SOS MEDICI: CAMICI BIANCHI E INFERMIERI DIVENTANO PIU’ ANZIANI E SONO SEMPRE MENO
TRA INABILITA’ AL LAVORO E ASSENZE PER MALATTIA E’ UNA VERA EMERGENZA
Sono sempre di meno e sempre più vecchi: così, tra i medici e gli infermieri fioccano le assenze per malattia e cause varie, mentre più di uno su dieci al lavoro ci va, ma con un certificato in mano di inabilità a fare questo e quest’altro. A svelare l’altra faccia dell’emergenza personale nei nostri ospedali è un’indagine condotta dalla Fiaso, la Federazione di Asl e ospedali.
Gli ultimi dati disponibili dicono che il 56% dei camici bianchi ha più di 55 anni di età, e la percentuale scende di poco quando si parla degli infermieri. Il problema è che fare turni massacranti e turare le falle in pianta organica non è propriamente un mestiere per vecchi. E infatti tra i professionisti sanitari che lavorano nelle strutture pubbliche molti lo fanno a mezzo servizio.
Poi come sempre le cose variano da un’area all’altra del Paese, come lamenta il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto. «Qui in Calabria abbiamo scoperto più di mille infermieri inidonei, pagati per non lavorare perché giudicati inabili dai medici. Una scoperta fatta quando ho predisposto il piano di assunzioni e mi sono sentito dire che potevamo assumere solo mille infermieri perché mille erano in pianta organica ma dichiarati inabili».
Quel che insospettisce Occhiuto è il fatto che in alcune aziende c’è una percentuale di inabili 4-5 volte più alta della media nazionale. Che già di per se è di tutto rispetto.
50mila inabili al lavoro in corsia
L’11,8% dei dipendenti inquadrati nei ruoli sanitari del nostro Ssn ha infatti qualche limitazione nel lavoro. Solo nel 2019 era l’8,6%. Calcolando che gli infermieri sono 280mila, i medici altri 110mila e gli operatori socio sanitari 66mila, quell’11,6%, che così dice poco, equivale a un esercito di circa 50mila sanitari parzialmente inabili al lavoro. Limitazioni che in quasi la metà dei casi riguardano l’impossibilità di movimentare pazienti o carichi di qualunque tipo, che per un infermiere o un operatore socio-sanitario equivale a dire poter fare poco o niente.
Al secondo posto viene l’impossibilità di coprire i turni notturni o di garantire la reperibilità. Due cose di cui c’è estremo bisogno in un sistema sanitario a corto di risorse umane. Ma c’è anche un 5% di chi ha limitazioni di tipo psichiatrico, psicosociale o comunque da stress. Dato in crescita del 40% nell’ultimo anno e che trova riscontro in un’altra indagine condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri, Fadoi, che mesi fa rilevava come oltre la metà dei medici fossero in burn-out, ossia soffrisse appunto di stress, oltre che di insonnia e disturbi vari.
Assenze per malattia
Anche in fatto di assenze non si scherza: tra giustificativi vari, l’indagine di Fiaso ne ha contate 83mila, circa un terzo in più di quelle verificatesi nel 2019. In quasi la metà dei casi si tratta di assenze per malattia. Seguono le assenze per maternità, che proiettando i dati del campione Fiaso sul totale dei 456mila dipendenti del ruolo sanitario sarebbero circa 18mila, mentre in 12mila usufruiscono della legge 104.
O per il proprio stato di salute, o per quello dei propri cari, che quando si è in là negli anni si presuppone abbiano un’età così avanzata da avere bisogno di una costante assistenza. E anche questo rende difficile essere sempre efficienti e presenti al lavoro.
Sono invece circa seimila i sanitari che per una ragione o per l’altra si sono messi in aspettativa e quasi 5mila quelli che usufruiscono di permessi vari. Uno stuolo di professionisti che gira a scartamento ridotto, mentre secondo le stime di Fiaso in pianta organica mancherebbero 10mila medici e 20mila infermieri. Numeri tra l’altro lontani da quelli ben più allarmanti forniti fino ad oggi da sindacati medici e Federazione degli Ordini infermieristici. Con i primi che lamentano una carenza di 25mila camici bianchi mentre gli infermieri in meno sarebbero addirittura 80mila, considerando quelli che dovrebbero andare a lavorare nelle nuove strutture territoriali finanziate del Pnrr e gli infermieri di famiglia, sui quali dovrebbe poggiarsi l’assistenza domiciliare ad anziani e fragili.
«Se il quadro della carenza di personale è questo – dice Giovanni Migliore, Presidente di Fiaso – la soluzione non è quella di elevare l’età di pensionamento dei medici a 72 anni, come proposto da un emendamento al decreto liste di attesa. Nei pronto soccorso, dove c’è forte carenza, non manderemo mai a lavorare professionisti di quell’età. Il problema più grave resta però la carenza di infermieri, che certamente non riusciremo formare nel numero che occorre nei prossimi tre anni. Per cui -conclude- è necessario ricorrere a qualsiasi soluzione, anche aprendo le porte agli stranieri, garantendo comunque la sicurezza delle cure».
Ospedali chiusi per ferie
Ma se in tempi normali gli ospedali, tra carenze di organico, inabili e assenti vanno in affanno, con le ferie estive il sistema va del tutto in tilt, come se le malattie andassero in vacanza. Cosa che tra giugno e settembre fa oltre il 91% del personale, secondo una indagine Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri. Questo comporta una riduzione degli organici in reparto che varia tra il 21 e il 30% nel 48% dei casi, tra il 30 e il 50% nel 19,4% dei reparti, mentre la carenza è tra l’11 e il 20% in un altro 21,8% dei casi.
Per chi resta in servizio, il volume di lavoro aumenta nel 42,7% dei casi e ciò incide «abbastanza» sull’assistenza offerta ai cittadini nel 51% dei nosocomi, «molto» in un altro 15,5%, «poco» nel 21,2% dei reparti, «per nulla» soltanto nel 6,3%. A risentirne nello specifico sono le attività ambulatoriali, che diminuiscono le loro attività nel 52,7% dei casi e chiudono del tutto per ferie in un altro 15,1% degli ospedali.
(da lastampa.it)
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