SI ALLUNGA L’ELENCO DELLE PROCURE PER CUI IL REATO DI CLANDESTINITA’ E’ INCOSTITUZIONALE
ANCHE IL PROCURATORE DI TORINO CASELLI SOLLEVA IL CASO DAVANTI ALLA SUPREMA CORTE… VIOLEREBBE GLI ART. 2, 3 E 25 DELLA COSTITUZIONE… NON ERA QUESTA LA VIA DA SEGUIRE PER PERSEGUIRE I CLANDESTINI
Ormai è sempre più lungo l’elenco delle Procure italiane che hanno contestato la legge sul reato di clandestinità , in vigore dall’8 agosto scorso: per il governo molti magistrati starebbero attuando un vero e proprio boicottaggio della legge, per altri era un fatto prevedibile in quanto la norma aveva in sè i caratteri evidenti dell’incostituzionalità e si è voluto forzare la mano per fare uno spot elettorale.
Indubbiamente la legge, alla prova delle aule di tribunale, sta dimostrando che non funziona, nessuno viene espulso in quanto nessuno viene arrestato, e nessuno quindi è presente al processo. La legge fa acqua da tutte le parti, è inapplicabile e, quando viene contestata a qualcuno, è giusto al poveraccio, non certo a chi delinque abitualmente.
E’ evidente a tutti che nessuno pagherà mai i 5.000 euro di ammenda, così come è chiaro che nessuno lascerà il territorio italiano.
Il governo è riuscito, andando dietro alle elucubrazioni maroniane, non solo a emanare una norma inefficace, ma pure a lasciarsi dietro una valanga di ricorsi per incostituzionalità che alla fine mineranno la credibilità dell’intero pacco sicurezza.
Dopo Pesaro, Bologna, Siracusa e Reggio, per citarne solo alcune, è toccato anche alla procura di Torino di sollevare la questione di costituzionalità della legge.
Il reato di immigrazione clandestina punisce l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
Non è previsto l’arresto ma un’ammenda dai 5.000 ai 10.000 euro, convertibile in espulsione. Secondo il procuratore di Torino, Giancarlo Caselli, la legge contrasta con alcuni articoli della nostra Costituzione, in particolare con il principio di uguaglianza (art. 3), la violazione dei diritti fondamentali dell’essere umano (art.2) e il principio di legalità sotto il profilo della punibilità di condotte materiali ascrivibili alla volontà di un soggetto (art. 25).
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, potrebbe non essere in linea con la Costituzione il fatto che “la nuova norma incriminatrice sanziona, nella sostanza, una mera condizione dello straniero clandestino e cioè il mancato possesso di un titolo abilitativo all’ingresso e alla permanenza nel territorio dello Stato, una condizione che la Corte Costituzionale, nel 2007, ha definito “una condizione soggettiva che di per sè non è sintomatica di particolare pericolosità sociale”.
I dubbi sulla legittimità della legge erano stati sollevati da un giudice di pace di Torino, durante il processo a un immigrato irregolare, un giardiniere egiziano, in Italia da due anni.
L’uomo, sposato regolarmente e padre di una bimba di nove mesi, è stato denunciato dopo essersi presentato negli uffici di polizia, su suggerimento degli operatori sociali, per chiedere il permesso di soggiorno.
In pratica siamo riusciti a bloccare l’unico poveraccio che andava a chiedere informazioni su come mettersi in regola, mai che si trovi uno che delinque ( se non dopo aver commesso un reato).
Siamo riusciti a proporre per l’espulsione un padre di famiglia onesto che lavorava in nero per un italiano, mai che si espelli uno che vive solo di furti e rapine.
Se non fosse una tragedia, sarebbe persino da ridere.
Pensate solo alla conseguenza se la Suprema Corte dichiarasse incostituzionale la legge: saremmo sommersi da valanghe di ricorsi, richieste di danni, altri processi di revisione, annullamenti e uffici in tilt.
Quando per espellere un clandestino bastava la Bossi-Fini se avessimo avuto qualche euro per imbarcarli su un aereo o un traghetto.
Dato che Maroni ha ridotto di 3 miliardi di euro i finanziamenti alle forze dell’ordine, le Questure non hanno un euro per rimpatriare nessuno e si limitano a dare il “foglio di via” con l’invito a lasciare l’Italia entro 5 giorni, monito che non rispetta nessuno.
Poi il problema non è espellere chi lavora in nero, come badanti, colf, muratori e imbianchini: se lavorano onestamente non danno fastidio a nessuno. Il problema è espellere chi delinque quotidianamente, attraverso magari piccoli reati di forte impatto sociale: scippi, furti, rapine, sfruttamento della prostituzione, spaccio di droga.
Intanto quelli condannati andrebbero contestualmente espulsi e si libererebbero 25.000 posti nelle carceri.
Quelli che invece sono a piede libero vanno individuati con un lavoro di intelligence, ma allora bisognerebbe dotare le forze del’ordine di uomini e mezzi adeguati, invece che privarli persino della benzina e dei pezzi di ricambio delle volanti, non pagar loro gli straordinari e dare uno stipendio vergognoso.
Facile farsi belli in Tv e poi costringere gli agenti a “cantare e portare la croce”.
Fa gioco vendersi sui media “il reato di clandestinità ” e la “linea dura”, quando poi non si ha la capacità di trovare i delinquenti e ci si accontenta di espellere due lavoratori in nero.
E magari senza neanche capire che si adottano norme che non reggono costituzionalmente.
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