SCHLEIN STA LAVORANDO ALLA CANDIDATURA DI ILARIA SALIS, IL PADRE APRE AL’IPOTESI, ELLY HA OTTENUTO L’OK DAI RIFORMISTI DEM
ORMAI E’ CHIARO CHE E’ FORSE L’UNICO MODO PER FARLA USCIRE DAL CARCERE DEL REGIME CHE INCARCERA SENZA PROVE E PORTA I DETENUTI AL GUINZAGLIO ALLE UDIENZE
“Cosa pensate di un’eventuale candidatura di Ilaria Salis alle Europee?”. Elly Schlein avrebbe voluto che questo sondaggio, che ha fatto con i suoi fedelissimi, rimanesse riservato. Voleva evitare fughe in avanti e ponderare bene la strategia.
La segretaria del Partito democratico sta lavorando in prima persona a una possibile candidatura dell’antifascista detenuta in Ungheria perché accusata di aver picchiato dei militanti di estrema destra alle elezioni di giugno.
Ha condiviso il ragionamento con l’entourage, con estrema cautela, per capire se l’idea fosse percorribile o no. “Nessuno si è opposto”, ci dice chi è stato sondato. L’idea prende forma e non è escluso che nei prossimi giorni la segretaria possa condividerla con il resto del partito.
La strada, nonostante qualche complicanza, non è in salita. Salis, certo, è una figura associata all’estrema sinistra. Un nome vicino ai centri sociali, non esattamente il profilo preferito dai riformisti del Pd. Ma nessuno potrebbe esporsi al punto di negare il consenso alla candidatura di una persona detenuta in condizioni non dignitose nel Paese governato da Viktor Orban.
Portare Ilaria al Parlamento europeo, del resto, significherebbe sottrarla dalla galera. Almeno fino alla condanna.
Come spiega ad HuffPost Federico Conte, già deputato di LeU e oggi avvocato di Andrea Cozzolino: “L’immunità copre i reati commessi durante il mandato, quindi il fatto che viene contestato a Salis non può essere coperto dall’immunità. Però, la custodia cautelare è un ostacolo al mandato popolare che riceverebbe in caso di elezione al Parlamento europeo. Sicuramente, dunque, l’elezione potrebbe portare a chiedere, e ottenere, lo stop alla detenzione. In caso di condanna, però, l’immunità non potrebbe essere richiamata, perché il fatto è avvenuto prima dell’elezione”.
Fallita la strategia dei domiciliari, l’ipotesi di una candidatura non è esclusa dalla famiglia Salis: “Non abbiamo preso in considerazione questa ipotesi, ma ora dobbiamo ridefinire la strategia. Sarebbe un’idea costruttiva? Le idee vanno bene tutte, purché aiutino e non danneggino”, ha detto a Metropolis, il web talk di Repubblica, Roberto Salis, padre di Ilaria.
A Schlein non resta, dunque, che condividere l’idea con il resto del partito. Difficile che qualcuno si alzi in piedi per dire no, però qualche perplessità e la richiesta di un approfondimento emergono sin da ora. “In questo momento dobbiamo batterci per i diritti di Ilaria, per la giustizia. L’ipotesi della candidatura? Voglio sentirla in un luogo fisico, discuterla, e poi votarla. Non commento cose apprese dai giornali”, dice ad HuffPost Sandra Zampa, senatrice del Pd che oggi è andata a Budapest a seguire l’udienza, insieme con altri sei parlamentari.
“Politicizzare troppo questa faccenda – aggiunge – non va bene”. Zampa attacca la magistratura ungherese: “Non è giustizia questa, è arbitrio. Hanno anticipato l’udienza solo per far vedere all’Italia che si erano attivati. La verità è che è stato precostituito un giudizio e Ilaria viene considerata colpevole. Il governo italiano si attivi e si rivolga alla Cedu. Riparto da Budapest molto preoccupata”.
L’area riformista del Pd, che pure forse qualcosa nel merito avrebbe anche da dire, è più impensierita da come questa scelta possa cambiare lo scacchiere, già precario, delle candidature: “Questa logica a panino – ci dice una fonte della minoranza dem – con i candidati della società civile messi come capolista e Schlein al terzo posto ammazza la classe dirigente del Pd. È uno schema che non regge. Il problema non è il nome di Salis, il problema è che bisogna prima sistemare il resto. Perché così gli uomini più o meno se la giocano, anche se al centro alcuni rischiano. Tra le donne, invece, rischiamo di perdere figure come Pina Picierno, che è vicepresidente del Parlamento europeo”.
Se Schlein vorrà andare fino in fondo con la candidatura di Salis, dunque, dovrà stare molto attenta a costruirla bene. Altrimenti il rischio di scontentare qualcuno, nonostante la nobiltà della causa, è molto elevato.
Intanto, dopo il no agli arresti domiciliari, l’opposizione in blocco attacca il governo. Schlein parla di “uno schiaffo irricevibile ai diritti di una persona detenuta, di una nostra connazionale. Ci aspettiamo che il governo di Giorgia Meloni reagisca, subito”.
Stefania Ascari, del Movimento 5 stelle, parla di “decisione gravissima che umilia l’Italia”.
“Basta traccheggiamenti, Meloni e Tajani agiscano”, afferma, invece Enrico Borghi di Italia Viva. Nicola Fratoianni, di Sinistra italiana, parla “rabbia e amarezza per la decisione sproporzionata”.
Se da Budapest arriva l’ennesimo “no” alla liberazione di Salis, notizie migliori arrivano da Milano. La corte d’Appello meneghina, infatti, ha detto no al trasferimento di Gabriele Marchesi, coimputato di Ilaria Salis, in un carcere ungherese. Determinanti per la decisione proprio le “condizioni inumane” nei penitenziari ungheresi denunciate da Ilaria.
(da Huffingtonpost)
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