VENEZIA, L’INDAGINE SUI TERRENI DEL SINDACO BRUGNARO: COS’E’ L’AREA DEI PILI E CHE RUOLO HA NELL’INCHIESTA
LE ACCUSE, IL MAGNATE DI SINGAPORE, LE FATTURE
La Guardia di Finanza più di un paio d’anni sta indagando sulle accuse lanciate dall’imprenditore Claudio Vanin contro il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e l’assessore Renato Boraso per le vicende legate al futuro dell’area dei Pili (di proprietà del primo cittadino, ma dal 2017 in un blind trust) e alla vendita dei palazzi Donà e Papadopoli dal Comune al magnate di Singapore Ching Chiat Kwong.
Il fascicolo nasce da un esposto depositato in procura da Vanin il 19 ottobre 2021 con 3.200 documenti allegati ed è seguito dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, che lo hanno sentito più volte, direttamente o tramite le Fiamme gialle.
Vanin era il referente della società Sama Global, che aveva lavorato con Ching su vari progetti, tra cui i Pili e i palazzi: da anni però i rapporti si sono interrotti e prosegue solo una guerra a colpi di carte bollate in tribunale, con entrambe le parti che accusano l’altra di dire bugie e di fare solo del malaffare
Cos’è l’area dei Pili
L’area dei Pili, all’imbocco del ponte translagunare Mestre- Venezia, è una zona di laguna fortemente inquinata dalle lavorazioni di Marghera che fu acquistata da Brugnaro (all’epoca non ancora in politica) nel 2006, per circa 5 milioni di euro. Fu il solo partecipante all’asta del Demanio. Successivamente però, con Brugnaro già sindaco, la zona dei Pili è tornata al centro dell’attenzione perchè individuata nel nuovo Piano comunale urbano di Mobilità Sostenibile come potenziale insediamento di un terminal intermodale e del nuovo palazzetto dello sport.
Progetti che ne hanno aumentato esponenzialmente il valore. La società è ora controllata da `Porta di Venezia´, che fa sempre capo a Brugnaro, ma che, assieme a tutte le altre aziende e partecipazioni del sindaco (dalla Umana, alla Reyer), è in mano dal 2017 ad un blind trust di diritto newyorkese cui l’imprenditore ha trasferito il patrimonio, una volta eletto a Ca’ Farsetti
Le parti in causa e le versioni
La storia dell’interessamento di mister Ching per Venezia è ben nota: un interessamento che nell’aprile 2016 lo porta a un incontro in Comune, dove si parla anche dell’area dei Pili. C’è anche un video trasmesso dalla trasmissione Rai Report lo scorso dicembre in cui il sindaco dice all’investitore «qui è tutto edificabile… questo è un bacino di acqua, non è terra, qui volendo c’è da fare tutto un ragionamento… qua bisogna fare fino a 100 metri», riferendosi alle altezze dei palazzi.
Le due parti hanno sempre dato però versioni diverse. «Il video racconta l’attività di un primo cittadino che risponde alle domande su cosa preveda o no il Prg vigente in una o più aree della città – affermava Brugnaro – Un’attività che ho sempre svolto personalmente con decine di potenziali investitori, nazionali ed internazionali, relativamente a tutte le occasioni di sviluppo dell’intero territorio comunale. E la faccio con orgoglio».
Anche Luis Lotti, l’uomo che segue tuttora Ching in Italia, sminuiva l’accusa. «Eravamo in Comune e c’erano una cinquantina di persone – ricordava – si stava parlando delle varie opportunità e fummo noi a chiedere dei Pili. Non ci sono stati altri incontri con il sindaco, né al Casinò, né tanto meno a casa sua».
Affermazioni fatte invece da Vanin. «Io l’esposto l’ho protocollato anche in Comune, perché pure la minoranza sapesse, ma nessuno ha fatto nulla – afferma – nel frattempo da 5 anni vivo un inferno, sono venute delle persone a minacciarmi».
Il sindaco ricordava che sono stati già fatti tre consigli comunali sui Pili. «In oltre 8 anni della mia amministrazione, non c’è un singolo atto che abbia modificato capacità edificatorie o destinazioni urbanistiche, vigenti già dal 1999», sottolineava Brugnaro.
Il piano per l’area e nuove accuse
Il maxi-piano allo studio prevedeva un investimento di 1,3 miliardi, che avrebbe portato un milione e 100 mila metri cubi di volumetri, con grattacieli, alberghi e il palazzetto che oggi invece è previsto al Bosco dello Sport. La società Sama Global, di cui Vanin è direttore tecnico, ha chiesto 2,8 milioni a Ching per i lavori di progettazione, ottenendo un decreto ingiuntivo che poi è stato sospeso dal tribunale di Venezia. «Non ci fu nessun incarico», diceva Lotti, che poi ammetteva che il piano è «andato»: «C’erano troppe incognite sulle bonifiche, poi c’è stato il Covid», sottolineava
Negli ultimi mesi era emersa un’ulteriore novità: il pagamento da parte di Vanin di due fatture per 72 mila euro all’assessore Boraso (allora al Patrimonio) per una consulenza immobiliare, proprio nei giorni di dicembre 2017 in cui in giunta presentava una perizia che riduceva la stima di Palazzo Papadopoli da 14 a 10,7 milioni di euro.
«Una tangente», era l’accusa di Vanin a Report. «Boraso non ha fatto nulla ma mi dissero di pagarlo con i soldi della Sama – aggiungeva lui – E’ stata una cosa concordata tra Lotti e l’architetto che li seguiva». Accusa sempre respinta da Lotti: «Non è una consulenza nostra». Il sindaco sulla vicenda era sempre stato chiaro: «I palazzi erano già nel piano di alienazioni del centrosinistra e sono stati ceduti con procedure di evidenza pubblica, in piena trasparenza», concludeva Brugnaro.
(da Il Corriere della Sera)
Leave a Reply