TRA L’AFFAIRE FIORELLO, L’ADDIO DI AMADEUS E IL GELO CON ROBERTO SERGIO, L’AD IN PECTORE RAI ROSSI PERDE COLPI: ANCHE LA MELONI NON SAREBBE PIÙ SICURA DELLA NOMINA DEL SUO FEDELISSIMO AD AMMINISTRATORE DELEGATO
SI PARLA DI UNA CENA TRA MELONI E ROSSI “NELLA QUALE LA PREMIER HA CRITICATO L’OPERATO DEL DIRIGENTE DA SEMPRE PIÙ VICINO A FDI: “MA CHE STATE A FA’?”- LA COLPA CAPITALE ATTRIBUITA ALL’ATTUALE DG, DETTO “IL PROFETA”, È QUELLA DI AVER ASSEGNATO LE CASELLE STRATEGICHE IN BASE ALL’AFFILIAZIONE PARTITICA
A Discovery dicono che non c’è niente di concreto, «notizia falsa e priva di fondamento», ma c’è chi è pronto a scommettere che sia solo questione di tempo. Dagospia spara la notizia che Fiorello a settembre sarà sulla Nove, convinto dall’amico Amadeus. Di sicuro non sarà tra i protagonisti della prossima stagione della Rai, dove, tra diktat meloniani e poche idee confuse, l’offerta non regalerà brividi.
In autunno, però, non sarà neanche tra i volti di Discovery Warner Bros, dove fanno notare che è impossibile il suo arrivo in tempi così brevi «perché l’ingaggio di uno showman come Fiorello prevede un progetto articolato, che al momento non c’è. E non è prevista nessuna firma di un contratto alla fine di luglio».
Ma a mettere le cose in fila, questo non vuol dire che l’artista più talentuoso in circolazione — si sarebbe preso un anno di pausa dopo il successo di Viva Rai2! — nel 2025 non possa approdare alla rete che ha aperto le porte a Maurizio Crozza con la sua satira geniale, a Fabio Fazio e a Amadeus.
A Dogliani l’amministratore di Discovery Alessandro Araimo aveva fatto capire bene che un possibile arrivo di Fiorello comporterebbe un investimento notevole, impensabile per un appuntamento mattutino, non strategico per il gruppo. Ma Araimo sa benissimo che avere Fiorello vuol dire illuminare ancora di più l’offerta complessiva, attrarre altro pubblico.
Per la Rai un colpo ferale. Amadeus lo vorrebbe ancora al suo fianco, chissà che non abbia già pensato a qualcosa: una celebrazione del karaoke, serate evento per bissare il successo dell’accoppiata vincente del festival di Sanremo.
Fiorello è l’oggetto del desiderio e la foglia di fico per una Rai sempre più impoverita. Giorni fa sono circolate voci su un possibile ritorno su Rai 2 (in seconda serata, con un appuntamento in stile arboriano), ma restano desideri o indiscrezioni fatte circolare apposta l’ affaire Fiorello si inserisce in questi mesi avvelenati, con il futuro ad Rai Giampaolo Rossi che perde colpi. Una Rai che arranca, senza una visione d’insieme, indebolita anche dai rapporti pessimi tra i vertici che non vogliono perdere posizioni: Roberto Sergio si sta giocando la sua partita.
La prossima stagione sarà decisiva su tutti i fronti: La7 rafforza la fascia preserale con l’arrivo di Flavio Insinna (altro storico volto Rai che ha scelto altri lidi), Amadeus è schierato nello stesso orario strategico sulla Nove con una nuova edizione dei Soliti ignoti (e prepara i suoi show). Discovery sogna in grande. Se arriverà anche Fiorello la partita per il servizio pubblico si complica e quel “pari perimetro” invocato ogni volta nella sfida degli ascolti con Mediaset, si allargherà.
È l’indiscrezione che a Palazzo Chigi non avrebbero mai voluto leggere: se dopo Fazio, Amadeus, Berlinguer e Annunziata pure Fiorello trasmigrerà altrove, la disfatta del servizio pubblico sarà competa.
Si racconta difatti che Giorgia Meloni sia molto infastidita, non più così convinta di affidare il timone al predestinato Giampaolo Rossi riassumibile nel brutale «ma che state a fa’?» rivolto a cena, una decina di giorni fa, dalla premier al direttore generale.
Certo, pure Salvini ci sta mettendo del suo: la guerriglia contro il patto siglato da FdI e FI per spartirsi le poltrone più pregiate — amministratore delegato e presidente, a cui punta anche la Lega — di sicuro non aiuta.
Ma chi è vicino al dossier assicura che il vero motivo dello stallo sia in realtà ascrivibile al vento gelido che spira dal cuore dell’esecutivo sui fedelissimi piazzati in vetta per smontare l’egemonia della sinistra e invece rimasti impantanati in una sequela imbarazzante di flop e figuracce.
In cui, per sovrappiù, è stata spesso coinvolta la presidente del Consiglio in persona, costretta a metterci la faccia per rimediare agli errori dei suoi. Per giunta titolari di un altro primato al contrario: farsi superare negli ascolti da Mediaset, la principale concorrente, come mai era accaduto nella storia catodica del Paese.
È questa la colpa capitale attribuita Rossi, detto “il profeta”: aver assegnato le caselle strategiche dell’azienda a una pletora di “fratelli”, selezionati in base all’affiliazione partitica e a sodalizi personali, anziché alle effettive capacità manageriali.
«È un allenatore di serie B che si è ritrovato a giocare in Champions League», dicono ora di lui nei corridoi di Viale Mazzini, subodorandone il declino. Convinto di guidare una squadra di fuoriclasse che si è invece rivelata una squadraccia.
Capitano, il direttore degli Approfondimenti Paolo Corsini, salito sul palco di Atreju per rivendicare la sua appartenenza, ideatore del talk del martedì sera affidato a Nunzia De Girolamo e chiuso per mancanza di share, censore del monologo antifascista di Antonio Scurati, che ci ha procurato una magra internazionale. E tuttavia inamovibile. A Rossi a un certo punto era pure venuta la tentazione di spostarlo, ma Corsini è andato da Arianna Meloni, la sorella, e si è fatto blindare.
Sulla fascia, ecco invece il direttore del Day Time Angelo Mellone, portato in Rai da Gianfranco Fini, che si dice in azienda non ci sia mai, è sempre in giro con i suoi spettacoli di prosa e di poesia, promotore di programmi che sono gigantesche sagre di paese: «Vogliamo raccontare l’Italia provinciale, dei dialetti e delle tradizioni», il motto che ne tradisce la matrice.
Centravanti, l’ineffabile direttore di Rainews Paolo Petrecca, quello della mancata copertura delle elezioni francesi per trasmettere il Festival delle Città identitarie, ieri “sfiduciato” dalla maggioranza dei suoi redattori. Senza dimenticare il miracolo dei fischi trasformati in applausi per il ministro Sangiuliano. E altre varie amenità.
(da La Repubblica)
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