SGARBI ORA E’ IMPUTATO PER 715.000 EURO DI DEBITI FISCALI
L’ACQUISTO DI UN DIPINTO DA PARTE DELLA COMPAGNA PER 148.000 EURO MENTRE PENDEVANO I DEBITI COL FISCO
Lasciato il ministero, si è aggrappato alla direzione del Mart come un naufrago allo scoglio. Ma sul futuro di Vittorio Sgarbi incombono nuove nubi e un piccolo raggio di sole: la licenza di insultare.
La nuvola più nera di tutte è arrivata ieri a 600 chilometri dal museo di Rovereto e a tre giorni da una riconferma che pare scontata, pur tra mille polemiche: la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per lui e la compagna Sabrina Colle, accusati entrambi di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte per 715 mila euro, come aveva rivelato il Fatto lo scorso ottobre.
L’indagine ruota attorno all’acquisto di un dipinto di Vittorio Zecchin (“Il giardino delle Fate”), acquistato nel 2020 all’asta per 148 mila euro dalla compagna mentre sul critico pendevano i debiti col Fisco. Per gli inquirenti capitolini il reale acquirente era lui, e la simulazione serviva a mettere l’opera al riparo dal Fisco. “La richiesta risulta infondata e priva di pregio”, sostiene l’avvocato di Sgarbi, Gianpaolo Cicconi, secondo il quale all’epoca stava assolvendo al pagamento delle imposte attraverso il saldo delle rate delle rottamazioni-ter e quater. “Inoltre la presunta condotta fraudolenta non può essere ipotizzata per l’assenza del cosiddetto dolo specifico previsto dalla norma. Infine, all’epoca il patrimonio di Sgarbi era notevolmente superiore al debito fiscale”. Evidentemente non la pensa così la Procura di Roma.
La notizia provoca però una scossa dall’altra parte d’Italia, precisamente a Rovereto, nella provincia autonoma di Trento. Dal 2019 Sgarbi presiede il Museo di Arte Moderna e il presidente della provincia di Trento, Maurizio Fugatti, ha chiarito per tempo che “Sgarbi non si tocca”, anticipandone la riconferma che dovrà essere ufficializzata entro il 15 marzo. A nulla sono valse le proteste sull’opportunità del rinnovo dopo il primo mandato iniziato nel 2019. Le incompatibilità che hanno portato alle dimissioni e le indagini giudiziarie scaturite dall’inchiesta congiunta Fatto-Report. Da settimane anche i decantati “trionfi” della direzione Sgarbi sono oggetto di furibonde polemiche. Il 2 marzo, presentando le nuove iniziative tra cui spicca “Arte e fascismo” (dal 14 aprile), Fugatti aveva “promosso a pieni voti” Sgarbi che ha risposto rivendicando 180 mila visitatori registrati nel 2023. Le opposizioni han gioco facile nel far notare come, spendendo meno, i suoi predecessori facessero numeri anche maggiori: a fronte di 3 milioni di euro l’anno in più, le spese complessive sono però salite di oltre il 10%, mentre il numero dei visitatori diminuisce in media del 10%, lambendo solo le vette degli ex direttori (277 mila Ilaria Vescovi, 202 mila Franco Bernabé).
Sgarbi si autoassolve anche dall’accusa di conflitto di interessi per aver messo in mostra 150 opere di sua proprietà, godendo così del maggior valore e delle attività di cura e pulizia (a spese dell’ente, circa 6 mila euro). Sgarbi si consola, da Macerata arriva un raggio di sole per lui. Nel 2019, sempre per una disputa legata al Mart, fu denunciato dall’ora consigliere della Provincia di Trento Alex Marini (M5S) che l’allora parlamentare aveva definito “inetto, depensante e onanista”. La Camera ha dormito sulle autorizzazioni a procedere, il Tribunale lo ha invece assolto riconoscendogli l’esimente dello “stato di ira”.
(da ilfattoquotidiano.it)
Leave a Reply