SALVA-SILVIO: RENZI PREOCCUPATO PER LE CONSEGUENZE DEL SUO INCIUCIO
PER I SUOI E’ UN ERRORE DA MATITA ROSSA
Tra i suoi c’è chi parla di “errore da matita rossa”, chi lo descrive come uno “scivolone” pericolosissimo per il timing: è avvenuto proprio a ridosso della discussione parlamentare sulla legge elettorale e dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica.
Cioè proprio quando Matteo Renzi ha disperato bisogno di un appoggio largo in Parlamento e senza insidie.
I renziani della cerchia stretta giurano che la norma ribattezzata ‘salva Berlusconi’, contenuta nel decreto fiscale varato in consiglio dei ministri la vigilia di Natale, non era un regalo all’alleato del Patto del Nazareno.
Nessuno in consiglio dei ministri si era accorto che quella depenalizzazione dell’evasione fiscale fino al 3 per cento del reddito imponibile cancellerebbe la condanna di Berlusconi per frode fiscale nel processo Mediaset e la conseguente interdizione dai pubblici uffici e incandidabilità .
Insomma una svista madornale, un errore da dilettanti che non fa fare bella figura al governo con gli interlocutori imprenditoriali che appoggiano la norma in questione e che inasprisce il clima nel Pd, ma anche nelle altre forze politiche, Ncd e Forza Italia. Perchè fuori dalla cerchia dei suoi, la versione è che invece la norma sia stata inserita nel decreto fiscale proprio per fare un favore a Berlusconi, per uno scambio in vista dei passaggi delicati su riforme e Quirinale.
Comunque la si metta è un pasticcio. Ed è per questo che Renzi è molto preoccupato per il possibile effetto valanga del ‘salva Silvio’. Tanto per iniziare: non salverà più Silvio.
Malafede o no? In mattinata Renzi convoca Marco Causi a Palazzo Chigi.
Con il capogruppo del Pd in commissione Finanze rimette a fuoco il decreto fiscale. Ha già deciso che lo farà ripassare dal Consiglio dei ministri.
La norma verrà corretta e ripresentata in Parlamento dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica e quando Berlusconi avrà terminato il periodo di pena ai servizi sociali.
Non sarà cancellata la depenalizzazione tout court, ma dovrebbero essere escluse alcune fattispecie di reato. Come la frode fiscale.
Insomma, in un modo o nell’altro, la questione non riguarderà più l’ex Cavaliere.
E’ da sabato sera che il premier si sfoga con i suoi sull’argomento. “Nè ora nè mai Matteo avrebbe bisogno del clima di sospetti su possibili favori giudiziari a Berlusconi…”, dice un parlamentare renzianissimo.
Fatto sta che resta il giallo su chi abbia introdotto le contestate cinque righe di pasticcio.
Beppe Grillo accusa Antonella Manzione, il capo dei vigili di Firenze che Renzi ha trasferito a capo dell’ufficio legislativo del governo.
Da Palazzo Chigi non ribattono sul punto. Del resto, confida una fonte renziana, “la Manzione ha un legame strettissimo con Matteo che infatti si è assunto la responsabilità di quella norma: anche se volesse, il premier non potrebbe prendersela con lei…”.
La svista è sul collegamento con Berlusconi: “Nessuno ci ha fatto caso, nè in consiglio dei ministri quando se ne è discusso il 24 sera, nè sul Fatto quotidiano, che per primo ha sollevato il problema sabato scorso ma solo in un secondo momento ha collegato la cosa a Berlusconi, a conferma del fatto che era facilissimo non vedere il collegamento…”, continua la stessa fonte renziana.
Prove tecniche di anti Patto del Nazareno.
E’ quanto basta per alimentare il clima dei sospetti. I renziani sospettano che la soffiata che ha sollevato il velo dal decreto fiscale, scoperchiando il salvacondotto per Berlusconi, sia partita dalla minoranza Pd oppure dal Nuovo Centrodestra.
Qualcuno sospetta anche dei fittiani di Forza Italia.
Insomma, a Palazzo Chigi ne hanno la certezza: si sono messe in moto le forze ostili al Patto del Nazareno. Il segnale è chiaro e mette in allarme il premier.
Se prima si cercava un candidato a prova di bomba per il dopo-Napolitano, alla luce del ‘pasticcio’ sul decreto fiscale e delle polemiche che ha sollevato, c’è bisogno di un “candidato a prova di bomba atomica…”.
E’ per questo che dalla vacanza a Courmayer il premier non ha mai interrotto i contatti con i suoi sul tema del Quirinale.
E ieri, al ritorno dalla montagna, proprio alla luce della nuova polemica, ha continuato a sentire le sue ‘sentinelle’ nel Pd per testare il clima in vista dell’assemblea di mercoledì con i gruppi parlamentari sulla legge elettorale e in vista dell’imminente corsa per il Colle.
Per il Colle, caccia ai voti dei bersaniani di prima elezione nel Pd.
E’ il motivo per cui oggi, tra un incontro e l’altro con i ministri sul tema delle riforme, Renzi ha ricevuto a Palazzo Chigi anche il presidente dell’assemblea Dem, Matteo Orfini.
Coadiuvato dal lavoro svolto dal sottosegretario Luca Lotti sui possibili franchi tiratori del Pd, il premier sta misurando personalmente la temperatura tra i Dem in Parlamento per capire quali margini di azione siano possibili per ridurre i potenziali dissidenti.
L’attenzione è puntata sulla cosiddetta ‘zona d’ombra’, cioè quei parlamentari di prima elezione, giovani, arrivati in Parlamento in era di segreteria Bersani nel 2013 e ora tiepidi rispetto alla loro appartenenza politica di origine.
Sono loro la nuova terra di conquista del premier in vista dell’elezione del successore di Napolitano. E’ tra di loro che Renzi vuole capire che effetto abbia avuto la polemica sul ‘salva Silvio’: quanto è grave il danno? Ancora non si sa.
Però Renzi e i suoi danno per “acquisiti” lo stesso Pierluigi Bersani e gran parte di Area Riformista. Vale a dire quella parte di minoranza Pd che ha aiutato il governo sul Jobs Act. Mentre vengono dati per “dispersi” Pippo Civati e i suoi, non-renziani come Stefano Fassina che infatti è scatenatissimo sul decreto fiscale e chissà quanti si potranno aggiungere.
Un candidato di bandiera nei primi tre scrutini? Prodi?
La materia ormai si è fatta incandescente. Tanto che per le prime tre votazioni, quelle per le quali è richiesta la maggioranza dei due terzi dei 1008 elettori, Renzi sta valutando la possibilità di proporre un candidato di bandiera.
Vale a dire una personalità non legata direttamente al mondo politico: servirebbe solo per contarsi e testare il clima.
C’è chi non esclude che si possa trattare dello stesso Romano Prodi. Ma il nome del prof bolognese mostra diverse controindicazioni: potrebbe essere vissuto male da Berlusconi, chissà ; se così non fosse, potrebbe ‘rischiare’ di essere eletto con l’appoggio del Pd e di una parte del M5s, chissà .
Ma soprattutto, una volta in pista alle prime tre votazioni, con quale motivazione verrebbe ritirato alla quarta votazione, quella per cui bastano 508 voti per arrivare alla presidenza della Repubblica? Troppi rischi.
E poi c’è anche un’altra incognita: quanta voglia ha Prodi di continuare a fare da pungiball in questa storia?
Ragion per cui in questa fase a Palazzo Chigi prevale ancora l’idea di far votare scheda bianca ai primi tre scrutini per poi passare al ‘nome vero’ per la quarta votazione.
Il nuovo presidente, un under 60. Il punto è che sul ‘nome vero’ Renzi ancora brancola nel buio.
E non aiuta il clima dei sospetti che proietta ombre sul Patto del Nazareno, sempre più cupe. Da qualche giorno, il premier è al lavoro per fugare almeno i sospetti che lo riguardano più direttamente, che lo descrivono come interessato ad eleggere un suo ‘avatar’ al Quirinale.
Per questo motivo si sta concentrando per ottenere almeno che il nuovo presidente rechi un qualche marchio del renzismo da poter sfoggiare.
Un segno di novità , insomma. Escluso che si possa trattare del genere: difficilissimo eleggere una donna anche stavolta, registrano i suoi.
Il marchio più facile potrebbe essere l’età . In questi giorni la ricerca si starebbe concentrando tra gli under 60, categoria nella quale rientrano tanti candidati dai rumors di palazzo. Da Graziano Delrio a Piero Fassino, allo stesso Dario Franceschini e anche Walter Veltroni che ne compie 60 solo a luglio.
Di certo, notano nella cerchia del premier, se il pasticciaccio sul decreto fiscale ha avuto un effetto sulla corsa quirinalizia, è quello di gettare ombre sul ministro Pier Carlo Padoan, un altro candidato per il dopo-Napolitano.
(da “Huffingtonpost”)
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