STOP ALL’ARRIVO DI SCIMMIE CAVIA: LA HARLAN SI ARRENDE AGLI ANIMALISTI
BLITZ DEGLI ANIMALISTI CON L’EX MINISTRO BRAMBILLA NELLO STABILIMENTO DELLA MULTINAZIONALE IN BRIANZA… NON ARRIVERANNO ALTRE SCIMMIE PER GLI ESPERIMENTI
Questo (non) è un paese per scimmie.
La notizia – nei prossimi giorni converrà verificarla attentamente – arriva alle sette e mezzo della sera, dopo il blitz delle felpe nere animaliste dentro i laboratori della Harlan a Correzzana: l’invio nello stabilimento della multinazionale americana di altri 750 macachi destinati alla sperimentazione – i primi 104, come rivelato da Repubblica, che ha sollevato il caso, sono stati importati dalla Cina il 21 febbraio – è stato bloccato.
Lo ha garantito il presidente di Harlan, David Broken, parlando al telefono da Minneapolis con Michela Vittoria Brambilla.
L’ex ministro del Turismo, qui in veste di animalista, è l’unica, oltre a tre militanti di ‘100% animalisti’ – ma loro hanno scavalcato facendo irruzione nell’azienda – che è riuscita, dopo una lunga trattativa, a entrare nei capannoni di Correzzana.
«Il numero uno di Harlan mi ha assicurato che non arriveranno altre scimmie – ha spiegato Brambilla – Venerdì Broken verrà in Italia e ci incontreremo, ha promesso che si troverà anche una soluzione per salvare la vita ai 104 esemplari che si trovano già qui».
L’annuncio, che ha un po’ placato, almeno per ora, la massiccia ondata di proteste del fronte animalista, è giunto alla fine di una giornata ad alta tensione: alle tre del pomeriggio una ventina di militanti dell’ associazione ‘100% animalisti’, felpe nere e striscioni contro Harlan, si sono presentati davanti all’allevamento brianzolo della multinazionale (uno dei tre presenti in Italia).
Mentre l’ex ministro Brambilla veniva rimbalzata al citofono dell’azienda, in tre hanno scavalcato i cancelli e, di fronte ai carabinieri, hanno raggiunto i capannoni che ospitano i laboratori e gli stabulari dove sono rinchiusi migliaia di animali – soprattutto roditori, oltre a 150 scimmie.
I militanti sono riusciti e penetrare all’interno dello stabilimento e a introdursi in uno dei laboratori: ma l’area dei macachi era stata isolata, impossibile da raggiungere.
«L’avevamo promesso e lo abbiamo fatto, la nostra è stata un’azione dimostrativa necessaria – dice Paolo Mocavero, leader degli ultrà animalisti – Il massacro degli animali da sperimentazione e da vivisezione è una vergogna non più tollerabile». L’incursione è durata una decina di minuti, dopodichè i militanti, che inizialmente erano stati bloccati dentro il capannone, sono usciti e si sono trovati di fronte altri carabinieri giunti in rinforzo.
Applausi delle decine di animalisti.
Sono 900 i primati importati dalla Harlan e destinati a laboratori pubblici e privati, ospedali, università , centri di ricerca italiani e stranieri: un carico straordinario, proveniente dalla Cina via Roma-Fiumicino, autorizzato dal ministero della Salute con un decreto del 31 gennaio 2012.
E’ stato lo stesso ministro Renato Balduzzi – dopo la denuncia del nostro giornale – a disporre ispezioni immediate alla Harlan e un monitoraggio.
Due giorni dopo a Correzzana sono arrivati i Nas, che non hanno accertato irregolarità nè nelle procedure di importazione dei macachi (la maggior parte prelevati in natura alle isole Mauritius) nè per quanto riguarda le loro condizioni (gli ultimi arrivati sono in quarantena).
La vicenda delle 900 scimmie – sulla quale la Procura di Monza ha aperto un’inchiesta – ha diviso il mondo scientifico: da una parte Umberto Veronesi, secondo il quale non c’è nessuna ragione perchè si debbano sacrificare dei primati per la ricerca.
Dall’altra Silvio Garattini, che difende, in quanto necessaria, la sperimentazione (anche) sulle scimmie.
A dirimere il dibattito, almeno in Lombardia, potrebbe essere – se verrà approvata come sembra – una legge regionale che vieta l’allevamento di primati (oltre a cani e gatti) in tutto il territorio lombardo.
«Fra qualche settimana la legge entrerà in vigore – dice Brambilla – a quel punto aziende come Harlan non potranno più operare qui».
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica“)
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