SEA WATCH 5, DOPO AVER SALVATO 56 MIGRANTI E PORTATO A TERRA UN RAGAZZO MORTO, COLPITA DA FERMO AMMINISTRATIVO “PERCHE’ NON SI E’ COORDINATA CON LE AUTORITA’ LIBICHE”, OVVERO CON I CRIMINALI DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA
DOPO CHE LA CASSAZIONE HA STABILITO CHE LA LIBIA NON E’ UN PORTO SICURO QUALCUNO VORREBBE VIOLARE LA LEGGE, IMPONENDO UN RESPINGIMENTO IN LIBIA? … LA ONG: “PROVVEDIMENTO OLTRAGGIOSO IN VIOLAZIONE DI LEGGE, CI PENSERANNO I NOSTRI AVVOCATI”… NEL FRATTEMPO ALTRI AFFOGHERANNO PER MANCANZA DI SOCCORSI
È finita in fermo amministrativo per venti giorni la Sea Watch 5, nave della Ong tedesca Sea Watch che negli scorsi giorni ha soccorso in mare 56 persone migranti e le ha trasportate fino a Pozzallo.
Le informazioni diffuse finora indicano che la colpa della nave sarebbe quella di non essersi coordinata con le autorità della Libia, come invece era stato richiesto dal Centro coordinamento salvataggi in mare di Roma.
Al contrario, l’equipaggio ha navigato fino all’Italia, e qui la Guardia costiera è intervenuta portando a terra su una motovedetta quattro persone che avevano necessità mediche urgenti.
Il caso della Sea Watch 5 aveva attirato l’attenzione pubblica negli scorsi giorni, soprattutto perché militari della Guardia costiera durante il loro intervento hanno rifiutato di prendere con sé il corpo di un ragazzo (l’età stimata è tra i 17 e i 18 anni) che era morto a bordo, senza spiegare il perché. In quel momento, il porto assegnato alla nave era quello di Ravenna: si prospettavano quindi circa quattro giorni di navigazione con un corpo a bordo, su un’imbarcazione che non è dotata di una cella frigo grande abbastanza per conservarlo.
Per ore, l’equipaggio aveva dovuto sostituire manualmente il ghiaccio all’interno della sacca in cui era tenuto il corpo, per evitare che si deteriorasse. A seguito delle proteste, alla nave è stato assegnato il porto di Pozzallo, dove ha fatto sbarco nella notte tra giovedì e venerdì. Poi è arrivato il fermo amministrativo.
Non è il primo caso di fermo ai danni di una nave Ong che non rispetta le indicazioni delle autorità italiane.
Soprattutto nell’ultimo anno, da quando il governo Meloni ha stretto le regole sul soccorso in mare e ha previsto sanzioni più pesanti per le Ong, ci sono stati diversi esempi.
Si tratta, in molti casi, di punizioni nei confronti di navi che effettuano procedure necessarie a garantire la sicurezza delle persone a bordo o che necessitano di soccorso. Nel caso della Libia, poche settimane fa la Corte di Cassazione ha ribadito che si tratta di un porto non sicuro per le persone migranti.
La stessa Sea Watch aveva fatto sapere di aver provato a mettersi in contatto con le autorità tunisine, ma senza successo: in un primo caso l’interlocutore non parlava inglese, mentre più tardi la stessa Tunisia aveva dato indicazione di coordinarsi con Roma.
La Ong ha commentato: “Dopo il dramma, la beffa: le autorità italiane hanno notificato alla Sea-Watch 5 un oltraggioso fermo amministrativo che bloccherà la nave in porto per venti giorni. Siamo al lavoro per contestare la misura nelle opportune sedi legali: basta con gli ostacoli a chi salva vite in mare”.
(da Fanpage)
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