SICILIA, CASE QUASI GRATIS A CHI LE RISTRUTTURA
LA RINASCITA DEI BORGHI: IMMOBILI ABBANDONATI DATI A CHI SI IMPEGNA A RESTAURARLE
L’idea è geniale, lo slogan è anche meglio: il Comune regala le case.
Funziona così: ci sono vecchi proprietari di ruderi o immobili abbandonati che non vedono l’ora di disfarsene, ci sono acquirenti, giovani coppie o stranieri innamorati dei nostri borghi, prontissimi a ristrutturarli, e ci sono i sindaci ben felici di impedire che i loro paesi cadano a pezzi.
Il primo a parlarne fu sette anni fa Vittorio Sgarbi, che da sindaco di Salemi sposò le provocazioni del suo assessore alla creatività , Oliviero Toscani.
Idea geniale, intrappolata nelle maglie della burocrazia, tentata anche altrove e mai decollata.
Tranne a Gangi, settemila abitanti a mille metri sulle montagne del Palermitano. «Duemila richieste da tutto il mondo, un centinaio di contratti stipulati, una trentina di ristrutturazioni già finite» elenca il sindaco Giuseppe Ferrarello.
«Sei anni fa, quando ho iniziato – prosegue – mi hanno preso per un folle. Figuratevi qui in Sicilia, con l’attaccamento che c’è alla proprietà …».
I primi due anni nessuna risposta, poi qualche segnale, infine il boom.
«Io stesso ho offerto una mia vecchia casa, mi hanno seguito in 14 e dopo è stata una valanga». Ferrarello, in carica dal 2007, ci tiene a sottolineare di averci pensato «prima ancora di Sgarbi» e che a Gangi ha funzionato «perchè il Comune non compra gli immobili, è un semplice intermediario» .
Nel centro storico del paese, spopolato dall’emigrazione, sono state censite 550 case in rovina, soprattutto quelle tipiche a castello, dove un tempo al pian terreno c’era la stalla per l’asino.
Chi le vuole comprare deve pagare l’atto di passaggio, garantire una fideiussione da 5 mila euro, e ha soltanto l’obbligo di ristrutturazione entro tre anni.
«Il primo a farlo è stato un ingegnere di Caltanissetta – dice il primo cittadino – La mia casa è andata invece a un ungherese, una società di Firenze ne ha prese otto per farci un albergo e un ristorante».
Il modello Gangi ieri è stato celebrato dal New York Times , «ma qui sono venuti in tanti, la tv francese, quella cinese, e pure Al Jazeera».
Tutto semplice? «Al contrario, dietro c’è un lavoro bestiale».
Racconta Ferrarello: «C’era un immobile con dieci eredi, alcuni non si conoscevano, altri erano in lite. Li ho chiamati e fatti mettere d’accordo. Una faticaccia, non so quanti altri lo farebbero».
A Carrega Ligure, Alessandria, passato in un secolo da 3600 residenti ad appena 80, ci ha provato Guido Gozzano, sindaco fino a due settimane fa, a salvare le case sparse sull’appennino.
«È stato come il Tuca Tuca di Raffaella Carrà . Bello ma troppo avanti con i tempi» sintetizza con amara ironia.
L’iniziativa «Case a un euro», sul modello della Salemi di Sgarbi, non ha prodotto nessun passaggio di proprietà .
«La burocrazia ci ha ammazzato, abbiamo incontrato problemi terribili – spiega – C’è un patrimonio che potrebbe essere salvato se solo si intervenisse con una legge che riduca o elimini bolli e tassazioni, che semplifichi il processo di esproprio quando i legittimi propietari sono irreperibili, che autorizzi a procedere d’ufficio quando una bene è abbandonato da oltre 20 anni».
Anche Gianluca De Angelis, sindaco di Lecce nei Marsi (L’Aquila), ha deciso di tentare la stessa strada.
Si è ritrovato con alcuni immobili nel centro storico fiaccati dal tempo e affidatigli dai proprietari: messi da poco in vendita in vendita a un prezzo simbolico, l’amministrazione farà da intermediaria.
Chissà che qui, nel Parco dell’Abruzzo, possa funzionare come a Gangi.
Vittorio Sgarbi, nonostante quell’esperienza finita malissimo con le dimissioni e lo scioglimento per mafia, ci crede ancora: «L’intuizione era semplice: tra non fare niente oppure realizzare case nuove ci può essere una soluzione intermedia, non per speculare ma per recuperare seguendo precise linee costruttive».
Allora si fecero tanti nomi di potenziali acquirenti, dai Moratti a Dalla a Miuccia Prada.
Poi la giunta venne spazzata via. A Sgarbi brucia ancora: «In Sicilia il vero nemico non è la mafia ma lo Stato».
Riccardo Bruno
(da “il Corriere della Sera”)
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