SOGNANDO IL QUIRINALE: BERLUSCONI VUOLE FARE IL PADRE DELLA PATRIA, LASCIANDO PALAZZO CHIGI A MONTI
DOPO LO SCAMPATO PERICOLO DELLA SENTENZA MILLS, IL CAVALIERE PRONTO A RIDISCENDERE IN CAMPO ACCORDANDOSI CON MONTI
Tra la primavera e l’estate del fatidico 2013, Giorgio Napolitano avrà 88 anni, Silvio Berlusconi 76, Romano Prodi 73, Mario Monti “appena” 70.
All’indomani delle elezioni politiche (le prime della Terza Repubblica o le ultime della Seconda?), sarà questa la griglia per il nuovo settennato del Quirinale.
E la novità principale riguarda il ritorno di B. nella rosa degli aspiranti dopo il triennio a luci rosse degli scandali sessuali.
Il Giornale di famiglia (Sallusti direttore, Paolo Berlusconi editore) ha messo l’imprimatur a quella che è ormai più di una suggestione: “E adesso il Cavaliere può pensare al Quirinale”. Firmato Paolo Guzzanti.
È il primo effetto del dopo Mills, che rilancia il Cavaliere salvato dalla prescrizione nel ruolo di padre nobile del centrodestra
Chi ha parlato con lui in queste ore spiega: “Da sabato la strada è di nuovo in discesa. Il processo Mills era la pistola fumante per farlo fuori, con l’accusa infamante di corruzione. Adesso resta solo Ruby che in confronto è davvero poco”.
Senza contare che, ieri, un altro giornalista berlusconiano di punta, Giuliano Ferrara sul Foglio, ha profetizzato che B. uscirà indenne anche dal processo per la “nipote di Mubarak” e a quel punto “il cerchio sarà definitivamente quadrato”.
In che senso? Nel senso che Berlusconi farà di tutto per riappropriarsi del suo ruolo di statista senza macchia, alla fine caduto per lo spread e non per il bunga bunga.
A sentire i suoi fedelissimi tutto porta in questa direzione, compresa la strategia delle interviste a getto continuo alla stampa straniera.
Nell’ultima, allo svizzero Corriere del Ticino, rifila il copione delle ultime settimane: sostegno a Monti, difesa del bipolarismo (a parole), Alfano successore, disponibilità verso la Lega.
E lui? Padre nobile che dispensa consigli, mai più candidato-premier. E che assiste compiaciuto ai vari endorsment a suo favore per il Quirinale.
In origine, e un po’ a sorpresa, è stato il sottosegretario all’Economia (tecnico ma anche ex-socialista vicino a Cicchitto) Gianfranco Polillo a sdoganare le voci sulle rinnovate ambizioni di B. per il Quirinale: “Spero vada al Quirinale”.
Giovedì scorso è toccato al segretario del Pdl Angelino Alfano esprimersi: “Io voterei Silvio Berlusconi al Quirinale, ma oggi non lo candido. Sarebbe un gesto di imprudenza farlo oggi e poi mancherei di rispetto verso l’attuale Presidente della Repubblica”. Attenzione.
Le parole di Alfano precedono di due giorni la notizia sulla prescrizione per Mills.
Poi, appunto, il sabato della “strada in discesa” e l’articolo di ieri del Giornale.
Qual è dunque la strategia del Cavaliere per il Quirinale?
La prima opzione è dichiaratamente inciucista (o bipartisan come nello spirito di Onna del 2009, traduzione del dialogo berlusconian-veltroniano) e prevede una riscrittura delle regole istituzionali ed elettorali con il Pd.
In realtà una trappola per il centrosinistra perchè secondo i falchi del Pdl, oggi convertiti tatticamente alla sobrietà , il patto tra Berlusconi e Monti sull’articolo 18 fa sperare nell’implosione del partito di Bersani.
In base a questo schema, i sostenitori della Grande Coalizione (dal Pdl al Pd passando per Casini), sancita da un sistema proporzionale molto tedesco e poco spagnolo, otterrebbero il ritorno di Monti a Palazzo Chigi dopo le elezioni del 2013.
In cambio il Cavaliere farebbe il padre della patria dal Quirinale.
Ci sono due indizi da non sottovalutare in questo scenario descritto da molti nel Transatlantico di Montecitorio.
Il primo: il Professore è un uomo di centro e non accetterebbe mai di fare il candidato di un solo polo.
L’unica condizione che avrebbe posto per continuare il suo impegno a Palazzo Chigi, stavolta con un governo politico non tecnico, è proprio questa: un nuovo esecutivo di solidarietà o salvezza o unità nazionale.
Il secondo indizio conduce alla deflagrazione dei democrat, divisi tra riformista e laburisti, tra Grande Coalizione e foto di Vasto.
E a pagare il prezzo maggiore sarebbe Bersani, ipotetico candidato premier.
Così come dall’altro lato il sacrificato sarebbe Alfano.
Nei piani dei berlusconiani, però, c’è anche una seconda opzione per il Cavaliere al Quirinale: il metodo Napolitano.
Cioè l’elezione a maggioranza, senza accordi, come avvenne con l’attuale capo dello Stato nel 2006.
Dicono: “Il precedente c’è già ”.
In questo caso, il contesto sarebbe diverso: Porcellum ritoccato e bipolarismo intatto. Insomma, c’è un Berlusconi al Colle per tutte le stagioni.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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