SONDAGGIO DEMOS: PD SORPASSA M5S, CALA FORZA ITALIA, LEGA PRECIPITA
PD 32,1%, M5S 28,8%, FORZA ITALIA 11%, LEGA 10.2%, SIN. ITAL. 5,7%, FDI 4,5%, NCD 3,8%
La vicenda di Roma non accenna a risolversi. Tanto più (o meno) a normalizzarsi.
Un anno dopo le dimissioni – forzate – di Ignazio Marino le tensioni politiche restano alte, ma ora coinvolgono la nuova sindaca, Virginia Raggi, e il suo partito. Il M5S. Alla faticosa ricerca, non ancora conclusa, di costruire una Giunta, affidabile e “specchiata”.
Il sondaggio dell’Atlante Politico di Demos di oggi mostra come le polemiche “romane” abbiano indebolito il consenso verso il M5S e rafforzato il Pd di Renzi. Ma non in modo eccessivo.
Anche perchè, nel frattempo, cresce l’attenzione – e l’incertezza – intorno al referendum del prossimo autunno.
Vediamo queste tendenze in modo più analitico. Partendo dagli orientamenti politici. Che, rispetto a giugno, mostrano un calo di alcuni punti del M5S.
Nel voto proporzionale, infatti, il M5S scenderebbe di 3-4 punti, fermandosi al 28,8%. Superato dal Pd, che risalirebbe al 32,1%.
Così le posizioni, dopo la pausa estiva, appaiono rovesciate e simmetriche. Lo stesso avverrebbe nell’ipotesi di ballottaggio. Dove, però, il confronto risulta apertissimo. Vista la distanza davvero limitata fra i due partiti. 52 PD a 48 M5S
La crisi romana del M5S, peraltro, favorisce una ripresa, per quanto limitata, dei consensi al governo, al PDR (Partito di Renzi) e al premier.
Il sostegno per l’azione del governo, infatti, resta elevato e, comunque, stabile.
Il 43%: praticamente inalterato rispetto a un anno fa. Mentre, in base alla fiducia personale nei leader, Renzi si colloca in testa alla graduatoria, con il 44%
Queste tendenze, comunque, non segnano una svolta netta. Un cambiamento del clima d’opinione. Anche se, fra gli elettori, crescono i dubbi sulla capacità del M5S di governare. Non solo il Paese ma anche le città .
Secondo partito, nel voto proporzionale. Tutti gli altri lontanissimi. Fuori gioco.
Forza Italia cala leggermente ma resta il terzo partito con l’11%.
Tracolla la Lega di Salvini che precipita al 10,2% (-1,6%), ormai a rischio segreteria.
Seguono Sinistra Italiana al 5,7%, Fdi al 4,5% e Ncd al 3,8%.
In caso di ballottaggio con il Centrodestra, il M5S non avrebbe problemi.
Così restano in due, PDR e M5S, a contendersi il primato. Governo e contro-governo. Leader e anti-leader. Politica e anti-politica. Che, tuttavia, in questa fase appare una “retorica” politica – di successo.
Se valutiamo la graduatoria della fiducia verso i leader, questa situazione si precisa, in modo evidente.
Dietro al premier, unico a superare il 40%, sono in molti a collocarsi oltre la soglia del 30%. Dentro e fuori il Pd.
Fra i leader del M5S, Di Maio è preferito a Di Battista. Ma di poco: 38% a 35%. Entrambi, però, sono superati da Virginia Raggi. La sindaca di Roma.
Il rumore mediatico e le polemiche intorno a lei, dunque, sembrano favorirla. Le offrono visibilità e, paradossalmente, legittimazione. Presso l’opinione pubblica, infatti, più che un amministratore inadeguato, la Raggi appare il bersaglio di guerre politiche interne ed esterne al M5S. Pardon: al partito. P5S.
Fra i leader degli altri partiti, Giorgia Meloni e Matteo Salvini sono superati da Pierluigi Bersani. Riferimento dell’opposizione interna. Dunque, “dentro” al Pd. Perchè l’ipotesi di una lista a sinistra del Pd raccoglie consensi molto limitati. E non piace neppure ai simpatizzanti di Bersani.
I problemi, per il premier, provengono, semmai, dal referendum sulla riforma costituzionale. Collocato tra fine novembre e inizio dicembre.
L’esito di questa scadenza, infatti, appare incerto.
Il Sì, oggi, prevarrebbe di pochi punti. E anche se Renzi sta cercando di ridimensionarne la connotazione “personale”, la maggioranza degli elettori continua a percepirlo come una verifica politica diretta. Su di lui e il suo governo.
Peraltro, e per contro, il fronte del No non dispone di figure in grado di imprimere una spinta propulsiva determinante.
Semmai, è vero il contrario. Massimo D’Alema, in particolare, che ha formato un “Comitato Nazionale per il No”, ottiene un livello di consensi molto limitato: 24%. (Non solo a causa del referendum probabilmente.)
Meno di Silvio Berlusconi e Stefano Parisi. Il fondatore di Forza Italia e il suo erede. In fondo alla graduatoria dei leader. A conferma del declino forzista.
(da agenzie)
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