VENTIMIGLIA SPACCATA IN DUE, TURISTI E PROFUGHI DIVISI DAL ROJA: “MA QUALI MIGRANTI, IL PROBLEMA SONO I PARCHEGGI”
E LA CARITAS ORMAI NON RIESCE PIU’ A FORNIRE I PASTI… “TUTTE BALLE, QUA I PROFUGHI NON DANNO FASTIDIO A NESSUNO”
Ventimiglia, mezzogiorno. Sulla grande spiaggia che è poi il greto della foce del Roja, un ragazzo africano ha messo due pezzi di legno incrociati e un telo appeso, per ripararsi dal sole e passare la giornata. Alcuni altri, a pochi metri, guardano il mare e chiacchierano.
Due turisti francesi dai capelli grigi si tengono per mano e raggiungono la battigia facendo un ampio giro, lontani dai ragazzi. Il grande mercato del venerdì nella città di confine è affollato, soprattutto di francesi e inglesi arrivati dalla Costa Azzurra, ma non come negli anni passati: “ma quali migranti, il casino sono i parcheggi!”, sembra essere il mantra dei commercianti.
Però altri sono più diretti: “Vedono in televisione le immagini dalla frontiera, pensano che questo sia diventato un posto pericoloso e non vengono”.
“Macchè pericoli, con tutta la polizia che c’è: però il degrado sì, quello ce n’è tanto. E il timore che possa accadere qualcosa, c’è sempre” è un altro argomento ricorrente. Ventimiglia, di fatto, è divisa in due: di qua dal Roja, la città commerciale, strozzata dal traffico e con il sole a picco sui turisti; lungo la sponda del fiume, i migranti che si riparano sotto le arcate dei viadotti, che chiacchierano a gruppetti davanti alla chiesa di sant’Antonio alle Gianchette, dove il diritto d’asilo è realtà tangibile ad ogni ora della giornata dal maggio del 2016 ma dove la Caritas ha deciso di limitare la distribuzione di cibo alla sola (robusta) colazione, perchè “più di 5-600 persone non ce la possiamo fare”.
E lungo la strada che, chilometri dopo, arriva al Campo Roja, il sole a picco martella i giovani che si muovono dai container della Croce Rossa verso la città . E verso la frontiera. Perchè come dice Maurizio Marmo, direttore della Caritas intemelia, “è assurdo pensare che se non ci sono i posti la gente non venga, qui arrivano perchè c’è la frontiera”.
Sempre più invalicabile, ma loro sanno che i gendarmi francesi li inseguiranno e li respingeranno ma, anche alla decima volta, ce la faranno a passare. A meno di non finire sotto a un treno o a un Tir.
I mondi separati. Nino vende scarpe e pelletterie al mercato del venerdì di Ventimiglia, uno dei più estesi e affollati del sud Europa, da quarant’anni. “Ma ogni anno me vengono sempre di meno, di clienti: i parcheggi non ci sono, devi andare dall’altra parte del fiume e non te li fai dei chilometri a piedi. I migranti qui non danno fastidio a nessuno, ma la televisione ne parla, e allora la gente si mette paura. Vede stamani? In genere, di questa stagione, qui non si riusciva neanche a passare…”.
I prezzi eppure sono buoni, anche se forse i francesi ritengono che non ci siano più les affaires del passato. “Si vende comunque poco” assicura Alain, venditore senegalese con un sacco enorme di scarpe sportive che vive a Genova e che qui arriva col treno, ogni venerdì. “Io ho il permesso di soggiorno, ma un lavoro vero non l’ho trovato. Però anche a vendere, va sempre peggio. No, guarda, qui non sono i migranti, la gente spende meno”.
Non c’è folla neanche da Coppo, uno dei grandi negozi di alcolici e prodotti alimentari tutti rivolti ai turisti. “Fino a vent’anni fa ogni buco, qui a Ventimiglia, era una miniera d’oro, la gente faceva la coda fuori – spiega Luana – poi le cose sono cambiate, la crisi, l’euro…ma la città continua a vivere grazie ai francesi, nonostante la paura del terrorismo. La questione dei migranti preoccupa magari i nostri clienti più anziani, temono pericoli. In realtà non è mai successo nulla, per fortuna, ma la sensazione di paura resta. Queste persone sono disperate, mi chiedo che vita abbiano fatto per accettare di stare come li vediamo noi. E poi: ci sono persone senza scrupoli che girano intorno a loro, provano a sfruttarli, specie le ragazzine, ma anche i ragazzini. E questo è degrado”.
“Per i frontalieri è diventato un problema serio – dice dal canto suo Alessandro – mia madre lavora oltreconfine, adesso ci sono di nuovo i controlli che non eravamo più abituati a vedere. Perdi un sacco di tempo, e se hai un furgone non ne parliamo! Potresti anche essere senza patente, ma l’unica cosa che ti chiedono è di aprire le porte per vedere se trasporti qualcuno…”.
Cinquanta metri più avanti, c’è la stazione ferroviaria. Un gruppetto di stranieri è all’ombra di un’aiuola, parlottano, a vertono di sapere solo qualche parola di francese. Sono diffidenti, temono la polizia. Vengono dalla Guinea, da Conakry, “e c’è chi al campo Roja ci va e chi no” spiega Amin. Vogliono passare? “Si, certo, c’è chi ha parenti in Francia e Belgio, vogliono raggiungerli”.
Ma Oumar e Aboubakar resterebbero anche in Italia. “Qui potremmo stare, se ci lasciano. Da noi? Non c’è nulla. Nè lavoro, nè nulla”. La bellezza proibita. La via Aurelia verso la frontiera rivela scorci di bellezza assoluta.
L’azzurro del mare, i colori delle bougainvillee, i gabbiani che fanno evoluzioni nel cielo perfetto.
A Ponte San Luigi è stata appena inaugurata la nuova struttura che accoglie i migranti respinti dalla Francia; davanti, un “Alce”, un blindato dell’esercito e alcuni militari in mimetica. Sotto, a ponte San Ludovico, la Gendarmerie francese in armi.
Bastano dieci metri e Mentone “Ville Fleurie” come sottolineano i cartelli, si squaderna con aiuole perfette e bella gente sul lungomare.
Non ci sono nè polizia nè stranieri, la spiaggia è affollata, si lavora a sistemare l’area intorno al nuovo parcheggio appena dietro l’arenile. Alzi gli occhi e vedi le rocce dei Balzi Rossi e il borgo di Grimaldi superiore, che attraversano quelli che sfidano il Passo della Morte.
Ripassi la frontiera: due ragazzi stranieri, lo zaino sulla spalla e la testa china, riprendono la strada di Ventimiglia.
Oggi è andata male, domani chissà .
(da “Il Secolo XIX”)
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