. Il primo consiste nel prendere in esame gli indicatori quali la disoccupazione di lungo periodo e le rigidità  del sistema. Il secondo consiste nel valutare gli indicatori quantitativi quali quelli forniti dal Fraser Institute, dalla Banca Mondiale e dall’Ocse. Il terzo consiste nel tentare di misurare la percezione dei cittadini rispetto all’andamento dell’economia, cosa che ha fatto il World Economic Forum.
Il problema è che da questi indicatori non emerge necessariamente un quadro omogeneo.
Uno dei modi per sintetizzare i dati consiste nel creare una media ponderata dei vari indicatori. (…)
Osservando i dati vediamo che l’Olanda è il Paese nelle migliori condizioni di salute da un punto di vista strutturale, seguita a breve distanza da Finlandia e Irlanda. In fondo alla classifica troviamo Portogallo, Italia e Grecia.    
Esaminando in particolare il caso dell’Italia emerge che le riforme del 2012 rappresentano un progresso, ma che c’è ancora molto da fare.
“Tuttavia va considerato che per migliorare la situazione strutturale dell’economia,l’Italia non può limitarsi ad approvare nuove leggi, ma deve profondamente modificare la burocrazia e la giustizia. Questa realtà  si evince dal rapporto tra misure quantitative (leggi a tutela del lavoro e normativa a disciplina del mercato) e percezione sullo stato di salute dell’economia. L’Italia non sarebbe in termini quantitativi molto lontana dalla media dei Paesi dell’Eurozona, ma la percezione per quanto concerne il commercio e il mercato del lavoro è molto lontana da un livello accettabile. Da questo si deduce che il problema riguarda più l’interpretazione delle leggi da parte della complessa burocrazia pubblica e del sistema giudiziario che le leggi in quanto tali”. (…)    
La riforma e le Costituzioni     troppo “socialiste”    
C’è infine la questione della riforma del sistema politico.
“Come già  detto, con l’evolversi della crisi si è sempre più compreso che il problema non era solo economico, ma anche politico, in modo particolare in alcune aree dell’Eurozona”.
“Gli ordinamenti costituzionali dei Paesi periferici dell’Eurozona sono stati approvati all’indomani della caduta di regimi dittatoriali e condizionati da questa esperienza. Le costituzioni tendono a mostrare una forte influenza socialista a testimonianza della forza politica della sinistra in quel periodo della storia. Questi sistemi politici evidenziano in genere le seguenti caratteristiche:esecutivideboli,debolezza del governo centrale rispetto alle autonomie regionali, tutela costituzionale dei diritti del lavoro, sistemi di costruzione del consenso tali da alimentare il clientelismo.
Questi Paesi non sono riusciti — se non in parte — a realizzare riforme economiche incisive a causa dei limiti costituzionali (Portogallo), del prevalere delle autonomie locali (Spagna) e dell’emergere di partiti populisti (Italia e Grecia)”.    

Il problema preoccupa tanto i Paesi periferici quanto l’Unione europea nel suo complesso. Si cominciano a intravedere alcuni cambiamenti.
La Spagna ad esempio si è mossa approvando misure idonee a introdurre un maggiore controllo finanziario sui centri di spesa periferici.
Ma, al di fuori della Spagna, si è fatto poco o nulla.
Il banco di prova sarà  il comportamento nell’anno prossimo dell’Italia e del suo nuovo governo che si è detto deciso a riformare il sistema politico.

Traduzione curata     da Carlo Antonio Biscotto
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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