RUSSIA-UCRAINA, GLI USA PRONTI AD ABBANDORE I NEGOZIATI SENZA UNA SVOLTA “A GIORNI”
RUBIO: “NON E’ LA NOSTRA GUERRA, CI SONO COSE PIU’ IMPORTANTI”… MA TRUMP NON ERA QUELLO CHE AVREBBE FATTO CESSARE LA GUERRA IN 24 ORE?
Gli Stati Uniti sono pronti a defilarsi dai negoziati di pace tra Russia e Ucraina se non verrà trovata una quadra nei prossimi giorni, o se non ci saranno almeno dei segnali di «movimento» dallo stallo che ormai dura da settimane. A dirlo è il segretario di Stato Marco Rubio, al termine dal vertice di giovedì con il presidente francese Emmanuel Macron e la delegazione ucraina: «Non è la nostra guerra, non l’abbiamo iniziata noi. Ovviamente vogliamo che finisca, ma non è la nostra guerra». Parole lapidarie che nascondono la sempre più crescente frustrazione della Casa Bianca per la mancanza di progressi concreti: «Dobbiamo determinare
molto rapidamente, e parlo di pochi giorni, se sarà fattibile (trovare un accordo, ndr) nelle prossime settimane o meno», ha detto Rubio lasciando Parigi.
Le parole di Rubio e la pressione su Zelensky: «Trump ha cose più importanti di cui occcuparsi»
Donald Trump insomma sembra aver perso la pazienza: «Ha trascorso 87 giorni al massimo livello di questo governo, impegnandosi ripetutamente per porre fine a questa guerra. È una cosa importante, ma ci sono molte altre cose importanti in corso che meritano altrettanta, se non maggiore, attenzione». Che sia un bluff o la realtà, le parole di Marco Rubio mettono inevitabilmente pressioni a Russia e Ucraina, Quest’ultima proprio ieri – e forse non è un caso – ha firmato un memorandum in vista della finalizzazione dell’accordo sulle terre rare. Il rischio, per il presidente Volodymyr Zelensky, è di perdere l’unico tramite tra Kiev e Mosca. E di affrontare le prossime settimane senza avere la certezza che il sostegno americano – finanziario, politico e militare – all’Ucraina continui.
Le pretese di Putin, le richieste di Kiev e il doppio gioco di Trump
Dall’altra parte, quella russa, si ostenta la solita calma olimpica, e pure una certa ambiguità. Alcuni progressi in realtà ci sono, ha replicato alle parole di Rubio il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, secondo il quale «la parte russa si sta impegnando per risolvere questo conflitto, per tutelare i propri interessi, ed è aperta al dialogo».
Al contempo però Peskov ha gettato sale sulle ferite ricordando che la tregua di 30 giorni sui bombardamenti sugli impianti energetici «è scaduta». D’altra parte i negoziati, dice il Cremlino, «sono complicati perché, naturalmente, il tema della risoluzione ucraina non è semplice».
Di fatto il presidente russo Vladimir Putin continua a insistere sulle stesse richieste: no secco all’adesione alla Nato di Kiev, controllo delle quattro regioni annesse, limiti rigidi alle dimensioni dell’esercito ucraino.
Kiev, dalla sua, continua a insistere sulla necessità di ottenere garanzie di sicurezza da Washington. La Casa Bianca rimane a metà: Trump si dice pronto a irrigidire le sanzioni contro Mosca. Ma al tycoon – e lo ha ribadito ancora ieri sera nell’incontro con Giorgia Meloni – Zelensky «non piace».
La frustrazione della Casa Bianca dopo tre mesi di lavoro.
La promessa di Trump in campagna elettorale era stata chiara: stop alla guerra entro 24 ore dal suo insediamento. Poi lo stesso tycoon aveva progressivamente ritrattato, citando le difficoltà diplomatiche di un conflitto che evidentemente la Casa Bianca aveva in qualche modo sottovalutato.
Poi il colloquio con Putin e la serie di incontri con le delegazioni del Cremlino e di Kiev in Arabia Saudita. Settimane e settimane, per rimanere allo stesso punto di partenza: «Dobbiamo capire se è fattibile. Se non lo è, penso dovremo semplicemente voltare pagina», è il commento di Marco Rubio.
(da agenzie)
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