RENZI ESULTA PER BERLUSCONI-SALVINI A BOLOGNA: ORA IL VOTO MODERATO E’ SUO
SILVIO VA A FARE DA SPALLA AL CAPOCOMICO E COMPARSE AL SEGUITO: IL PREMIER STAPPA LO CHAMPAGNE PER IL CLAMOROSO AUTOGOL DI FORZA ITALIA
Domenica dalla manifestazione del duo Salvini-Berlusconi a Bologna non possono che sgorgare voti moderati in libertà .
Matteo Renzi ‘festeggia’ la scelta del leader di Forza Italia di rompere gli indugi e partecipare alla giornata lanciata dalla Lega Nord nel capoluogo emiliano.
Per il premier è un’altra conferma della disgregazione di quell’area di centrodestra che da qui alle elezioni del 2018 Renzi non vuole perdere di vista e anzi vuole agganciare il più possibile per evitare che voti M5s al ballottaggio.
Del resto, che Berlusconi vada a Bologna per Renzi non è una sorpresa. Lo aveva già previsto nella sua enews del 2 novembre scorso.
“Mentre noi cerchiamo di sbloccare l’Italia e liberare le migliori energie, ci sono quelli che teorizzano il blocco totale dell’Italia. Bloccatori di tutto il mondo, unitevi: questo è il vostro weekend. Da venerdì a domenica è previsto il blocco totale dell’Italia da parte di Matteo Salvini e della Lega Nord, special guest Silvio Berlusconi”, scrive Renzi nell’enews di tre giorni fa.
Stringendo l’asse con Salvini e scontentando mezza Forza Italia, Berlusconi gli fa un regalo prezioso per quel partito della Nazione che Renzi non nomina più ma che nei fatti vuole costruire in vista delle amministrative 2016, primo scoglio, e guardando alle politiche del 2018.
In questi giorni, il premier nota come il Partito della Nazione sia diventando il leit motiv degli attacchi della minoranza Dem, sia quando nel mirino c’è la legge di stabilità con quel programma di taglio delle tasse così vicino a Berlusconi, sia quando gli anti-renziani del Pd chiedono lumi sulla strategia del premier-segretario in vista delle amministrative e soprattutto su Roma, sconquassata dal caso Marino.
Ma Renzi su questo non cede.
E’ profondamente convinto che “non esista uno spazio a sinistra del Pd”, lo ha detto anche all’assemblea dei parlamentari Dem martedì sera.
Non teme la nascita del nuovo gruppo di Sel allargato agli ex Dem, a battesimo sabato prossimo al teatro Quirino di Roma. E tiene sulla sua caccia al voto moderato. All’assemblea dei parlamentari del Pd è stato chiaro: “Berlusconi chiude una parabola di 20 anni. A destra qualcosa succederà nei prossimi due anni e noi dobbiamo essere pronti, non possiamo sottovalutare”.
Dunque: a Milano è quasi fatta con Giuseppe Sala. Che passi dalle primarie o meno, l’ex manager di Expo pesca consensi nelle aree moderate di destra e sinistra, è convinto il premier.
A Roma è tutto in alto mare ma Renzi ha un piano A: trasferire nella capitale il metodo Sala. Cioè aprire una ‘palestra’ per possibili candidati per il Campidoglio. Dove? Con il ‘dream team’ che la prossima settimana nominerà per il Giubileo.
Dentro, ci sarà sicuramente Giovanni Malagò, presidente del Coni che nel ‘dream team’ del Giubileo potrà anche cominciare a riscaldare i muscoli della città per le Olimpiadi.
E poi Carlo Fuortes, ad della Fondazione Musica per Roma e sovrintendente del Teatro dell’Opera, che avrà la delega alla Cultura.
Direttamente dal Viminale, ci dovrebbe essere anche Bruno Frattasi, il quasi-commissario del Campidoglio per il dopo-Marino, scartato all’ultimo minuto per Franco Tronca: potrebbe gestire i Trasporti in virtù della passata esperienza come capo del Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle Grandi Opere.
Ma anche l’ex direttore Expo, il romano Marco Rettighieri, sarebbe in pole per lo stesso incarico.
Ci saranno anche altri nomi, ma per ora Renzi ha un ‘metodo’.
Il ‘dream team’, che gestirà i 200-300 milioni di euro per il Giubileo, sarà anche un modo per mettere alla prova i papabili per il Campidoglio, un posto per quelli che Renzi considera ‘cavalli di razza’: chi correrà di più, sarà il ‘Sala’ romano. Naturalmente il capo del governo sa che l’impresa è ad alto rischio: a differenza di Milano, potrebbe non riuscire.
Nella capitale “c’è un Pd diviso per bande”, dice un suo fedelissimo dietro anonimato, “a Milano non è così…”.
E dunque potrebbe darsi che nemmeno il ‘dream team’ serva a risolvere il problema, la corsa di Roma potrebbe rivelarsi davvero a perdere contro il M5s.
In questo caso, è possibile che il candidato sia persona non vicina al premier che non vuole bruciarsi con un nome perdente.
Quanto ad Alfio Marchini per ora resta un’ipotesi molto residuale per l’inquilino di Palazzo Chigi. C’è il timbro di Berlusconi, nonostante le smentite.
E ora c’è anche l’interessamento della Lega.
Per ora il Pd resta lontano.
(da “Huffingtonpost”)
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