TRA I MOSTRI FIGLI DELLA PADANIA: DA MASO A LUDWIG, DA STEVANIN A BERLOSO
GLI ASSASSINI SONO RAGAZZI DI PROVINCIA BENESTANTI: AMMAZZANO BARBONI, PROSTITUTE, OMOSESSUALI PER “RIPULIRE IL MONDO”… RIVERSANO SUGLI ALTRI IL “MALE OSCURO” DI UNA ESISTENZA SENZA PROBLEMI ECONOMICI IN QUEL NORD EST CHE PARTORISCE BENESSERE E DELITTI, CON IL SOLO MITO DEL LAVORO E DEL DENARO
Un altro serial killer di prostitute, stavolta dal nome esotico, Ramon Berloso, 35 anni, catturato appena in tempo: stava programmando il suo terzo omicidio, dopo quello di Ilenia e Diana, sarebbe toccato a una escort di Udine.
Per l’occasione aveva acquistato una nuova balestra, arma con cui trafiggeva le vittime, dopo averle tramortite a bastonate.
E’ una violenza senza nome, quella del Triveneto: quella locomotiva d’Italia che partorisce industrie, benessere e delitti, tra valli e colline fino al delta del Po.
Delitti maturati in famiglia e sulla strada, tra le mura di case padronali e nei casolari sperduti di campagna.
Gli assassini sono sempre loro, ragazzi di provincia di buona nascita, benestanti, che nel freddo della nebbia di provincia, scelgono di riversare sugli altri quel “male oscuro” che hanno nella testa e nel cuore.
Durò sette anni il terrore di Ludwig in Veneto, un bilancio complessivo di 15 morti e 39 feriti, ma gli investigatori non hanno mai escluso che i morti potessero essere almeno 28.
Ludwig erano Marco Furlan, padovano, e Wolfang Abel di Dusserdolf, ammazzavano barboni, prostitute, omosessuali perchè “dovevano ripulire il mondo”, così scrivevano nei loro farneticanti volantini.
Furlan era figlio del primario del Centro ustionati di Verona e alcune delle vittime furono arse vive, a cominciare da un barbone che dormiva in una vecchia auto.
Condannato a 27 anni, ora Furlan è libero dall’aprile 2008.
A metà degli anni ’90 riempì le cronache invece Gianfranco Stevanin, figlio di una famiglia padovana di proprietari terrieri: divenne un serial killer di prostitute, scannate, fatte a pezzi e seppellite nella campagna veneta.
Cinque le donne ammazzate in un delirio di ricordi e ossessioni che fecero discutere tutta l’Italia: infermità mentale oppure no?
Nel 2001 la Cassazione gli ha confermato l’ergastolo.
E come dimenticare Pietro Maso che il 17 aprile 1991 ha ammazzato i genitori, aiutato da tre amici, nella casa di Montecchia di Crosara, in provincia di Verona, uccisi con spranghe e tubi di ferro perchè voleva l’eredità e la voleva subito, non poteva aspettare.
Voleva avere un tenore di vita “adeguato” e la sera dell’omicidio andò in discoteca.
Condannato a 30 anni ora è in semilibertà , lavora a Peschiera Borromeo e la sera rientra in carcere: grazie all’indulto, potrà essere completamnente libero nel 2015.
C’e’ un sottile filo che unisce questi delitti, il benessere degli assassini, la mancanza di valori morali, la efferatezza e la freddezza delle esecuzioni. Spesso la tipologia delle vittime e il disprezzo della vita umana..
E quel senso di vuoto, quel “male di vivere”, tipico delle società opulente e senza valori, che peraltro si è riscontrato anche nel delitto della suora nel bergamasco e in quelli della setta satanica in Lombardia.
Non sempre il benessere si coniuga con il rispetto degli altri.
Leave a Reply