RENZI SULL’ORLO DELLA CRISI
IL NAZARENO NON TIENE PIU’… IL PREMIER MINACCIA LE ELEZIONI
“Forza, forza”. Sono da poco passate le 18, quando Ettore Rosato, vice capogruppo Dem, esce dall’Aula di Montecitorio per intercettare i deputati Pd che si attardano in Transatlantico. Poi va alla buvette, rastrella chi c’è.
Il Pd ha bisogno di tutti per garantire il numero legale: sta votando le riforme costituzionali a maggioranza, con le opposizioni che sono uscite dall’Aula.
Una dopo l’altra, compresa Forza Italia. Immagine surreale, l’emiciclo semi-vuoto.
Era una settimana che il patto del Nazareno veniva dato in bilico, moribondo, morto.
Ieri diventa evidente a tutti che l’asse tra Silvio e Matteo non è più così forte, per usare un eufemismo.
Le riforme costituzionali sono appese a un filo. E con loro, la legislatura.
Che il gioco si fa duro si capisce durante la notte tra giovedì e venerdì. Verso le due, dopo la rissa tra Cinque Stelle, Sel e Pd, Renzi, di ritorno da Bruxelles, si materializza in Aula.
Chi c’era lo racconta come galvanizzato, sovra-eccitato, sopra le righe.
Non si siede tra i banchi del governo, ma vaga tra quelli dei parlamentari. Ruba i cellulari dei deputati amici, scherza. Poi va dalla Bergamini (Fi) e la avverte: “Se non ci votate le riforme, si va a elezioni”.
Qualche ora dopo, la mattina, si capisce che per una volta le elezioni sembrano un’arma scarica. Renzi le vuole davvero? Se può evitarle, no.
Anche perchè l’Italicum è ancora un miraggio. E il Consultellum conviene di più a tutti gli altri. La situazione con Berlusconi gli è scappata di mano, ha tirato troppo la corda, e la corda si è rotta: nè lui, nè i suoi pensavano che l’ex Cavaliere si sarebbe sottratto dal Nazareno.
Vero perno su cui si tiene la legislatura. E vera opportunità per il premier di bypassare all’occorrenza la minoranza Pd. Adesso, è tutto un altro film.
Alle 13 e 45 di ieri, Matteo torna alla Camera (rigorosamente in jeans) per dettare la linea al gruppo Pd: “Le opposizioni puntano solo a bloccare il governo”.
Ancora: “Non mi faccio ricattare. Se passa la logica per cui l’ostruzionismo blocca il diritto e dovere della maggioranza di fare le riforme è la fine”.
Secondo la riedizione del copione più classico, il segretario-Presidente ribadisce il “solito” concetto (o riforme o voto) e chiede al gruppo di andare avanti come un treno.
In dissenso, intervengono Cuperlo (“Non possiamo votare le riforme con l’Aula mezza vuota”), Fassina, la Bindi.
Bersani minaccia un intervento in Aula contro la linea del segretario, Speranza lo blocca.
Tra i renziani c’è chi crede che il vero obiettivo della sinistra sia portare allo show down la legislatura per andare a votare con il Consultellum.
Si riprende. Il Pd vota a maggioranza. Ai piani alti di Palazzo Chigi confessano: “Ricucire con Berlusconi? Molto difficile”.
Non esiste un vero piano B. C’è l’operazione responsabili, c’è la possibilità che qualcuno di Forza Italia voti con Renzi. Ci sono i fuoriusciti dei Cinque Stelle (ma ieri escono anche loro). “Non c’è una strategia politica — si preoccupano tra i democratici di maggioranza — come si fa a fare le riforme in questo modo?”.
Intanto, la minoranza porta avanti il suo gioco. Sono ancora Fassina e Cuperlo a intervenire in Aula, per chiedere una pausa tecnica e la ripresa dell’Assemblea Pd.
La chiave nelle parole di Pier Luigi Bersani: “Se il Nazareno è finito, perchè rispettarlo?”. Roberto Speranza in Aula accorato ammette: “Abbiamo i numeri per votare da soli, ma sarebbe un errore”.
Ha il mandato di condurre la trattativa a oltranza con i Cinque Stelle. Bersani passa la giornata a chiedere a Sel di “dargli una mano”.
Se si compatta, la minoranza ha qualche possibilità di pesare. Ma comunque, i dem sono tutti dentro, tranne Civati e Fassina.
Ancora una volta rappresentano un Pd spaccato, ma non rompono.
Nel frattempo, Renzi fa partire l’offensiva Twitter e il messaggio al paese: “Da anni la politica non fa le riforme. Noi Ascoltiamo tutti, ma non ci facciamo ricattare da nessuno. Avanti”. Rincara: “La riforma sarà sottoposta a referendum. Vedremo se la gente starà con noi o con il comitato del no guidato da Brunetta, Salvini e Grillo”.
Dovevano essere riforme fatte con tutti, arriva il referendum tipo panacea di tutti i mali. L’obiettivo a breve termine di Renzi è chiaro: votare come può la seconda lettura alla Camera. E poi, cercare una soluzione, da qui al passaggio in Senato.
Le opposizioni da martedì incontreranno il presidente della Repubblica, Mattarella.
Avrà qualcosa da dire sulla Carta cambiata a colpi di maggioranza?
Alle 19 e 30 Renzi riunisce il gruppo di nuovo.La strategia la illustra Matteo Richetti: “Oggi uscire dal problema di votare le riforme a maggioranza non si traduce nel fermarsi. Dobbiamo chiudere questa lettura, ma tenere aperti molti punti. E andare al Senato condividendo i cambiamenti con le opposizioni”.
Per ora, però, si chiude così. Bersani voleva che la trattative con le opposizioni iniziasse da subito. Niente.
Il premier non si fida della minoranza: “Si attaccano a tutto per frenarmi: gli stessi che mi contestavano che facevo le riforme con Berlusconi, ora mi criticano perchè vado avanti senza l’opposizione. Non ho mai visto tanti nostalgici del Nazareno come stasera”, si sfoga.
E dunque: “Non vedo nessun motivo di interrompere la seduta fiume”. Montecitorio vota per tutta la notte. Obiettivo, finire prima dell’alba. Voto finale a marzo, secondo programma.
Poi, chi vivrà , vedrà .
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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