SUL NAUFRAGIO DI CUTRO QUALCUNO NON STA DICENDO LA VERITÀ
GLI ATTI DELLA PROCURA: L’IMBARCAZIONE ERA MONITORATA DA 38 MINUTI, EPPURE LA GUARDIA DI FINANZA SOSTENEVA DI NON AVERLA VISTA SUI RADAR… PERCHÉ NON È STATA ALLERTATA PRIMA LA GUARDIA COSTIERA ED È PARTITA UNA VEDETTA DELLE FIAMME GIALLE, NON IN GRADO DI NAVIGARE IN QUELLE CONDIZIONI, PER UNA MISSIONE DI “LAW ENFORCEMENT”?
Alle 3,58 della notte tra il 25 e il 26 febbraio scorsi, mentre il mar Jonio settentrionale si era fatto scuro sferzato da onde alte due metri e il caicco “Summer Love” con a bordo 200 migranti […] stava per schiantarsi in una secca a Steccato di Cutro «intercorreva una conversazione tra un operatore della sala operativa del Roan (reparto operativo della Guardia di Finanza) e un collega della guardia costiera di Reggio Calabria ».
Il primo dice al secondo: «Sul radar non battiamo nulla». La motovedetta delle Fiamme Gialle rientra in porto. Venti minuti dopo la prua dell’imbarcazione andrà a sbattere contro un fondale sabbioso: gente in mare appesa a stracci di legno, bambini che affogano, urla, pianti, morte. In novantaquattro perderanno la vita, uno su 3 erano minori e «alcuni neonati» precisano gli inquirenti. L’apocalisse, appunto.
Il primo mistero del naufragio inizia qui.
Perché – si legge agli atti del decreto di perquisizione a carico di tre ufficiali e sottoufficiali della Finanza – «dall’analisi delle tracce del radar emerge che il natante oggetto di segnalazione era stato agganciato per la prima volta alle 3,34. Distava 6,3 km dalla costa di Le Castella e 13,51 km dalla foce del torrente Tacina dove avverrà il naufragio». Aggiunta: «La barca veniva monitorata per circa 38 minuti». Perché alle 3,58 tutti dicono di non aver visto nulla «sebbene – chiosano gli investigatori – il target fosse monitorato da circa 24 minuti?».
E perché, ancora, alle 3, 50 nella relazione di servizio redatta da un colonnello indagato e «nel brogliaccio di sala» si legge che «è stato agganciato un bersaglio non immediatamente riconducibile all’imbarcazione»? Magari qualcuno avrà pensato a un falso obiettivo (“ombre”, si dice in gergo investigativo), ma ciò che è certo è che quel “bersaglio” era la “Summer Love” che alle 4,02 – orario dell ‘ultimo aggancio radar – dista 3,6 km dalla secca della morte.
Sul fatto infine che si sia sostenuto che non vi fosse la certezza che su quel caicco viaggiassero migranti è smentito dal fatto che «l’intervento 533» viene registrato a fascicolo dalla Guardia Costiera come «evento migratorio».
Proprio per queste anomalie «e per comprendere le ragioni di queste scelte operative, del ritardo accumulato dalla Finanza e nella mancata comunicazione della posizione della barca alla Capitaneria di porto» la procura ha cercato di acquisire le comunicazioni di servizio intercorse tra i finanzieri sui server in uso al loro corpo di appartenenza.
Risultato? «Non veniva ritrovata alcuna traccia audio». Non solo: ad attirare l’attenzione è un dettaglio non di poco conto che ha spinto i pm a incaricare i carabinieri di fare la copia forense del contenuto dei telefonini dei militari «visto che gli indagati, quella notte e per comunicare sui fatti, hanno utilizzato cellulari personali».
Altre ombre: perché alle 23,49, un’ora e 25 minuti dopo la segnalazione fatta dall’aereo “Eagle 1” di Frontex, gli operatori delle Fiamme Gialle riferivano alla sala operativa della Capitaneria di porto dell’avvenuto impiego della vedetta “5006 ” per una missione di Law Enforcement sebbene sia poi «lo stesso comandante della vedetta a scrivere nella relazione che in quei momenti l’imbarcazione, lungi dall’essere in navigazione alla ricerca del target si trovava in realtà all’interno del porto di Crotone».
Già alle 21, peraltro, si era capito che la vedetta 5006 «non sarebbe riuscita a navigare viste le condizioni meteo pessime». Per questo [è stato] avvertito il pattugliatore” Di diverso tenore il commento dell’avvocato Francesco Verri, legale in pool, di una trentina di famiglie delle vittime: «La Finanza ha detto che stava cercando la nave di migranti e, secondo la procura, era in porto coi mezzi fermi. Ha visto la barca nei radar e non è intervenuta. Non ha fatto niente».
E la Guardia Costiera? «Ha impiegato un’ora e mezzo da terra per percorrere in auto un tratto di strada che, di notte, richiede 20 minuti. Via mare è arrivata […] a Steccato dopo due ore e cinquanta dallo schianto. Quando la barca si è inabissata […], sulla spiaggia non c’era l’esercito per identificare e arrestare gli scafisti ma due pescatori». In definitiva: «Doveva partire una missione di soccorso».
(da La Stampa)
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