TOTI MOLLA LA POLTRONA? IL GOVERNATORE (AI DOMICILIARI PER LE ACCUSE DI CORRUZIONE) PENSA ALLE DIMISSIONI GIÀ NEI PROSSIMI GIORNI: SI SENTE ABBANDONATO DAL CENTRODESTRA
LO HANNO INFASTIDITO LE DICHIARAZIONI CON LE QUALI IL PRESIDENTE AD INTERIM DELLA GIUNTA LIGURE, IL LEGHISTA ALESSANDRO PIANA, HA SOLLEVATO DUBBI SUL RIGASSIFICATORE A VADO LIGURE, A FAVORE DEL QUALE TOTI SI È MOLTO BATTUTO – L’INCONTRO SALTATO CON SALVINI NON È STATO PIÙ RIPROGRAMMATO – LO SCENARIO DEL VOTO IN AUTUNNO
Potrebbero essere gli ultimi giorni di Giovanni Toti alla guida della Regione Liguria. Più dei due mesi e mezzo che ha già trascorso agli arresti domiciliari, resistendo tenacemente e con orgoglio protestandosi innocente, più della drammatica possibilità di restare rinchiuso ancora a lungo nella sua casa di Ameglia (La Spezia),
A convincerlo che vanno prese seriamente in considerazione le dimissioni è il «vuoto politico» che, al di là delle manifestazioni di solidarietà di facciata, prova intorno a sé con la netta sensazione di essere stato abbandonato dagli alleati di centrodestra, dice chi è a stretto contatto con lui collocando la decisione «nei prossimi giorni»
Dall’arresto del 7 maggio per le presunte tangenti che, secondo la Procura, avrebbe ricevuto dall’imprenditore portuale Aldo Spinelli sotto forma di finanziamenti legali per 74 mila euro ai suoi comitati elettorali, attraverso il suo avvocato Stefano Savi, Toti ha ripetuto come un mantra che qualunque decisione, a cominciare dalle dimissioni dalla carica che ricopre da due mandati, l’avrebbe presa solo dopo aver consultato i suoi collaboratori, i vertici di Noi Moderati, il suo partito e gli alleati liguri e nazionali.
I primi incontri «politici» che ha potuto fare nella villetta familiare di Ameglia, grazie alla inusuale autorizzazione che gli ha concesso il gip Paola Faggioni, sembravano averlo rafforzato nella convinzione di non mollare, di fare una battaglia di principio restando nell’alveo della moderazione, ma alcune recenti iniziative degli alleati in Regione lo hanno irritato, spiega una fonte genovese.
Lo hanno infastidito le dichiarazioni con le quali il presidente ad interim della giunta ligure Alessandro Piana (Lega) ha sollevato dubbi sul rigassificatore a Vado Ligure, a favore del quale lui si è molto battuto.
Così come non gli è piaciuta la decisione (pare revocata) degli altri partiti di riunirsi venerdì prossimo, ovviamente in sua assenza forzata, per «analizzare le implicazioni politiche e amministrative e garantire la continuità e l’efficienza nella gestione della Regione».
Soprattutto perché presa alla «luce dei recenti sviluppi, che hanno coinvolto il presidente Giovanni Toti», che nuovi non sono perché la seconda ordinanza ai domiciliari per violazione della legge sul finanziamento dei partiti rilegge in un modo diverso gli stessi fatti che già sono contestati come corruzione. Si sarebbe aspettato più lealtà quando l’ordinanza gli è stata notificata proprio il giorno della manifestazione con cui il centrosinistra chiedeva le sue dimissioni.
Questo quadro mette in forse, si dice negli ambienti «totiani», l’incontro con il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini che non è stato più riprogrammato dopo essere saltato venerdì scorso perché Toti doveva essere interrogato sulle nuove accuse. Il governatore sente che è arrivato il momento di affrontare una situazione in stallo sia sul fronte politico che su quello, non meno importante, giudiziario.
Da subito dopo gli arresti del 7 maggio, negli uffici della Procura diretta da Nicola Piacente si sta valutando se chiedere per Toti, Spinelli e per l’ex presidente dell’Autorità portuale Paolo Signorini, tutti in custodia ai domiciliari, il giudizio immediato «cautelare» che si svolge con gli imputati che restano in stato di detenzione per l’intero processo.
Per scongiurare questa prospettiva, Toti dovrebbe dimettersi dalla carica perché così, molto probabilmente, tornerebbe libero. La sua non sarebbe una semplice minaccia, assicurano i suoi
(da Corriere della Sera )
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