VOLANO GLI STRACCI TRA M5S E LEGA: SERVONO ALTRI TAGLI ALLE BUFALE ELETTORALI, OGNUNO VUOLE TAGLIARE LE PROMESSE DELL’ALTRO
PER SFUGGIRE ALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE BASTEREBBE SPOSTARE A DATA A DESTINARSI QUOTA 100 E REDDITO DI CITTADINANZA, MA COSI’ NON POTREBBERO PIU’ EVITARE LE PERNACCHIE DEL POPOLO …TRIA ASSEDIATO, LUNEDI LA UE DECIDE
Una scelta di campo che non contempla il pareggio, l’equilibrio, la convivenza anche spigolosa delle agende.
Perchè ora che la trattativa tecnica tra Roma e Bruxelles sulla manovra ha messo Lega e 5 Stelle di fronte al rischio di un aut-aut senza terza opzione – tagliare ancora il reddito di cittadinanza e la quota 100 o sobbarcarsi la procedura d’infrazione – è il momento di difendere la propria idea di Paese.
È in questo clima che è maturata la bordata del sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti contro i pentastellati (“Il reddito piace all’Italia che non ci piace”).
Un colpo così potente che si è tirato dietro la replica furiosa e a catena di Luigi Di Maio (“A noi l’Italia piace tutta”) e della pasionaria vicepresidente del Senato Paola Taverna (“L’Italia è una ed a noi del Movimento piace tutta”). È necessità di tutelare le proprie priorità , come pretendono i rispettivi elettorati. È battaglia di like sull’Italia.
La cifra di questa contesa è il litigio. Il marcamento a uomo reciproco tra Matteo Salvini e Di Maio si è ampliato. È diventato rimozione dell’ostacolo, volontà di prevaricare.
Che siano le due misure bandiera della manovra piuttosto che l’ecotassa o le pensioni d’oro poco importa: il segno politico di queste ore è la volontà -necessità di non soccombere all’altro.
Alla vigilia di un vertice serale a palazzo Chigi, che proverà disperatamente a individuare un punto di caduta minimo, l’atmosfera che domina le interlocuzioni di governo è ad altissima fibrillazione. Il tempo stringe, inesorabilmente.
Lunedì il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ritornerà a Bruxelles per guidare ancora il negoziato con i tecnici della Commissione europea, ma ha bisogno di una risposta politica.
Perchè venerdì, nel suo viaggio di ritorno, insieme al premier Giuseppe Conte, dalla capitale belga a Roma, il titolare del Tesoro ha portato poche opzioni e ha rimesso tutto in mano alla politica.
Qui sorgono i problemi che creano nervosismo tra Salvini e Di Maio, nonostante il segretario della Lega abbia oggi provato a smorzare i toni di Giorgetti, assicurando che rispetterà il Contratto di governo.
Tra le ipotesi che Tria ha rimesso nelle mani di Salvini e Di Maio c’è la possibilità di spostare in avanti l’entrata in vigore del reddito e della quota 100.
Una strada, già respinta in passato, che però ora ritorna con una veste più pesante per due motivi.
Il primo è che questa volta, secondo quanto apprende Huffpost da fonti vicine alla trattativa, sono gli stessi tecnici della Commissione ad aver suggerito di alleggerire ancora di più il peso delle due misure, già sgonfiate di 3,5 miliardi, con la quota 100 passata da 6,7 miliardi a 4,7 miliardi, e il reddito da 9 a 7,5 miliardi.
Per farlo – una delle soluzioni individuate – è di spostare il via ancora più in avanti rispetto alla primavera del 2019.
La seconda ragione è che questa ipotesi può liberare quelle risorse – circa 5 miliardi – che Bruxelles chiede come assicurazione del calo del deficit strutturale.
Di alternative ce ne sono ben poche.
Un altro spiraglio, ma difficile da espandere fino a raggiungere la somma aggiuntiva richiesta dall’Europa, è quella di puntare sul pacchetto della flessibilità legata al dissesto idrogeologico e alle dismissioni.
Su questo punto, spiegano le stesse fonti, i tecnici del Tesoro torneranno a insistere nei prossimi giorni.
Tria, però, non vuole tornare a Bruxelles senza una risposta politica e vuole quindi capire se Di Maio e Salvini sono disposti a limare ancora qualche miliardo dal reddito e dalla quota 100 nel caso Bruxelles si mostrasse chiusa a soluzioni alternative.
I due vicepremier, però, non intendono retrocedere. Lo sgonfiamento messo in campo è considerato il punto massimo delle concessioni fatte. Oltre – è il ragionamento – significherebbe soprattutto deludere i rispettivi elettorati a cui già devono giustificare la retromarcia sul deficit dal 2,4% al 2,04 per cento. Tria è messo sotto assedio: ci pensi lui a trovare la quadra, è l’umore che caratterizza Salvini e Di Maio.
Il dietrofront, tra l’altro, ha già surriscaldato il clima interno.
Oramai si è innestato un effetto domino che provoca scintille anche sugli altri temi che compongono la manovra.
Ultimo, in ordine temporale, è lo scontro sull’ecotassa da applicare alle auto inquinanti e sul bonus per favorire l’acquisto di vetture a zero o basse emissioni, inserite in manovra alla Camera su sollecitazione dei 5 stelle.
Il Carroccio vuole cancellare tutte le norme in questione e ha presentato un emendamento in commissione Bilancio al Senato proprio per questo motivo. I pentastellati, invece, vogliono mantenere gli incentivi.
I toni, più di ogni altra considerazione, esprimono bene il grado di deterioramento dei rapporti. “Se gli amici del Movimento 5 stelle trovano le coperture per nuovi incentivi saremo ben contenti”, dice il sottosegretario leghista al Tesoro Massimo Garavaglia. Replica Michele Dell’Orco, sottosegretario al Ministero dei Trasporti in quota 5 Stelle: l’incentivo per le auto a trazione elettrica o ibrida è “imprescindibile e deve rimanere”.
Stesso leit-motiv sul taglio alle pensioni d’oro: l’intesa è ancora tutta da trovare perchè la Lega teme di danneggiare gli assegni pesanti collocati al Nord. Un’altra spigolatura della battaglia di like sull’Italia.
(da “Huffingtonpost”)
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