SEMPRE IN CULO AI DISGRAZIATI: IN ITALIA UNA GIORNATA DI RICOVERO IN OSPEDALE COSTA DI PIÙ IN UN’AREA POVERA RISPETTO A UN’ALTRA PIÙ RICCA
UN ESEMPIO? UNA GIORNATA MEDIA DI DEGENZA AL “PAPARDO” DI MESSINA COSTA 1.031 EURO CONTRO I 413 DELL’AZIENDA OSPEDALIERA “SANTA CROCE E CARLE” DI CUNEO. IL PIL PRO CAPITE IN SICILIA È DI 21MILA EURO, PIL PRO CAPITE IN PIEMONTE 35.700…IL MOTIVO? SAREBBE LEGATO AL NUMERO DI INTERVENTI REALIZZATI OGNI GIORNO
È mai possibile che una giornata di degenza ospedaliera costi immensamente di più in un’area povera rispetto a un’altra che sta in una zona immensamente più ricca? Il dossier dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i Servizi sanitari regionali diretta da Domenico Mantoan, già Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco e per oltre dieci anni Direttore Generale dell’Area Sanità della Regione Veneto, apre interrogativi fastidiosissimi davanti ai quali la buona politica (dalla cattiva come noto non c’è niente da aspettarsi) deve dare risposte.
Basti, su tutti, il caso dell’ospedale Papardo di Messina, dove una giornata media di ricovero costa 1.031,60 euro contro i 413,20 dell’Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle di Cuneo. Pil pro capite in Sicilia, secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre 2024, 21.000 euro, Pil pro capite in Piemonte 35.700. Fatti i conti un piemontese potrebbe permettersi a proprie spese 86,44 giorni di degenza nella struttura di casa, un siciliano 20.
Peggio ancora va, stando ai dati Agenas, per i policlinici universitari. Dove per una degenza giornaliera si arriva a dover pagare 1.399,50 all’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli nel cuore di Napoli, quanto una suite in un hotel di lusso in alta stagione in una capitale europea. Contro i 400,30 euro al Policlinico San Matteo di Pavia: quasi quattro volte di meno. In regioni come la Campania e la Lombardia dove la prima ha un Pil pro capite di 22.200 euro, la seconda di 46.000.
Risultato: un campano con il reddito di un intero anno potrebbe permettersi a sue spese 15 giorni di degenza al Vanvitelli, un lombardo 115 al San Matteo. E torniamo a chiedere: com’è possibile?
All’Agenas un’idea se la sono fatta molto chiaramente: «È soprattutto una questione di gestione.
Ci sono strutture ospedaliere dove fanno come all’Humanitas di Milano da 8 a 12 interventi chirurgici al giorno, altre dove ne fanno 400 in un anno e cioè uno e mezzo, scarso, al giorno. È ovvio che poi i costi sono spaventosi». C’è chi dirà: sono casi estremi. Vero, ma gli squilibri pubblicati numero per numero sono vistosi ovunque, e non sempre è una questione di Nord e Sud. Sicuri che i dati siano buoni? Sono forniti dagli stessi ospedali, dalle stesse cliniche. Infatti nessuno li ha contestati.
(da Corriere della Sera)
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