SUL PNRR UNA REVISIONE TIRA L’ALTRA: ALLA FINE DEL PIANO MANCANO 18 MESI E, VISTI I RITARDI, IL GOVERNO PRESENTERÀ UNA QUINTA MODIFICA DEL PIANO PER EVITARE UNA FIGURACCIA
I LAVORI PER UNA SERIE DI INFRASTRUTTURE VERRANNO RIPROGRAMMATI, A RISCHIO 17 MILA POSTI NEGLI ASILI NIDO. IN GRAVE RITARDO I NUOVI OSPEDALI AL SUD… INVESTITO SOLO IL 30% DEI FONDI
Nonostante la revisione dell’anno passato il Pnrr stenta a decollare. Secondo l’ultimo monitoraggio effettuato dalla fondazione Openpolis, da mesi in pressing sul governo per ottenere dati aggiornati, a un anno e mezzo dalla scadenza del piano gli investimenti realizzati non arrivano nemmeno ad un terzo dei fondi che l’Europa ci ha messo a disposizione: in base ai dati aggiornati allo scorso 13 dicembre siamo infatti al 30,5%, ovvero a 58,6 miliardi di euro su un totale di 194,4.
Stando al ministro degli Affari europei Tommaso Foti, in realtà saremmo già oltre quota 64 miliardi, ma è un dato di fatto che un anno fa eravamo in ritardo e oggi lo siamo ancora. Da mettere a terra ci sono ben 269.299 progetti e ora ci si rende conto che forse sono troppi.
Secondo la Svimez il Sud ha realizzato solamente i 30% dei progetti relativi a ospedali, case di comunità e telemedicina contro il 72,7% del Nord. Per quanto riguarda i comuni, invece, i progetti esecutivi più in ritardo riguardano gli impianti per il trattamento dei rifiuti con appena l’11% dei lavori avviati al Sud ed il 27% al Nord ma anche la realizzazione di nuovi asili avanza a fatica.
A conti fatti le Regioni, con l’82,3% dei progetti avviati al Nord ed il 64% al Sud, hanno fatto meglio dei comuni arrivati rispettivamente al 75,9 ed al 50%.
Stando a Openpolis il settore messo peggio è quello della Pa (10 progetti in tutto) dove sono stati investiti appena 37,8 milioni su 535,5 (7,6%). Molto male anche la voce “Transizione ecologica”, dove la spesa per 8.568 progetti è ferma all’8,46% (3,2 miliardi su 37,3). Questo perché nel campo della tutela del territorio sono stati investiti appena 1,6 miliardi su 10, nelle rinnovabili nemmeno 50 milioni su 8,6 miliardi, 202 milioni nell’economia circolare anziché 2,1 miliardi.
Cultura e turismo si fermano invece all’11,25% (552 milioni), il programma a favore dell’inclusione sociale arriva al 13,69% (799,8 milioni) coi progetti nel campo della disabilità che però annaspano al 3,81% (spesi appena 19,1 milioni su 500).
Anche i programmi nel campo della salute faticano ad avanzare: a fine 2024 con 10.084 progetti in corso erano stati infatti investiti solo 2,3 miliardi su 15,6. In ritardissimo soprattutto quelli sulla medicina territoriale fermi all’11,32% (877,2 milioni).
Quasi non pervenuti quelli in ricerca e formazione (stanziati 1,3 miliardi, speso solo il 2,36%). Poco più di un terzo dei progetti del Pnrr riguarda la digitalizzazione: in questo campo le riforme sono state realizzate al 100%, gli investimenti invece arrivano appena al 22,31% (3 miliardi anziché 13,1).
Su scuola, università e ricerca si contano in tutto 59.501 progetti: finora sono stati spesi 7,4 miliardi (26,21%) per cui ne restano altri 21 da investire, soprattutto sul fronte delle 25.229 strutture scolastiche inserite nel Pnrr dove la spesa è al 27,79% dei 12,1 miliardi disponibili. Va meglio nel campo della Giustizia, dove però erano previsti appena 5 progetti e dove è stato già investito 1 miliardo pari al 42,66% del totale
Infine il capitolo “Imprese e lavoro” dove gli investimenti hanno raggiunto quota 47,33% con la messa a terra di 15,8 miliardi su 33,3. Ma questo risultato lo si deve essenzialmente ai programmi dedicati a competitività e innovazione che grazie alle imprese private destinatarie degli incentivi è stato possibile investire 14,2 miliardi su 17,9 (79,08%). Perché di contro alla voce “lavoro” la spesa di ferma al 9,95% (668 milioni), mentre l’agricoltura arriva appena al 2,47% dei 5,9 miliardi messi a bilancio.
Dati non positivi, insomma, che secondo Openpolis confermano le difficoltà e i ritardi che da mesi vengono denunciati, e «che contraddicono il tono trionfalistico sul Pnrr della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dell’ex ministro Raffaele Fitto, oggi diventato commissario europeo».
(da La Stampa)
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