RIMBORSI SPESE E PORTABORSE: LE ANOMALIE DELLO STIPENDIO DEI PARLAMENTARI ITALIANI
RIMANE SEMPRE DI ALMENO 3.000 EURO AL MESE PIU’ ALTO DI QUELLO DEI LORO COLLEGHI DI ALTRI PAESI
I dati della Commissione Giovannini, come premette lo stesso rapporto, vanno certamente presi con le molle.
Mettiamoci il fatto che la norma con la quale la retribuzione (pardon, il costo…) dei nostri parlamentari dovrebbe essere equiparata alla media europea è chiarissima soltanto in apparenza: in realtà è il massimo dell’ambiguità .
Aggiungiamoci poi che da mesi, avendo probabilmente fiutato l’aria, si moltiplicano gli studi di fonte non proprio imparziale tesi a dimostrare che contrariamente all’evidenza di un peso macroscopico sui contribuenti (per mantenere le due Camere ogni italiano spende 26,33 euro l’anno, il doppio di un francese, due volte e mezzo rispetto a un cittadino britannico!) deputati e senatori italiani costerebbero individualmente meno dei loro colleghi europei.
La conclusione logica sarebbe che alla fine la montagna ha partorito un topolino.
Invece i risultati della Commissione offrono all’evidenza per la prima volta in un documento con i crismi dell’ufficialità , alcune storture del nostro sistema che mettono seriamente in crisi il catenaccio avviato dai difensori dello status quo, pronti non soltanto a respingere qualsiasi taglio a indennità , rimborsi e prerogative, ma addirittura a rivendicare più soldi proprio in virtù della famosa media europea. Intanto è palese che lo stipendio nudo e crudo dei parlamentari italiani è di almeno 3 mila euro al mese (lordi, s’intende) più alto degli altri.
Anche dei tedeschi, nonostante la Germania abbia un prodotto interno lordo procapite del 25% più alto dell’Italia.
E senza considerare la Spagna, dove l’indennità dei deputati è decisamente più bassa.
Ma soprattutto, sarà ora impossibile per la Camera e il Senato non fare i conti con alcuni scheletri nell’armadio da troppo tempo.
Prendiamo la vicenda scandalosa dei collaboratori.
Quello italiano è l’unico Parlamento in Europa nel quale deputati e senatori percepiscono una quantità non irrilevante di soldi con cui dovrebbero retribuire l’assistente personale.
Sapevamo anche prima di leggere il rapporto della Commissione che i membri del Bundestag hanno diritto a una somma enormemente superiore.
Ma c’è una differenza: i deputati tedeschi non toccano un euro.
I loro collaboratori personali vengono infatti pagati direttamente dal Bundestag.
Nè più, nè meno, come avviene altrove, a cominciare dal Parlamento europeo.
I nostri, invece, in molti casi se li mettono in tasca: puliti, senza imposte. Di più.
Quei soldi vengono da qualcuno utilizzati per fare il famoso versamento volontario al partito. Con il risultato che si può persino portare in detrazione dalle tasse il 19% dell’importo su una somma già esentasse.
Molti assistenti intascano paghe da miseria e in nero. Non è un caso che i collaboratori ufficialmente riconosciuti siano meno di un terzo dei deputati.
Speriamo che il rapporto Giovannini contribuisca finalmente a far cessare questo sconcio. Facendo venire al pettine pure altri nodi.
Per esempio la questione della diaria, che incassano tutti forfettariamente.
Di che cosa si tratta? Del rimborso per le spese sostenute a causa della permanenza a Roma nei giorni di lavoro.
Per quale ragione questo contributo (esentasse) debba spettare senza alcuna differenza anche a chi abita nella Capitale, è francamente un mistero.
Adesso toccherà al Parlamento tirare le somme.
La Commissione non le ha tirate. E non è arbitrario ravvedere dietro questa ovvia omissione una scelta precisa.
Dare anche un semplice suggerimento sull’interpretazione dei dati e delle varie voci sarebbe stato probabilmente irrituale.
Ma anche rischioso, vista l’indignata determinazione con cui le Camere hanno rivendicato la propria autonomia quando nel decreto «salva Italia» aveva fatto capolino una norma che affidava al governo il compito di fare la media, nel caso in cui i dati non fossero stati disponibili per fine 2011.
I numeri sono arrivati il 2 gennaio, pur con tutti i limiti di cui abbiamo parlato.
Le Camere hanno voluto risolvere il problema da sole invocando l’«autodichia».
E dandosi pure la zappa sui piedi, considerato che la media europea sarebbe dovuta scattare dalla prossima legislatura mentre ora il presidente di Montecitorio Gianfranco Fini ha promesso che si applicherà da subito.
Dunque lo facciano: in fretta e senza fare ricorso alle solite piccole furbizie, quando si dovranno tirare le somme.
Magari facendosi scudo di uno di quegli studi «imparziali» che mettono tutto nello stesso calderone, dall’indennità ai rimborsi spese fino ai costi del portaborse, per arrivare a una qualche conclusione gattopardesca.
Non lo meritano i cittadini e non lo meritano le istituzioni democratiche.
Per difendere il nostro Parlamento e restituire credibilità alla politica non c’è che una strada: quella della serietà e della trasparenza.
Per favore, lasciate perdere i calderoni.
Sergio Rizzo
(da “Il Corriere della Sera“)
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