ROBERTO SALIS: “NON FACCIO POLITICA, FACCIO IL PAPA’ DI ILARIA”
“DOPO 14 MESI HA RICEVUTO UN PHON”
“L’Italia ha una articolo sacrosanto, l’articolo 3 della Costituzione. Dice che abbiamo pari dignità sociale e che siamo uguali davanti alla legge. Chi l’ha scritto era un po’ più saggio della media politica di oggi. Chi ci rappresenta si deve occupare del fatto che venga applicata la legge, ma anche che la nostra legge venga rispettata negli altri paesi”. Il messaggio del papà di Ilaria Salis, Roberto, da Napoli arriva chiaro ed è diretto al governo italiano. Il padre dell’attivista, detenuta in carcere a Budapest da 14 mesi con l’accusa di aver aggredito militanti neonazisti durante la celebrazione della Giornata dell’Onore in Ungheria, ha detto a “Repubblica delle Idee” che Ilaria sta bene ma che le sue condizioni sono ancora difficili.
“Posso sentire Ilaria solo 10 minuti al giorno, per farvi capire in che condizioni è vi dico che ha ricevuto un phone dopo 14 mesi di detenzione”.
All’incontro moderato da Maria Novella De Luca, sono intervenuti anche Luigi Manconi e Fabio Tonacci, l’inviato di Repubblica che ha portato alla ribalta nazionale il caso di Ilaria Salis.
“Mi sono trasformato in un attivista dei diritti umani 24 ore su 24”, dice Salis. “Io faccio il papà di Ilaria, non faccio politica”. Fabio Tonacci ha ricordato che il processo in Ungheria non sta andando bene: la richiesta dei domiciliari dei legali di Ilaria è stata rigettata in maniera immediata. “Fra l’altro al processo c’erano i neonazisti che riprendevano e seguivano le persone in aula”.
Il padre di Ilaria ha precisato che si trattava degli accompagnatori della presunta vittima aggredita dalla figlia. Il caso è diventato politico e emblematico dello stato di civiltà dell’Europa: Avs, Alleanza Verdi e Sinistra, ha deciso di candidare l’attivista alle elezioni europee.
“Va ricordato – aggiunge Tonacci – la sproporzione della pena. A fronte di una lesione causata da Ilaria ai danni del neonazista guaribile in 5 – 11 giorni, Salis è stata condannata a 24 anni di carcere. E giustamente ha rifiutato il patteggiamento di 11 anni”.
Manconi, presidente dell’associazione “A buon diritto”, parla di uno stato “codardo” e delle condizioni delle carceri in Italia e nel mondo: “In questo momento Ilaria Salis è uno dei 2600 detenuti italiani reclusi in tutte le carceri del mondo in condizioni disumane”. All’inizio dell’incontro il politico e sociologo ha ricordato che è pericoloso stigmatizzare la vicenda di Ilaria Salis: “L’antifascismo è un titolo di merito, non deve diventare una colpa, un capo di accusa”.
In platea l’ex ministra Paola Severino, lo sceneggiatore Maurizio Braucci e la madre di Mario Paciolla, Anna Motta, l’attivista napoletano morto in Colombia in circostanze misteriose. “Questi non sono affari di famiglia – dice Anna Motta – . La figura di Roberto Salis ci ricorda figure come Patrizia Aldrovandi, Ilaria Cucchi, Paola Regeni, Francesco Uva che hanno svolto uno straordinario ruolo di supplenza contro l’indifferenza, meglio, contro la codardia dello Stato. Rendendo pubblico il loro dolore e la loro sofferenza, hanno svolto un ruolo democratico, e hanno reso pubbliche vicende destinate all’oblio o relegate a tre righe in cronaca”.
Chi non ha permesso che questo accadesse è stato l’inviato di Repubblica Fabio Tonacci: “Quando sono tornato da Israele, ero da poco riuscito ad entrare a Gaza, la vicenda di Ilaria era stata raccontata come un caso normale di cronaca. Questo caso invece riguarda tutti perché riguarda la storia di una donna profondamente antifascista arrestata in un giorno non qualunque in paese a noi vicino. La premier Meloni ha un rapporto di amicizia con Orban. Era un caso politico. Non siamo il tribunale dell’assoluzione, ma Ilaria Salis merita un giusto processo e una detenzione in condizioni dignitose”.
Durante l’incontro Luigi Manconi ha ricordo che anche i detenuti nelle carceri italiani vivono condizioni di estremo disagio “ma nulla in confronto all’Ungheria, dove nessuno denuncia. E’ la differenza tra una democrazia piena di difetti e un regime autocratico come quello ungherese”.
(da La Repubblica)
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