VOTO A NOVEMBRE E UNA LISTA PER MONTI: ECCO IL PIANO B
MONTI DECISO A NON RICANDIDARSI, MA MONTEZEMOLO GLI OFFRIREBBE LA PROPRIA STRUTTURA… ANTONIO DI PIETRO ISOLATO
«Adesso le cose stanno andando molto meglio».
Dopo le rassicurazioni di Mario Draghi e la difesa dell’euro fatta in scia dalla Merkel e Hollande, la tempesta sui nostri titoli di Stato sembra meno pesante. Lo spread con i bund tedeschi è sceso a quota 450, l’asta dei Ctz è stata giudicata un successo dal Tesoro, la borsa di Milano ha guadagnato circa l’8% nel giro di due giorni.
E anche se nessuno può scommettere che la bufera sia finita, per il momento Mario Monti – insieme al ministro dell’Economia, Vittorio Grilli – tira un sospiro di sollievo
E forse proprio perchè sul cielo di Palazzo Chigi si addensano meno nuvole, riemerge tra le carte che coprono la scrivania del premier un dossier che per qualche giorno era rimasto sommerso dalle emergenze della crisi economica. Una vera e propria agenda di fine legislatura.
Costruita sulle indicazioni e sui consigli dei leader politici, degli imprenditori e dei semplici parlamentari che nelle ultime settimane sono andati a trovare il presidente del consiglio.
Basta sfogliare quel faldone per accorgersi che la voce “elezioni anticipate” ha un bel cerchio rosso.
E aprendolo si capisce che in molti stanno suggerendo al Professore un “Piano B” in vista della prossima tornata elettorale.
Una “Rete di sicurezza” che prevede più di una alternativa rispetto alla scadenza naturale della legislatura e soprattutto rispetto agli assetti con cui verrà affrontato quell’appuntamento.
Un percorso che passa per l’opzione del voto a novembre e attraversa la tentazione di far nascere una “Lista per Monti”.
E già , perchè nelle ultime settimane diversi deputati e senatori – in larga parte del centrosinistra ma anche del centrodestra – hanno prospettato un percorso “nuovo” al Professore. Alcuni di loro coltivano una “strana” idea: presentare al prossimo voto una “Lista per Monti”.
«Ma io – ha avvertito il presidente del Consiglio – non posso candidarmi. Ho preso un impegno all’inizio del mio mandato e intendo rispettarlo. Non tiratemi in ballo. E poi sono senatore a vita, come potrei correre in una competizione elettorale?».
Un ostacolo che però non ha persuaso tutti.
Basti pensare che oltre a qualche deputato “montiano” del Pd e a qualche senatore Pdl definitivamente “in rottura” con Berlusconi, a fare questo discorso al premier è stato Luca Cordero di Montezemolo.
Che non ha cercato di convincere l’inquilino di Palazzo Chigi a violare l’impegno preso a novembre, ma lo ha invitato a non boicottare la nascita di un soggetto di questo tipo.
«Anche io non mi candiderò – è stato il ragionamento del presidente Ferrari – ma posso mettere a disposizione di questo progetto la rete di Italia Futura». Una struttura che potenzialmente è già in grado a livello territoriale di organizzare una forma di presenza politica. E al suo interno potrebbe convogliare i parlamentari “montiani” e una parte del mondo delle liste civiche. Basti pensare che proprio dentro Italia Futura si fa esplicito riferimento alla possibilità che a capitanare questa operazione possa essere il sindaco di Firenze, Matteo Renzi. Una presenza, questa, che inquadrerebbe il “piano”, la “Lista per Monti” senza Monti, nel campo dell’alleanza tra progressisti e moderati. Ragionamenti che non hanno comunque trovato l’avallo dell’ex preside della Bocconi, ma che in quel faldone” depositato sulla scrivania di Palazzo Chigi restano ben sottolineati.
Nello stesso dossier spicca la possibilità di votare in autunno. Il Professore ha evitato con cura di esprimere una preferenza.
In pubblico si è manifestato a favore della conclusione naturale della legislatura.
Le urne in quel caso si aprirebbero il prossimo 7 aprile.
Eppure quella soluzione rimane in bella vista sulla scrivania del Professore, accanto alla foto di Giorgio Napolitano. «Dovete dirmi voi – è stata la risposta fornita dal premier ai suoi interlocutori – fin quando posso andare avanti». Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, ad esempio, è stato esplicito nell’elencare i vantaggi di un voto anticipato: «Non lo escludere, può risolvere molti problemi».
Così come non l’ha escluso senza entusiasmo il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: «Vediamo a settembre».
Anche se al leader dei Democratici è ben chiaro il rischio di dover in quel caso ridimensionare – almeno in parte e per un certo tempo – le sue aspirazioni rinunciando alla corsa per la premiership.
A Palazzo Chigi sono consapevoli che accorciare i tempi della campagna elettorale (in quel caso la data prescelta è il 18 novembre), “potrebbe” essere un buon corroborante rispetto agli inquieti mercati finanziari.
“Potrebbe” evitare un logoramento dell’esecutivo provocato proprio dalla propaganda tipica della fase pre-elettorale e “consentirebbe” di confermare la linea del rigore in una prospettiva di lungo periodo.
Ma non intendono assumersi la responsabilità di una scelta del genere. Perchè tutti quei “potrebbe” sono condizionali da mettere alla prova dei fatti e non certezze.
Senza contare che al momento chi è davvero contrario è Silvio Berlusconi. «Per noi – si è sfogato ieri – sarebbe la strada peggiore. Ci metterebbero in un angolo. Vincerebbero Pd e Udc, lascerebbero Monti a Palazzo Chigi e noi all’opposizione. Quella vera».
Eppure nel Pdl non tutti la pensano così.
Ad esempio il segretario Angelino Alfano, nell’ultimo colloquio con il premier non si è affatto espresso in questi termini.
Ma soprattutto usa toni diversi l’“ambasciatore” del Cavaliere presso le “alte cariche”, Gianni Letta. «Attenzione – ha detto ieri al vertice del Popolo delle Libertà convocato a palazzo Grazioli – non pensiate che il voto a ottobre non ci sia più. Napolitano non lo esclude per niente. Se riusciamo a fare una legge elettorale coerente, possiamo pensare di entrare anche noi in un nuovo esecutivo Monti. Altrimenti rischiamo di restarne fuori per un bel po’». Un’analisi che ha sorpreso non poco i presenti.
In effetti, la linea del Quirinale su questo punto non è mai stata del tutto negativa sebbene accompagnata da alcune condizioni a cominciare dalla riforma elettorale.
Ma che qualcosa stia cambiando lo ha riferito ai “suoi” anche il presidente del Senato, Renato Schifani, che solo tre giorni fa proprio in un colloquio sul Colle si era lamentato: «Se devo lasciare aperto Palazzo Madama a agosto per la riforma elettorale, allora mi si dica che si vota a novembre».
Ma qualcuno gli ha fatto notare che in autunno si può votare anche con l’attuale legge. Guarda caso, ieri lo stesso Schifani ha parlato di riforma anche solo a maggioranza.
E già , tutto ruota intorno al “porcellum”.
Un’accelerazione verso il voto contempla comunque il tentativo di modificare il sistema ideato nel 2006 dal leghista Calderoli.
Il nuovo modello faciliterà o impedirà alcune alleanze e la nascita di nuove liste come quella “Per Monti”.
E forse non è un caso che martedì prossimo potrebbero incontrarsi i tre segretari Alfano, Bersani e Casini. L’accordo adesso sembra più vicino.
Ma per arrivare al voto anticipato il sentiero resta strettissimo.
E richiederebbe in primo luogo un iter istituzionale concordato che passa per una “strana” crisi pilotata senza un voto di sfiducia.
Claudio Tito
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply