TUTTO SI DECIDE NEL DONBASS: I RUSSI VOGLIONO CONQUISTARLO, ANNETTERLO E POI TRATTARE, GLI UCRAINI PUNTANO A SCONFIGGERE I SOLDATI DI PUTIN E POI NEGOZIARE CON MOSCA
PER VINCERE, L’UCRAINA HA BISOGNO DI ARMI: BORIS JOHNSON LE HA ASSICURATE, JOSEPH BORRELL LE HA PROMESSE E ANCHE GLI STATI UNITI HANNO DATO LA LORO DISPONIBILITÀ
Sconfiggere i russi nel Donbass, e poi negoziare: è questa la linea della leadership ucraina maturata dopo i massacri di Bucha e Kramatorsk.
«L’Ucraina è pronta per grandi battaglie – ha detto ieri il consigliere del presidente ucraino Mikhaylo Podolyak – L’Ucraina deve vincerle, in particolare nel Donbass, e soltanto dopo, con una posizione negoziale più forte, potrà dettare alcune condizioni». La previsione è stimata in due-tre settimane di scontri, le prossime.
Il silenzio di Putin – che continua a tacere sulla direzione da dare alla sua guerra – è interpretato a Kiev come un arroccamento. «Putin capisce solo il linguaggio della forza – hanno detto fonti ucraine della delegazione negoziale – e dunque parleremo il suo linguaggio».
Una sfida secondo alcuni, un azzardo secondo altri, la più grande delle scommesse, e qui tutti concordano, per il futuro dell’Ucraina. «Più è forte la nostra posizione a Mariupol, più sarà forte la nostra posizione nell’est del Paese, più sarà forte la nostra opposizione nelle operazioni. E se siamo più forti, il tavolo dei negoziati diventa più vicino, e otterremo vantaggi nel dialogo con la Federazione russa», ha sintetizzato ieri il comandante in capo Zelensky in un’intervista ad Ap.
Per vincere, l’Ucraina ha bisogno di armi: Boris Johnson le ha assicurate, Joseph Borrell le ha promesse (provocando una certa confusione nei tavoli tecnici, che erano al lavoro su un terzo pacchetto di forniture e si sono trovati costretti ad accelerare le pratiche di implementazione), e anche gli Stati Uniti hanno dato la loro disponibilità.
Il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan, ieri alla Cbs, è stato molto chiaro: «Abbiamo la responsabilità di far arrivare armi e assistenza militare all’Ucraina in modo che abbiano gli strumenti di cui hanno bisogno per combattere in modo efficace. È notevole il fatto – ha aggiunto Sullivan – che gli ucraini abbiano vinto la battaglia a Kiev. La Russia ha perso Kiev (e qui facciamo notare che nessuno fino a questo momento aveva sottolineato il fatto con tanta chiarezza, ma è esattamente così, ndr) e l’ha persa perché gli Stati Uniti e i loro alleati hanno messo nelle mani delle forze ucraine armi avanzate che hanno contribuito a respingere i russi. Siamo orgogliosi di poter sostenere gli ucraini in questo momento», ha concluso.
Nell’attuale scenario, che a tutto prelude tranne che a una conferenza di pace, si inserisce anche la Nato, al lavoro per trasformare la sua presenza nei confini orientali in una forza capace di affrontare un esercito invasore: «Fino ad oggi siamo stati presenti in Europa dell’Est – ha detto il segretario generale Stoltenberg – con una forza “tripwire”, formazione agile relativamente piccola intesa a simboleggiare l’impegno dell’alleanza a difendersi da qualsiasi attacco. Ma la guerra della Russia contro l’Ucraina ha cambiato le cose».
All’intento di rafforzamento difensivo si aggiunge anche quello offensivo: Stoltenberg infatti ha sostenuto gli appelli dell’Ucraina agli alleati occidentali per eliminare la distinzione tra armi difensive e offensive (la capofila di chi non intende rifornire Kiev di armi offensive, ricordiamolo, è la Germania).
Non bastasse il fronte orientale, si fanno agitate anche le acque del Mar Nero, dove proprio dalla Nato è stata registrata la presenza di mine di fabbricazione russa. «Abbiamo il sospetto che le mine siano state introdotte deliberatamente – ha detto ieri il ministro della Difesa turco Akar – Forse sono state lanciate come parte di un piano per fare pressione su di noi al fine di lasciare che i dragamine della Nato entrino nel Mar Nero.
Ma ci impegniamo a rispettare le regole della Convenzione di Montreux – ha aggiunto – e non lasceremo che le navi da guerra attraversino il Bosforo, così come non permetteremo che il Mar Nero sia coinvolto in guerra». Unico a percorrere la sempre meno battuta via della diplomazia è il cancelliere austriaco Neehammer, che ha annunciato una sua visita a Putin, questa mattina a Mosca. Andrà, in rappresentanza delle istanze europee, a parlare di un cessate il fuoco, della necessità di istituire corridoi umanitari e di riprendere i negoziati di pace. Tutte questioni che di fronte al rullare dei tamburi di guerra difficilmente troveranno ascolto.
(da la Stampa”)
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