RISCHIO ELEZIONI AMMINISTRATIVE PER IL PD… 25 PROVINCE IN BILICO
ITALIA DEI VALORI E SINISTRA RADICALE SCHIERANO I PROPRI CANDIDATI, SCARSE LE INTESE… IL PATTO CON L’UDC NON DECOLLA… FIRENZE E BOLOGNA A RISCHIO
I sondaggi elettorali da mesi dicono che, rispetto alle politiche dell’anno scorso, il Pd è in caduta libera, fino ad aver perso per strada quasi il 10% dei consensi.
In realtà solo una parte dei voti si è sposata sull’Italia dei valori, il calo più consistente deriva dalla disaffezione, ovvero da coloro che, pur non votando per il centrodestra, stanno alla finestra dell’astensionismo.
In Italia chi vince le elezioni lo fa perchè nel versante opposto prevale chi sta a casa. Non a caso, quando vinse Prodi, Berlusconi fu autore di una rimonta eccezionale in dieci giorni recuperando quasi il sette per cento dei voti.
Era riuscito a rimotivare molti suoi elettori delusi. Compito che, dopo la tragica gestione Veltroni, spetta a Franceschini che qualcosina è forse riuscito a recuperare, ma che deve sciogliere troppi nodi interni per sperare nel breve in un successo.
Si tratta nel contingente di riuscire a limitare i danni. Il problema più grosso il Pd lo ha con gli alleati, veri o presunti. E se le elezioni europee sono in fondo più “leggibili”, in quanto ciascuno fa corsa a sè, molto più delicate sono le contemporanee elezioni amministrative che coinvolgono decine di città importanti.
L’allarme lo ha lanciato Paolo Fontanelli, responsabile enti locali del Pd che durante una riunione al Nazareno ha avvisatola classe dirigente del partito che “per colpa di divisioni e personalismi sono in bilico le maggioranze di almeno 25 province su 63”.
Fontanelli ha puntato il dito contro l’Italia dei Valori e la sinistra radicale, accusate di avere delle posizioni più rivolte alla concorrenza elettorale con il Pd che non alla costruzione di coalizioni rivolte a battere il centrodestra.
A Bologna gli attacchi a Flavio Del Bono, candidato a sindaco del Pd, arrivano persino dall’interno del partito, oltre che da sinistra.
Ma non solo Bologna e Firenze sono a rischio, nelle province di Brescia e Bergamo, Pd e Idv hanno ciascuno un proprio candidato, così come a Barletta-Andria-Trani.
Ancora separati Pd e Idv a Crotone e in due province del Piemonte.
Da sponda Idv si ribatte che il Pd vuole tutti i candidati e che, a parte Padova e Latina, su 63 candidati il Pd se n’è presi 61, chiudendo ogni confronto con il partito di Di Pietro.
Si intrecciano verità contrapposte, ma le divisioni sono ben visibile all’occhio dell’elettorato e Franceschini può fare ben poco. Persino a Firenze e a Bari c’e’ la possibilità reale che la sinistra radicale vada da sola. Non vogliono sentire parlare di Udc, ma a Bari, ad es, senza il partito di Casini, il Pd non va da nessuna parte.
Si arriva al caso estremo, nella provincia di Lecce, di uno scontro interno.
Contro il candidato ufficiale potrebbe scendere in campo, sostenuto dal Pdl, Lorenzo Ria, deputato del Pd ed ex presidente della Provincia.
Altra situazione calda a Brindisi dove il Pd presenta il presidente degli industriali, Massimo Ferrarese, mossa che gli ha fatto trovare l’appoggio dell’Udc, ma perdere quello della sinistra estrema.
In tutta Italia un accordo alla luce del sole tra Pd e Udc è riuscito solo a Settimo Torinese e a Tortona, segno che anche lo schema con Casini non è perseguibile.
Se per il Centrodestra esiste qualche contrasto locale, circoscritto per ora, a Sinistra manca ancora una coerente linea di indirizzo su cui muoversi.
E l’elettorato fino ad oggi non ha mostrato di gradire questo partito “incerto” sulla strada da seguire e sulle alleanze omogenee. E l’esito delle elezioni locali per la sinistra è strettamente collegato a quanti elettori preferiranno starsene a casa.
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