SENTENZA OPEN ARMS, IL PARERE DEL GIURISTA VASSALLO PALEOLOGO: “I FATTI SUSSISTONO SECONDO IL PRINCIPIO DI REALTA'”
“LA PROCURA RICORRA IN APPELLO, LA SENTENZA CONTRASTA CON ALTRI PRONUNCIAMENTI E CON IL DIRITTO INTERNAZIONALE”
Dopo la sentenza in primo grado del Tribunale di Palermo sul caso Salvini/Open Arms non sembra eludibile il ricorso in Appello, e poi se necessario alla Corte di Cassazione, sotto un duplice punto di vista: innanzitutto perchè alla luce delle motivazioni che saranno pubblicate dal Tribunale di Palermo si dovrà verificare la compatibilità delle tesi dei giudici palermitani, che hanno evidentemente recepito almeno in parte le tesi della difesa di Salvini, con i precedenti pronunciamenti della Corte di Cassazione e di diversi Tribunali, nei quali, a partire dal caso Rackete (sentenza n.6626/2020) si riconosceva che le operazioni di soccorso in mare non possono che concludersi con lo sbarco nel porto sicuro del paese che aveva assunto, seppure non dall’inizio delle attività di ricerca e salvataggio (SAR), il coordinamento previsto dalle Convenzioni internazionali di diritto del mare.
Come si era indubbiamente verificato nel caso Open Arms, dopo il decreto del TAR Lazio che il 14 agosto del 2019 sospendeva il divieto di ingresso nelle acque territoriali adottato dal ministro dell’interno agli inizi di agosto di quell’anno, subito dopo il primo soccorso.
Non si vede come dietro la formula “il fatto non sussiste”, al di là degli elementi soggettivi e dei nessi di causalità, si siano ritenute irrilevanti risultanze di fatto che erano state analiticamente esposte dalla Procura ed ampiamente documentate con il concorso delle parti civili nel corso del procedimento.
Sarà importante capire se la sentenza del Tribunale di Palermo sul caso Salvini/Open Arms passerà in giudicato o se sarà riformata in ulteriori gradi di giudizio. Perchè comunque contiene un principio in contrasto con una consolidata giurisprudenza dei Tribunali che hanno finora archiviato tutti i procedimenti penali avviati contro le Organizzazioni non governative. In sostanza, se la sentenza del Tribunale di Palermo passasse in giudicato, anche alla luce delle più recenti leggi, come il Decreto Piantedosi (legge n.15/2023) il ministro dell’interno potrebbe vietare se non l’ingresso nelle acque territoriali, adesso espressamente consentito dalla legge, dopo la modifica introdotta dal Dereto Lamorgese (Legge n.130/2020), lo sbarco a terra, in attesa della conclusione delle trattative con lo Stato di bandiera della nave, o con altri paesi dell’Unione europea, al fine di una redistribuzione dei naufraghi già decisa con atti formali prima del loro sbarco a terra. Ed ancora una volta persone particolarmente vulnerabili come i naufraghi si verrebbero a trovare al centro di una negoziazione tra Stati portatori di interessi diversi, in assenza di una chiara normativa europea che renda obbligatoria la redistribuzione.
Problema sul quale si è incagliato anche il recente Patto europeo sulla migrazione e l’ìasilo. Sono queste le ragioni che rendono necessario il ricorso in appello contro una decisione che, al di là delle sue specifiche motivazioni, da valutare in sede di giudizio di secondo grado, potrebbe riaprire un fronte fortemente conflittuale con i paesi membri dell’Unione europea, a scapito dei diritti fondamentali delle persone soccorse in mare. Nel caso specifico dell’Italia, il riconoscimento di un siffatto potere del ministro di vietare lo sbarco di naufraghi soccorsi in acque internazionali si scontrerebbe non solo con il diritto internazionale del mare (in particolare con le Convenzioni SAR e SOLAS recepite dal Regolamento europeo Frontex n.656 del 2014), ma con il dettato costituzionale dell’art.10 della Costituzione che impone l’ingresso nel territorio nazionale in favore delle persone che intendono fare richiesta di asilo, vietando di conseguenza i respingimenti collettivi e la cancellazione delle garanzie procedurali in frontiera che mirano a consentire l’accesso al territorio in vista dell’eventuale riconoscimento di uno status di protezione.
Fulvio Vassallo Paleologo
Avvocato, componente del Collegio del Dottorato in “Diritti umani: evoluzione, tutela, limiti”, presso il Dipartimento di Giurisprudenza di Palermo
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