SCARCERATO BRUNO CONTRADA, L’EX 007 CONDANNATO A 10 ANNI: “UN GIORNO LA VERITA’ SARA’ RISTABILITA”
“IO TRADITO DA UOMINI DELLO STATO”
È tornato libero nel primo pomeriggio, dopo che due agenti della polizia penitenziaria gli hanno notificato l’ordinanza di “fine pena” del Tribunale di sorveglianza di Palermo.
Bruno Contrada ha finito di scontare la condanna a dieci anni per concorso in associazione mafiosa: in anticipo, rispetto al previsto, per via della “liberazione anticipata” e della buona condotta tenuta durante l’esecuzione della pena, poco meno di quattro anni trascorsi in due diversi penitenziari militari, a Palermo e a Santa Maria Capua Vetere, e altri quattro anni fra detenzione domiciliare e sospensione della pena per motivi di salute.
A 81 anni, l’ex numero tre del Sisde fa i conti con numerosi acciacchi e problemi fisici, ma non ha perso la sua determinazione nel negare la propria colpevolezza: «Un giorno la verità sarà ristabilita — ha detto subito dopo la notifica del provvedimento di remissione in libertà — e qualcuno si dovrà ravvedere del male fatto a me e alle Istituzioni».
Con Contrada, nella modesta abitazione popolare di via Maiorana, zona Leonardo da Vinci, a Palermo, ci sono la moglie e i figli e l’avvocato Giuseppe Lipera.
L’ex 007 non si fa attendere e accetta di parlare con i cronisti.
Si appoggia al bastone, è affaticato, la voce è debole, ma la grinta è quella di sempre. «Non odio nessuno, nè provo rancore», dice a chi gli chiede se, dopo 8 anni di detenzione e l’infamia di una condanna per mafia, ha risentimenti verso qualcuno. Ma, e lo ripete più volte, «non mi rassegno, nè mi pento».
Di un’esistenza passata a «servire le istituzioni» rifarebbe tutto.
«Ho passato la maggior parte della mia vita al servizio dello Stato e non cambierei nulla – dice – Con me nella tomba non porterò segreti».
Mai un passo indietro nel ribadire la sua innocenza.
Nonostante le condanne in tutti i gradi di giudizio. E la certezza che un giorno chi gli sopravviverà , e nel dirlo la voce gli si spezza, vedrà ristabilità la verità .
«Quando – sussurra – il 10 maggio del 2007 sono entrato nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per scontare la pena ingiusta che mi era stata inflitta dissi che ero sicuro, come lo sono ora, che un giorno che vedranno i miei figli o i miei nipoti la verità sarà ristabilita e allora qualcuno dovrà pentirsi per quello che ha fatto a me ed alle istituzioni che ho servito fedelmente da quando avevo 20 anni e indossai la divisa da bersagliere».
Lui, per quanto potrà , continuerà a lottare perchè quella verità possa essere affermata. «Finchè avrò respiro», dice.
A chi gli chiede cosa pensa degli altri uomini delle istituzioni coinvolti in indagini di mafia – il riferimento è all’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia – Contrada risponde senza tirarsi indietro: «per il generale Mori in particolare provo stima e ammirazione. Ma dell’indagine preferisco non parlare, non ne so nulla».
Venti minuti sotto il fuoco di fila delle domande dei cronisti, poi un commiato.
«Sono a vostra disposizione per qualunque incontro nei prossimi giorni», dice, stanco. «Ora, però – prosegue appoggiandosi al bastone – è il momento che torni a casa».
(da “la Stampa”)
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