RISCOSSIONI DEI TRIBUTI LOCALI: TREMANO DECINE DI AZIENDE
UNA NORMA OBBLIGA AD AVERE UN CAPITALE SOCIALE DI 10 MILIONI DI EURO… IL DECRETO ANTI-CRISI DEL GOVERNO METTE A RISCHIO 4.500 POSTI DI LAVORO… COSI’ SI FAVORISCE EQUITALIA
La riscossione dei tributi locali rischia di diventare un affare di Stato, o quasi. Un centinaio di aziende che si occupano di incassare tasse e tariffe per conto dei Comuni potrebbero, infatti, chiudere i battenti, lasciando così campo libero al colosso pubblico Equitalia.
In ballo ci sono più di 4.500 posti di lavoro ma non solo: c’è anche un non trascurabile problema di concorrenza, come ha certificato l’Authority di Antonio Catricalà .
Il paradosso è che la norma in grado di azzerare o quasi un intero settore è stata infilata con il parere favorevole del governo tra gli emendamenti al decreto 185, quel decreto anticrisi che dovrebbe in teoria dare una mano a famiglie e imprese in affanno per colpa della crisi.
E invece la norma ( comma 7 dell’art. 32) impone d’ora in poi un capitale minimo di 10 milioni di euro a tutte le Società iscritte all’Albo degli “esattori” e associate all’Anacap.
Considerando le regole attuali che prevedono un capitale tra i 775 mila e i 2,5 milioni di euro, si tratta di un colpo letale per la maggioranza delle aziende: in piedi resterebbero solo una decina di realtà .
Per gli altri non ci sarebbe la possibilità di mettersi in regola e in molti casi neanche la convenienza… Così di colpo il mitico “decreto anti-crisi” (diventato nel frattempo legge a colpi di fiducia) metterà in crisi un’intera filiera, di cui si servono 3.900 Comuni italiani che resteranno senza chi oggi si occupa di riscuotere imposte di ogni genere: da ciò che rimane dell’Ici alla pubblicità , dai passi carrabili fino alla tassa sui rifiuti, dalle affissioni alle bollette dell’acqua.
Non è certo una bella prospettiva per i Comuni che sono già in difficoltà con le entrate e si ritroveranno con i bilanci ridotti ancora peggio .
Ma provate a indovinare chi ci guadagna da questa situazione: il grande esattore pubblico, ovvero Equitalia, la longa manus dell’ Agenzia delle Entrate, collegata al Ministero dell’Economia. L’operazione però non ha convinto il Garante della Concorrenza che ha scritto le sue osservazioni: “La norma confligge in maniera evidente con i principi della concorrenza perchè determina una netta discriminazione tra operatori della riscossione a prevalente partecipazione pubblica e operatori a capitale privato sui quali incombe l’obbligo di adeguare il proprio capitale sociale al livello minimo di 10 milioni di euro”.
Il Garante osserva poi che “sono a rischio sopravvivenza un numero considerevole di operatori privati mentre ai Comuni verrebbe a mancare l’interlocutore contrattuale cui è stato affidato il servizio di riscossione”.
Catricalà invita quindi a rimuovere i fattori di discriminazione che sono presenti nella norma prima del via libera da parte del Senato.
Ma qui sorge il problema politico che il decreto è passato con il voto di fiducia alla Camera ed è stato poi blindato al Senato che lo ha convertito in legge.
La via d’uscita ci sarebbe: un emendamento al decreto “milleproroghe”, in commissione al Senato, che lo deve approvare entro marzo.
Una correzione al volo che elimini la norma o abbassi il livello di capitale che le società devono avere per essere iscritte all’Albo.
La partita è ancora aperta, ma qualcuno dovrebbe rendere conto dei motivi o degli interessi per mettere a rischio 4.500 posti di lavoro in un periodo di crisi come questo.
Per favorire Equitalia…
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