TERREMOTO E RICOSTRUZIONE: “A SUMATRA MEGLIO CHE ALL’AQUILA”
UNA RICERCA DI TRE UNIVERSITA’ SVELA I NUMERI DEL POST SISMA E LA RESPONSABILITA’ DI CHI HA GESTITO L’EMERGENZA… “LA CALAMITA’ E’ STATA GESTITA IN MODO PATERNALISTICO E CENTRALISTA”…PER IL 70% DEGLI ABITANTI LA COMUNITA’ E’ MORTA QUELLA NOTTE
“In Indonesia la ricostruzione dopo il terremoto procede meglio che a L’Aquila”. E’ la conclusione di David Alexander, tra i massimi esperti europei di grandi disastri e curatore di una ricerca (che ha coinvolto tre atenei italiani) sul post terremoto in Abruzzo.
Moltissimi casi di depressione, crisi occupazionale, crescente utilizzo di alcool e droghe.
Sono soltanto alcuni dei problemi che il terremoto ha lasciato in eredità alla provincia aquilana, dove la ricostruzione è ancora un miraggio.
Le colpe non mancano. “La calamità è stata affrontata in modo paternalistico e centralista — dichiara Alexander — ma gli scandali che hanno travolto la protezione civile di Bertolaso forse spiegano quelle scelte”.
“Nonostante l’Indonesia sia un paese in via di sviluppo e le risorse siano limitate, a Sumatra la ricostruzione procede con maggiore razionalità che in Italia”.
Le riflessioni di David Alexander seguono le conclusioni della ricerca ‘Microdis’, di cui è coordinatore.
Il progetto — che ha coinvolto l’Università di Firenze, l’Università Politecnica delle Marche e quella dell’Aquila — si è concluso alla fine del 2010 e ha riguardato un campione di 15 mila terremotati e centinaia di edifici.
E i risultati parlano chiaro.
Il 71% di loro dichiara che la comunità è morta con l’arrivo del terremoto.
A mancare sono soprattutto i servizi di base e i collegamenti del trasporto pubblico.
Il dato riguarda oltre il 50% degli alloggi esaminati.
E circa il 35% dei complessi residenziali hanno servizi igienici in cattiva condizione.
Inoltre, il 73% dei residenti lamenta l’assenza totale di ritrovi pubblici.
Accade così che nelle ‘new town’ volute da Silvio Berlusconi i giovani tra i 18 e i 30 anni non socializzano, e l’Università dell’Aquila ha registrato un calo delle iscrizioni del 6%.
Ma c’è di più: il 68% degli intervistati vorrebbe lasciare al più presto l’attuale abitazione.
“Sono dati sconfortanti — commenta il professor Alexander — che evidenziano l’assenza di una pianificazione della ripresa nel lungo periodo”.
Distruzione del tessuto sociale.
Di questo parla lo studioso inglese.
E le conseguenze sono immediate. In tutta la provincia aquilana è in atto un forte incremento della disoccupazione, salita di quasi sei punti percentuali.
Secondo la ricerca, prima del sisma il il 71% degli abitanti aveva un lavoro.
A due anni dal terremoto siamo passati al 65%.
Dopo la tragedia, in tanti hanno dovuto trovare una nuova occupazione, ma tra questi il 45% oggi è disoccupato.
Quasi non bastasse, il 46% del campione denuncia un sensibile calo del reddito.
Tra i dati raccolti dalla ricerca ‘Microdis’ anche i disagi che riguardano la salute. Soffre o ha sofferto di stress il 43% dei terremotati, ma tra le donne il dato raggiunge il 66%.
Aumentano i casi di depressione, effetto del senso di isolamento e dell’emarginazione che riduce le prospettive per il futuro.
Secondo il professore inglese, gli effetti ai quali assistiamo si potevano arginare. “In quelli che dovevano essere degli alloggi provvisori — spiega Alexander — si sono investiti molti soldi. Si è voluto addirittura dotarli di isolamento basale antisismico nonostante i costi fossero ingenti. In compenso è stato fatto pochissimo sul fronte dei servizi di base e ancora meno su quello della ricostruzione. Oggi l’Abruzzo conta sedici centri storici completamente abbandonati — continua — e un tessuto sociale forse irrecuperabile”.
Alexander punta il dito contro la gestione dell’emergenza del governo Berlusconi, che considera paternalistica e centralista.
“In Italia esiste una forte tendenza all’assistenzialismo — spiega — che consente di stupire nell’immediato e di raccogliere consensi”.
E, chissà , di procurare agli amici ottimi affari.
È la cosiddetta ‘strategia del fare’, quella che a fine 2009 Berlusconi cerca di perfezionare con la privatizzazione della Protezione Civile tramite decreto governativo.
Poi qualcosa va storto e gli scandali travolgono tutto, compreso l’enfant prodige di Berlusconi, il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso.
“L’assistenza nel post terremoto andrebbe separata dalla ricostruzione — spiega Alexander — e la Protezione Civile, occupandosi della prima, non dovrebbe interferire nella seconda. Inoltre, l’esperienza mondiale ci dice che va dato più potere alle comunità locali, a chi ha un diretto interesse nella ricostruzione. Questa è oggi la tendenza nei paesi sviluppati”.
Ma in Italia le cose vanno diversamente, e le intercettazioni pubblicate la scorsa estate dai giornali hanno dimostrato che l’onnipresenza di Bertolaso e della Protezione Civile permetteva ai soliti noti di gestire in modo discrezionale molti dei milioni destinati ad appalti pubblici.
Quando tornerà la normalità a L’Aquila?
“A questo punto è impossibile dire quanto ci vorrà ”, conclude Alexander. “Potrebbero volerci decenni per il reinsediamento dei tessuti urbani. In una regione in cui è vitale, il tessuto sociale è stato guastato. È un danno riparabile?”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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