SCATTONE: “STUFO DELLE POLEMICHE SONO 10 ANNI CHE INSEGNO”
LA RABBIA DEI GENITORI DI MARTA RUSSO: “HA UCCISO NOSTRA FIGLIA, NON PUO’ EDUCARE”… LUI REPLICA: “NON POSSO CHIEDERE SCUSA DI UNA COSA CHE NON HO COMMESSO”
“Una grande ingiustizia”. Così Aureliana Russo, mamma di Marta Russo, la studentessa uccisa nel 1997 a soli 22 anni mentre passeggiava nei cortili dell’Università La Sapienza di Roma, commenta la notizia della cattedra assegnata a Giovanni Scattone, l’assassino di sua figlia, il quale insegnerà psicologia ai ragazzi del liceo romano Einaudi.
Uno Scattone che invece si sfoga con gli amici, si dice “stufo di queste polemiche, ogni anno è la stessa storia” e ribadisce nuovamente la sua innocenza.
“Provo rabbia. Tanta” afferma la signora Aureliana in un’intervista alla Repubblica, “in questi anni, già altre volte questa brava persona ha avuto cattedre, come supplente, in istituti romani. Anche al Cavour, la scuola dove andava Marta: ma almeno in quell’occasione ha avuto il buon senso di lasciare l’incarico”.
Giovanni Scattone ha scontato la sua pena ed è stato riabilitato da una sentenza della Cassazione che ha annullato l’interdizione.
Tuttavia secondo Aureliana Russo “una persona colpevole di un omicidio non può fare l’educatore. Io non dico che non debba avere un lavoro, ma almeno non quello di trasmettere nozioni e valori a ragazzi. Quest’uomo – prosegue ancora – in 18 anni non mi ha mai chiamato, nemmeno una volta, per chiedere scusa, perdono, a me e alla mia famiglia. Le sembra una persona riabilitata o che abbia capito il suo sbaglio?. A me no. Perchè oggi Marta avrebbe 40 anni. E l’ultima volta che l’ho potuta abbracciare ne aveva 22”.
Aureliana riconosce che “il Ministero, se lui ha diritto a partecipare a concorsi e li vince, non può far nulla”, per cui si rivolge direttamente a Giovanni Scattone: “È lui che dovrebbe fare un passo indietro, rinunciare alla sua professione e chiudersi in un ufficio. Un buon insegnante, moralmente, deve essere un bravo uomo. E Scattone, malgrado le sentenze che lo riabilitano, resta l’assassino di mia figlia. L’ha uccisa per un gioco, il gioco del cecchino, del tiro al bersaglio, non per un motivo”.
Parla al Corriere della Sera Donato Russo, il padre di Marta, insegnante per 41 anni nei licei romani: “Ai miei tempi per diventare di ruolo bisognava presentare il certificato del casellario giudiziario e bisognava che fosse pulito. Ma oggi a quanto pare è cambiato tutto. Oggi anche un assassino può fare l’educatore”.
Alla Stampa il signor Donato si dice infastidito dalla “totale mancanza di buon senso di Scattone. Se ne avesse solo un briciolo, rinuncerebbe all’insegnamento: un assassino non può entrare in una classe di ragazzi e impartire lezioni su come funzionano e si gestiscono le emozioni”.
Il Corriere e il Messaggero riportano poi la reazione di Giovanni Scattone al clamore suscitato dal suo incarico al liceo.
Uno sfogo con pochi amici, nessuna intervista, che trapela sulle pagine dei quotidiani.
“La verità è che un altro lavoro, diverso dall’insegnante, io lo farei volentieri. Solo che a quasi 50 anni, faccio fatica a trovarlo. Farei anche un lavoro per cui non serve la mia laurea. Però sono stufo di queste polemiche, ogni anno è la stessa storia e ormai sono 10 anni che insegno nei licei. Per 10 anni ho fatto il supplente, ho insegnato storia e filosofia e con i ragazzi mi sono trovato sempre bene, anche loro con me… Ora ho vinto questo concorso, anzi l’ho vinto tre anni fa per insegnare Filosofia e Scienze Umane e non c’entra niente la Buona Scuola, sarei entrato comunque, per la regola del turnover”.
E aggiunge poche parole, ma significative, rivolte ai genitori di Marta Russo: “Io li rispetto, ma come posso chiedere perdono, se non ho l’uccisa io”.
(da “Huffingtonpost“)
Leave a Reply