TRA GLI “SCHIAVI DELLE ARANCE” NELLE CAMPAGNE SICILIANE: IL RAPPORTO DI FILIERA SPORCA
“IN ITALIA C’E’ ANCORA LO SCHIAVISMO, SI CHIAMA CAPORALATO”… OTTO ORE DI LAVORO PER 10-20 EURO AL GIORNO
Raccolgono arance da succo dalle 8 del mattino alle 4 del pomeriggio per 10 o 20 euro al giorno, a seconda del periodo.
Nelle campagne siciliane il caporalato e gli abusi sui migranti sono una realtà che assume le forme di una nuova schiavitù.
Il prezzo delle arance da succo quest’anno è sceso al minimo storico di 7 centesimi al chilo. Senza di loro quelle arance non sarebbero state raccolte.
A denunciare lo sfruttamento di lavoratori italiani e richiedenti asilo appena sbarcati in Italia è Filiera Sporca — Terra!Onlus, daSud e Terrelibere.org nel secondo rapporto #FilieraSporca dal titolo “La raccolta dei Rifugiati. Trasparenza di Filiera e responsabilità sociale delle aziende”.
I promotori della campagna hanno scoperto che quest’anno la raccolta delle arance nella piana di Catania è stata fatta anche dai richiedenti asilo del Cara di Mineo, il centro di accoglienza più grande d’Europa.
Non potrebbero lavorare perchè privi del permesso provvisorio, ma tutto a Mineo avviene alla luce del sole.
Non solo migranti. Gli “schiavi delle arance” sono anche italiani.
“Negli ultimi tempi” – denuncia l’associazione – “è diventata persino una prassi per le aziende riprendersi il bonus Irpef, introdotto da Renzi nel 2014, di 80 euro al mese. Alcuni lavoratori hanno sottoscritto dei moduli di rinuncia al bonus, richiedendo poi solo successivamente il conguaglio in sede di dichiarazione dei redditi. Ed è proprio la crisi del settore degli agrumi (il 4% del Pil agricolo nazionale, 120mila lavoratori) che si incrocia con l’aumento delle importazioni da Spagna (60%), Egitto e Marocco. In Sicilia negli ultimi 15 anni sono stati persi oltre 30mila ettari di superfici agrumetate perchè gli agricoltori hanno rinunciato al lavoro e hanno venduto le terre, un fenomeno di “landgrabbing” all’italiana”.
Così il settore agrumicolo ha scaricato il peso della crisi sui lavoratori, come dimostra la scomposizione del prezzo delle arance, si legge nel rapport.
“Un chilo di arance per il mercato del fresco vengono pagate al produttore tra i 13 e i 15 centesimi, di cui solo 8 /9 vanno ai lavoratori, fino a scendere a 3/4 per i braccianti in nero, che arrivano a 2 per gli stagionali di Rosarno. Il prodotto al supermercato viene venduto a 1,10-1,40 euro, di cui il 35-50% è costituito dal ricarico della grande distribuzione organizzata (Gdo)”.
L’associazione pone l’attenzione sul ruolo della Grande Distribuzione Organizzata (Gdo), fondamentale per una filiera etica.
Per questo, #FilieraSporca ha inviato un questionario sulla trasparenza di filiera a 10 gruppi presenti in Italia: Coop, Conad, Carrefour, Auchan – Sma, Crai, Esselunga, Pam Panorama, Sisa Spa, Despar, Gruppo Vegè e Lidl. A rispondere però sono stati solo gruppi: Coop, Pam Panorama, Auchan — Sma e Esselunga.
Per disinnescare il combinato esplosivo di sfruttamento del lavoro e marginalità di centinaia di migliaia di braccianti, la campagna #FilieraSporca chiede una legge sulla trasparenza che preveda l’introduzione di una etichetta narrante sui prodotti, e l’introduzione dell’elenco pubblico dei fornitori che permetta la tracciabilità dei fornitori lungo la filiera.
“Chiediamo un incontro urgente al ministro del Mipaaf Maurizio Martina, è arrivato il momento che la politica agisca sulla prevenzione del fenomeno, rendendo trasparente la filiera”, spiega Fabio Ciconte, direttore di Terra!Onlus e portavoce della campagna #FilieraSporca.
“Tra i legami con Mafia Capitale e lo sfruttamento del lavoro, il Cara di Mineo è il simbolo del fallimento delle politiche sull’accoglienza — ha detto la deputata Celeste Costantino (Sel-SI), componente della commissione parlamentare Antimafia — serve un impegno maggiore del Governo per superare i ghetti, ridare dignità al lavoro e togliere spazio alle mafie che creano e insieme cavalcano la crisi del settore”.
(da “Huffingtopost“)
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